Martelli: I ricatti col coltello non si risolvono con princìpi di Ezio Mauro

Martelli: I ricatti col coltello non si risolvono con princìpi Martelli: I ricatti col coltello non si risolvono con princìpi ROMA — Onorevole Martelli, lei parla di «ricatto odioso» da parte dei brigatisti, ma poi giudica positiva la scelta di alcuni giornali di pubblicare i loro comunicati. Perché? «Nell'immediato, perché forse è un modo di salvare una vita. In generale, perché è l'esistenza di questo dissenso, del dissenso di singole testate, di singoli direttori e di molte redazioni che dà valore di principio anche alla scelta del silenzio da parte di altri. Se tutti si fossero zittiti, nessuno avrebbe dubitato di una normalizzazione imposta dalla proprietà o suggerita dal potere politico. Con buona pace della libertà di stampa». — Ma nel momento in cui i giornali sono scelti dalle Br. dentro il sistema, come loro controparte, non è giusto che mantengano anch'essi quella linea di fermezza che tutti richiedono dalle istituzioni? «Con questo criterio, il Secolo d'Italia di Almirante rappresenterebbe il sistema democratico, e /'Avanti! no. Veda che bel criterio! Non a caso, sono i terroristi a suggerirlo. No: i giornali non sono portavoce del sistema, e non devono diventare megafoni dei terroristi Sono espressione di interessi e di visioni particolari, e le loro scelte sono affidate alla coscienza dei molti che vi lavorano». — Su questa linea l'Avariti!, decidendo di pubblicare i comunicati Br, ha scritto che «la carta non vale una vita umana». Non sono in gioco, però, anche principi e doveri morali e politici? «E se i terroristi avessero chiesto, in cambio della vita di D'Urso, un mazzo di rose a Curdo? Sarebbe stato pur sempre in gioco un principio, ma non crede che milioni di italiani avrebbero spedito quei fiori? I ricatti con il coltello alla gola non si affrontano con schermaglie di principio, almeno fino a quando non è in gioco una lesione profonda della legalità». —Non crede però che questo ricatto abbia avuto inizio proprio con la questione dell'Asinara? Cosa c'è dietro quella vicenda? In quei giorni, l'insistenza del psi nascondeva qualche segnale particolare, inviato al partito dai rapitori di D'Urso? «La chiusura dell'Asinara era stata chiesta, tra gli altri dai socialisti fin dal 78, dai liberali nel '79, e fu decisa dal governo nell'%0. Chi agita ancora questo tema, o è disinformato, o cerca la rissa ad ogni costo». — E' una risposta alle polemiche di questi giorni, una replica alle accuse di ambiguità che vengono dai comunisti? «Troppe volte in queste vicende il pei si comporta come si comportò il reazionario Strauss, aggredendo il cancelliere Schmidt quando questi trattò per la liberazione di Schleyer». — Lei contesta chi parla di contraddizioni e cedimenti nella maggioranza di governo. Ma come si conciliano l'appoggio del psi alla linea della fermezza, scelta dal governo, e la decisione di pubblicare sull'Avanti! i documenti dei brigatisti? «La fermezza per noi significa fedeltà alla Costituzione e alle leggi dello Stato, solidarietà ai suoi servitori, militari e civili. Dentro questa cornice, significa lotta senza quartiere al terrorismo, e impegno vero per salvare le vite in pericolo. Per questa ragione abbiamo dato e continuiamo a dare il nostro pieno appoggio al governo e al presidente Forlani che si è mosso con fermezza e con equilibrio. Il terrorismo, noi siamo convinti, non si combatte con la retorica, né le vite umane si salvano con la retorica. Non le dice nulla che il figlio di Casalegno e le vedove di Moro e Tobagi non condividano un'idea di fermezza die di fronte a minacce mortali si traduce nello stare fermi, ciechi e adesso addirittura muti?». Ezio Mauro

Persone citate: Almirante, Casalegno, D'urso, Forlani, Moro, Schmidt, Strauss, Tobagi

Luoghi citati: Italia, Roma