Parigi manda parà e marines nei Paesi amici dell'Africa di Paolo Patruno
Parigi manda parà e marines nei Paesi amici dell'Africa Nel Ciad affluiscono altri contingenti militari libici Parigi manda parà e marines nei Paesi amici dell'Africa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Continua a crescere la tensione fra Parigi e Tripoli causata dal progetto di «fusione» tra la Libia e il Ciad annunciato nei giorni scorsi dal colonnello Gheddafi. Secondo le informazioni pervenute nelle ultime ore a Parigi, il regime libico avrebbe infatti aumentato le sue forze già presenti nel Ciad sotto la forma del «corpo di spedizione islamico», che ha preso parte direttamente alla guerra civile nel Paese. Anche la Francia, traducendo in pratica le sue ultime severe dichiarazioni, ha però inviato diverse centinaia di militari nella Repubblica centro-africana, nel Gabon e nel Niger per «garantire la sicurezza» di quei paesi tradizionalmente suoi alleati che oggi si sentono minacciati dalle azioni «destabilizzanti» di Tripoli. In base alle notizie diramate a Parigi, sono già partiti complessivamente circa 500 soldati: due compagnie della fanterìa di marina per un totale di 330 uomini sono dislocate a Bangui e a Bouar (quasi al confine con il Ciad) nel Centro Africa, un'altra compagnia di paracadutisti ha raggiunto Libreville (nel Gabon) e una trentina di «istruttori» sono stati trasferiti d'urgenza nel Niger. A questo spiegamento di forze terrestri (dotate di mezzi anticarro e antiaerei) si aggiunge poi un potenziamento del dispositivo dell'aviazione presente nel Gabon (quattro cacciabombardieri Jaguar) e in Senegal. Naturalmente Parigi «mostra le armi sperando di non doverle usare», come si sottolineava ieri negli ambienti governativi, dove si ammette francamente che «l'Eliseo non possiede i mezzi militari per la sua politica africana». Questo significa allora che Parigi intende utilizzare l'attuale sfoggio di paras e di aerei da combattimento soprattutto per puntellare una difficile azione di recupero della sua diplomazia. Dopo la caduta del Ciad sotto l'influenza di Gheddafi, la Francia sta infatti agendo precipitosamente sul piano diplomatico per raggiungere due obiettivi complementari. Primo: incitare alla prudenza il regime libico vanificando i progetti di «fusione» che. applicati al Ciad, Paese smembrato da una lunga guerra civile, si risolverebbe piuttosto in una annessione camuffata. Secondo: convincere i suoi partners africani che «l'incidente ciadiano» è una disgraziato episodio isolato e che la Francia continua a rimanere la «garante della sicurezza» dei Paesi dell'Africa Nera francofona, contro ogni tentativo di destabilizzazione, come era avvenuto con gli interventi diretti in Mauritania, nella regione zairese dello Shaba, nello stesso Ciad e più recentemente nel Centro-Africa, per appoggiare il putsch contro l'ex imperatore. In questa prospettiva va quindi esaminata la missione del ministro degli Esteri Francois Poncet in Africa, dove il rappresentante dell'Eliseo ha cercato di rassicurare i tradizionali alleati che in caso di minaccia la Francia non li lascerà soli davanti alle mire espansionistiche della Libia. L'avvertimento traduce le preoccupazioni francesi ed africane circa il futuro di Paesi come il Niger, il Camerun, il Centro-Africa, dove le ambizioni di Tripoli potrebbero trovare facile gioco nelle difficoltà interne. Paolo Patruno
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