Lettera all'on Longo di Vittorio GorresioSensini

Lettera all'on Longo Taccuino di Vittorio Gorresio Lettera all'on Longo Letterina all'onorevole Pietro Longo segretario del partito socialdemocratico. Essenzialmente è per dirgli che da lui ci aspettiamo un canestrello di smentite: se ci vuol fare — e fare anche a se stesso — un bel regalo, egli dovrebbe dichiarare che non c'è niente di vero in quanto gli è stato recentemente attribuito da vari intervistatori; che il suo pensiero è stato travisato da chi lo ha riferito, e che persino grossi uomini politici si sono presi il gusto di inventare sul suo conto episodi e storielle del tutto inverosimili. Si narra per esempio che a Palazzo Chigi, durante un vertice dedicato alla nomina di presidenti di istituti di credito, accortosi che Donat-Cattin patrocinava un organigramma nel quale non figurava nemmeno un solo socialdemocratico, Pietro Longo sanguigno balzò in piedi a roteare in aria la sua sedia e a urlare: «Non te la rompo sulla testa, la sbatto giù dalla finestra spaccando tutti i vetri. Faccio venire qui sotto tutta Piazza Colonna, sarà uno scandalo colossale. Tutta Roma saprà che qui si fa la lottizzazione più sfrenata». Il fatto è stato raccontato su L'Europeo da Goffredo Parente, e Pietro Longo lo deve smentire perché fa la figura dell'ingenuo a supporre che sia necessario rompere i vetri affinché la gente sappia che in Palazzo si lottizza. Lo sappiamo benissimo, e fra tutti i lottizzatori noi censuriamo particolarmente quelli che credono di lottizzare senza farsene accorgere. Anche al momento che il ministro del Tesoro Nino Andreatta ha presentato le proposte della Banca d'Italia per nuove presidenze e vicepresidenze di Cassa di Risparmio, il nostro Pietro Longo ha subito eccepito: «Queste sono nomine "rolariane". Bisogna tener conto delle designazioni dei partiti, per scongiurare il pericolo di finire nei sistemi dei club, o peggio in quelli di stampo mafioso o delle amicizie particolari». Smentisca, smentisca subito anche questo. Conventi¬ cole, mafie, e ogni sorta di congreghe o affiliazioni clientelai! sono una forma degenerativa propria dei partiti, e Pietro Longo sarebbe stato imprudentissimo a nominarle, inducendo la gente a sospettare che egli sia incorso in un lapsus freudiano rivelatore di un inconscio tormentoso. Per quanto riguarda la Banca d'Italia, basta dire che la sua competenza a compilare terne o rose di candidati per le Casse di Risparmio è stabilita da una vecchia legge (1938) di tempi in cui del Rolary in Italia nemmeno si parlava. La verità mi sembra l'abbia colta proprio Nino Andreatta il quale è stato molto comprensivo nei riguardi di Longo: «Alla sua ostilità si può dare una spiegazione — ha detto il ministro a Elena Polidori che lo intervistava per La Repubblica —. // suo era piuttosto un irrigidimento dovuto alla giusta esigenza di trovarsi più spazio. Alla base della sortila di Longo c'era più una preoccupazione per la strategia del partito che per la vicenda in sé. Eppoi, nelle mie proposte, per i socialdemocratici c 'è stata una particolare attenzione». Smentisca, smentisca subito anche questo il nostro Pietro Longo perché, senza parere. Nino Andreatta lo diffama presentandolo in cerca di non altro che potere, addirittura senza interesse per la questione di merito delle Casse di Risparmio in sé e per sé. Il nostro Longo deve inoltre respingere la perfidamente velenosa battuta del ministro circa la particolare generosa attenzione da lui avuta per la socialdemocrazia. In essa c'è qualcosa che ricorda La Traviala («Questa donna pagata io l'ho») c Pietro Longo deve seccamente controbattere per non lasciare adito al sospetto che la socialdemocrazia sia da prendere a nolo, da retribuire, remunerare. E ancora, il nostro Longo deve smentire i giudizi che Alberto Sensini gli ha attribuito in un'intervista ottenuta per il Corriere della iera: «La nostra Costituzione — avrebbe dichiarato Pietro Longo — fa del governo l'espressione dei partili che compongono il Parlamento». Gesù, direbbe un napoletano, che fesseria: nella Costituzione non c'è niente che faccia pensare a un governo che sia «espressione dei parlili che compongono il Parlamento». Onorevole Longo, o lei smentisce subito Sensini o rischia di passare per uno che ignori tanto la lettera quanto 10 spirito della Costituzione. E smentisca, la prego, anche una seconda affermazione che temerariamente le ha attribuito Sensini. Alla domanda che cosa pensa lei del sistema dei vertici fra i segretari di partito, lei avrebbe risposto: «Non mi piace discutere sul sesso degli angeli. Il nostro sistema politico ha bisogno di stabilità per essere governalo. I vertici dei segretari di partilo con il presidente del consiglio operano normalmente per consolidare la coalizione e sostenere il governo. Vanno pertanto tenuti con regolarità». Bella pretesa: dato che invece nella Costituzione non esiste il precetto di ascoltare 11 parere dei segretari di partito su deliberazioni di spettanza del potere esecutivo, un'ultima smentita vorrei avere. Riferisce Sensini che Forlani prima di chiudere l'Asinara avrebbe chiesto a Pietro Longo la personale sua opinione. Se cosi fosse stato dovrei dire che il presidente del Consiglio è anche lui fuori strada.

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