Spettrale corteo di nostalgici dietro la bara di Karl Doenitz di Tito Sansa

Spettrale corteo di nostalgici dietro la bara di Karl Doenitz Il successore di Hitler sepolto vicino a Amburgo Spettrale corteo di nostalgici dietro la bara di Karl Doenitz Dalla Germania e dall'estero, Italia compresa, vecchi ufficiali delle due guerre mondiali Anche 2 militari in divisa (malgrado il divieto del governo) - Una corona da Rudolf Hess, un'altra da Walter Reder - È stato poi cantato l'inno proibito «Deutschland ueber Alles» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BONN — Una folla inattesa — più di cinquemila persone — è convenuta ieri nella cittadina di Aumuehle, presso Amburgo, per rendere l'ultimo omaggio al grand'ammiraglio Karl Doenitz, successore di Hitler alla carica di presidente del Reich, morto all'età di 89 anni la vigilia di Natale. Erano arrivati fin dal primo mattino da ogni parte della Germania e anche dall'estero, nonostante la neve e il gelo: vecchi ex ufficiali dell'ultima guerra e vecchissimi del primo conflitto mondiale, molti con la croce di ferro appesa al collo; rappresentanti di organizzazioni militari, dì veterani di guerra, di partiti di estrema destra, di profughi, che per due ore sono sfilati dinanzi alla bara posta nel centro della chiesa della Rimembrama intitolata a Bismarck (sepolto a pochi chilometri di distanza) e vegliata da portatori della croce di ferro. Erano presenti anche due ufficiali dell'esercito tedesco in uniforme, nonostante il divieto del governo di Bonn di partecipare in divisa alla cerimonia funebre di un uomo condannato per crimini di guerra. Intorno al feretro, ricoperto dalla bandiera nero-rosso-oro della Germania sulla quale era poggiato lo stiletto di ufficiale di Marina di Doenitz, spiccavano tra le molte corone quelle inviate da due uomini condannati per crimini di guerra, l'ex vice di Hitler Rudolf Hess, tuttora rinchiuso nel carcere berlinese di Spandau, e Walter Reder, che sta scontando nel carcere militare di Gaeta la pena dell'ergastolo inflittagli da una corte italiana per il massacro di Marzabotto. Su una corona inviata dal partito neonazista austriaco era scritto: «All'ultimo Cancelliere del grande Reich tedesco». Senza scritte polemiche, invece, le corone di ex combattenti italiani, inglesi, francesi, americani e svedesi venuti a dare il loro saluto al «soldato Doenitz», alleato o avversario che sia stato. Nell'orazione funebre ritrasmessa all'esterno per la folla che sostava in mezzo alla neve, l'ex contrammiraglio Edward Wegener ha messo in rilievo il tragico destino del defunto che per i suoi meriti militari si conquistò la fiducia di Hitler, «fu strappato alla carriera del soldato e trascl nato nella sfera politica» tanto da venire designato dal Fuehrer suo successore, diventando in tal modo un «personaggio del sistema nazionalsocialista». Oggi — ha detto l'oratore — bisogna porsi la domanda se «con la cieca obbedienza si risponde ai postu lati etici richiesti al soldato tedesco». L'altro oratore, l'ex maggior generale Horst Niemack, ha parlato brevemente soprattutto per criticare la decisione del governo di Bonn di rifiutare il funerale di Stato al defunto e di vietare la partecipazione ad esso di soldati in uniforme. Dimentichi di essere in chiesa, i presenti hanno reagito con grida di «pfui». La bara è stata quindi portata a spalle al micino cimitero da una ventina di superdecorati che si sono alternati. I timori della vigilia, che qualcuno salutasse al suo passaggio con il braccio levato nel saluto nazista, non si sono avverati. E' stato uno spettrale raduno di nostalgici, di persone che (come ha detto lo storico Jacobson di Bonn) «hanno lo sguardo limitato, così come lo aveva Doenitz, e sono pervasi da un mal compreso spirito di cameratismo». Una cerimonia fuori del nostro tempo, conclusa al canto dell'inno proibito «Deutschland uber Alles» (la Germania sopra ogni cosa) dinanzi alla fossa aperta. Tito Sansa