Una guerra dimenticata di Igor Man

Una guerra dimenticata Una guerra dimenticata (Segue dalla l'pagina) improvvide iniziative del «civile» Saddam Hussein efie, dopo aver promesso una guerra lampo, costringe oggi i soldati in trincea, quando non li sacrifica in assalti, diremmo alla generale Cadorna, contro Abadan. «Discretamente» Saddam Hussein avrebbe già mandato alla fucilazione diversi ufficiali rifiutatisi di eseguire ordini giudicati suicidi; anche nella truppa ci sarebbero stati casi di ammutinamento repressi nel sangue. Di più: da cinque settimane è scomparso dalla circolazione il «numero due» del regime iracheno, il vicepresidente del Consiglio della Rivoluzione Izzat Ibrahim Douri. Sarebbe stato messo da parte in seguito a «un tentativo di colpo di Stato», come affermano rappresentanti del Fdi (Fronte democratico iracheno) che raggruppa la maggior parte degli oppositori di Saddam Hussein. «Izzat Douri è stato liquidato?», si chiedeva nel suo numero di dicembre il foglio del pc iracheno Tarik al-Chaab. In una recente conferenza stampa, interrogato sulla sorte dei «traditori», Saddam Hussein ha risposto: «Non sono molti, quattro o cinque al massimo... Sembra che fra di essi ci sia il figlio del leggendario generale Barzani. Obeydallah Mustafa, ministro di Stato senza portafoglio. Infine, una notizia che meriterebbe conferma: l'incapacità di Saddam Hussein d'impiegare validamente i Mig-23 e i carri T-72, è dovuta al «sabotaggio bianco» dei consiglieri sovietici. Senza contare che i piloti sciiti sarebbero stati «esentati» dal servizio. Se a Baghdad si vive nell'incubo del colpo di Stato (il arosso della fanteria è costituito da sciiti che rappresentano il 60 per cento della popolazione), a Teheran si è dominati dall'ossessione di quella che l Herald Tribune chiama la guerra civile strisciante. A Mashad e in altri centri dell'Iran, nella stessa Teheran, disordini sono scoppiati tra seguaci di Bani Sadr e integralisti islamici. Il presidente iraniano, in una lettera spedita a Khomeini il 31 ottobre, parla di «vita o di morte... Se quella che egli definisce la «mullahcrazia» prevarrà, il destino dell'Iran sarà irrimediabilmente segnato: «Subiremo una sconfitta irrimediabile. La nostra rivoluzione andrà in pezzi, sarà peggio di aver perduto la guerra che, invece, potremmo vincere sempreché un primo ministro (Rajai) irresponsabile, ministri incompetenti e mullah irrazionali non si impiccino in faccende belliche frustrando gli sforzi delle Forze Armate». Copie della lettera di Bani Sadr, ciclostilate, sono state distribuite nella città bassa, nel bazar. Immediata la replica degli integralisti; trenta deputati hanno, di fatto, chiesto la testa di Bani Sadr accusandolo di «aver rivelato segreti militari» pubblicando nel suo «Diario di un presidente» (sul giornale Rivoluzione islamica,/ dettagli di direttive militari impartite nel corso di una riunione segreta In verità gli integralisti religiosi, nella loro cupidigia di potere, hanno sempre impedito a Bani Sadr, comandante supremo delle Forze Armate, di condurre una guerra regolare contrapponendo la «necessità» di una guerra popolare, di massa, nel timore che una condotta bellica scientifica rafforzi il prestigio dell'Esercito e dell'Aviazione riabilitati da Bani Sadr, conferendo a quest'ultimo prestigio e potenza. Paradossalmente, i. mullah preferirebbero una sconfitta — che rovinerebbeBani Sadr — a una vittoria che segnerebbe, fatalmente, il loro declino, la sconfessione delle «teorie religiose» secondo cui la fede è più valida dei carri armati. Gli integralisti accusano Bani Sadr di trescare con l'Urss. In effetto il presidente, avendo stipulato una sorta di alleanza strumentale con Mosca, riceve — via Unione Sovietica — armi e pezzi di ricambio dalla Corea del Nord, dalla Libia e dalla Siria. Ma non riesce ad impiegare tutti gli effettivi bellici di cui potrebbe disporre perché i mullah, precipitatisi al fronte, ficcano il naso, sabotando i piani militari, privilegiando l'impiego dei pasdaran (le guardie rivoluzionarie) a quello dei soldati. Sull'orlo della disperazione, Bani Sadr sembra rincorrere la morte trascorrendo la maggior parte del suo tempo al fronte. Prima di raggiungere l'assediata Abadan, con una specie di rischioso motocross attraverso le linee nemiche, il presidente ha scritto all'imam: «Preferisco il martirio alle beghe di palazzo. Tu, Padre mio, decidi: o i patrioti o gli arrivisti». Ma Umani sembra nell'impossibilità di decidere. Il suo potere è stato lentamente eroso dagli integralisti, diremmo residenti, che stan facendo fuori, ad uno ad uno, i fedeli di Khomeini, i suoi compagni d'esilio. Ed è grave che la sinistra iraniana abbia scelto di schierarsi dalla parte dei religiosi, interpretando tutto ciò che accade in termini di analisi classica tanto fanatica quanto, appunto, irreale. In conclusione: se /"iman, in uno dei suoi sporadici momenti di lucidità, troverà la forza di scendere dall'empireo per rinnovare la fiducia a Bani Sadr, l'Iran, risolvendo innanzitutto la questione degli ostaggi, potrebbe sistemarsi in una posizione di dignitoso non allineamento tra Ovest ed Est. Sì che, quando Khomeini (81 anni, malato) passerà a miglior vita, l'Iran, sotto la guida del presidente laico, riuscirebbe a sopravvivere come Paese indipendente. In caso contrario sarà lo showdown, finora scongiurato dalla presenza fisica dell'imam. E lo showdown, la guerra civile tra integralisti e laici, comporterà fatalmente, con buona pace dei mullah, la caduta dell'Iran nell'orbita dei sovietici che, pazientemente, attendono che la «mela bacata» (l'Iran) caschi loro in mano. Come ebbe a dire, anni orsono, Kruscev a Walter Lippmann. Igor Man