Il treno fa tilt di Lietta Tornabuoni

Il treno fa tilt ■ A colloquio con il ministro Formica Il treno fa tilt (I disservizi, il sistema invecchiato, i continui scioperi) ROMA —I giorni di finevacanza sono stati un incubo caotico per i viaggiatori nelle ferrovie, e non è finita: altri scioperi sono previsti, anche nelle linee aeree. I trasporti pubblici, prima immagine che un Paese offre di sé, elemento essenziale di civiltà, simbolo magari retorico di funzionamento o disfunzione d'una società, storico punto d'esasperazioni politiche in Italia e altrove, appaiono in crisi sempre pili grave. E' una crisi insanabile, destinata al peggio? Cosa si fa per risolverla, cosa si può fare? Lo abbiamo chiesto al ministro dei Trasporti, Rino Formica, socialista. Sui treni vergognosi di questi giorni, costretta a viaggiare in condizioni indecenti e con ore di ritardo, la gente diceva cose feroci sui ferrovieri, sui governanti, anche su di lei. «Lo so. La questione sta diventando politica. Mìo padre mi diceva: "Io capii che il fascismo avrebbe vinto quando nel 1921 vidi la gente picchiare i tramvieri scioperanti". La gente non ha molte certezze, oggi: non ha certezza economica né politica, non ha certezza del futuro. Se le strappi anche le microcertezze, per esempio la sicurezza di poter partire o arrivare, è fatale: proverà grande bisogno di ristabilire un ordine qualsiasi, a qualunque costo. Ma sia chiaro: ai sindacati autonomi noi non permetteremo di ottenere gli stessi frutti che i camionisti ottennero nel Cile». Le ferrovie erano nel caos già due giorni prima dell'inizio dello sciopero dei sindacati autonomi. «Lo situazione era eccezionale; abitualmente, la stragrande maggioranza degli 8000 treni quotidiani viaggia in orario o con piccoli ritardi C'erano state sugli scioperi notizie diverse, era annunciato lo sciope¬ ro di ventiquatt'ore: la gente s'è precipitata, ha anticipato le partenze, s'è addensata in viaggio nei due-tre giorni precedenti. La domanda non soltanto s'è raddoppiata, ma s'è fatta confusa: in ogni caso, è diventata sproporzionata ai mezzi che abbiamo a disposizione per soddisfarla. Quando in una casa metti contemporaneamente in funzione tutti gli elettrodomestici, è inevitabile: le valvole saltano. E l'impianto non lo puoi rifare». Perché no? Il maggiore afflusso di viaggiatori in certi periodi dell'anno non è eccezionale, è abituale. «Già, però per vent'anni nelle ferrovie s'è fatta soltanto la manutenzione ordinaria: e adesso, se pure ci riusciremo, durante cinque anni dovremo investire 12.450 miliardi soltanto perripristinare il sistema ferroviario in condizioni di agibilità. Non per fare linee ferroviarie nuove, no: soltanto per risistemare quello che avrebbe dovuto essere reso costantemente agibile ogni anno. Per vent'anni, mentre si affermava il trasporto privato su strada, ha dominato l'idea che la ferrovia fosse un mezzo di tra- sporto obsoleto, in decadenza, una specie di testimonianza storica, un reperto di lusso da conservare ma non da modernizzare né da sviluppare. «In nessun Paese industrializzato s'è mai pensato che l'automobile potesse costituire un'alternativa alla ferrovia. Si è invece sempre progettata un'integrazione tra i due mezzi. Da noi, no: perché l'Italia è un Paese che va con la moda, sbilanciato, arrivato a essere industriale senza cultura industriale. Da noi, la ferrovia pareva un relitto. Poi, di colpo, è stata rivalutata: con la crisi petrolifera, con l'alto costo di funzionamento e l'ingolfamento della rete stradale, con la crisi del traffico nelle grandi città. Ma intanto le strutture ferroviarie s'erano invecchiate, scassate. Intanto il personale ferroviario, e quella che era un'eccellente burocrazia, a forza di sentirsi ripetere d'essere gente addetta a un'attività senza futuro s'erano disamorati, demotivati, ridotti a fare il minimo indispensabile. Tutti errori che scontiamo, adesso: ed è la gente a pagare il prezzo di scioperi irresponsabili, sregolati». Lei chiede di regolarlo per legge, lo sciopero? «Quando vi sono grandi fenomeni di disgregazione sociale, e quindi di disgregazione politica, non è più neppure questione di corporativismi: qui siamo in presenza d'uno scatenarsi di egoismi La tecnologia consente oggi a una minoranza di occupare posizioni professionali strategiche, tali da darle il potere d'una maggioranza, tali da provocare il blocco o la disfunzione di interi sistemi e danni enormi alla collettività. Questa minoranza utilizza Lietta Tornabuoni (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Formica, Rino Formica

Luoghi citati: Cile, Italia, Roma