I salmoni in Val di Susa

I salmoni in Val di Susa A Chiomonte, lungo l'antica «salita dei merluzzi» I salmoni in Val di Susa Nello stabilimento Cerruti ne arrivano dal Pacifico oltre cento tonnellate all'anno assieme alle aringhe, che una volta erano il piatto dei poveri e ora si vendono a 5000 lire al chilo DmL nostro inviato speciale SUSA — La chiamano ancor oggi la «salita dei merluzzi». Cinquant'anni fa, appena oltre l'abitato di Chiomonte. dove la strada per la Francia taglia i prati con una grande curva, si passava tra file di merluzzi distesi sull'erba ad asciugarsi al sole e al vento. L'azienda per la produzione del baccalà era stata fondata nel 1934 da Paolo Cerutti, che importava il pesce dai mari del Nord. <Non è un caso, né una stranezza — dice oggi il figlio, Piercarlo. 42 anni, che con il fratello. Franco, 45 anni, è succeduto nell'impresa — che il pesce destinato all'essicazione finisca in montagna. In pianura, né il grado di umidità, né soprattutto la temperatura sono adatte. Il clima di vallata, invece, è l'ideale. Non solo qui: un altro posto dove si secca e si affumica il pesce è per esempio Morbegno, nell'alta Valtellina». In vai di Susa, comunque, l'aria secca, sempre ventilata, pare particolarmente adatta, e lo sta a testimoniare il diploma al merito che la Camera di commercio norvegese ha rilasciato al fondatore dell'azienda, grande importatore di merluzzi. -Oggi però — dice Piercarlo Cerutti — il merluzzo non è più conveniente». C'entrano, come al solito, i diritti di pesca sulle acque territoriali, che Islanda e Groenlandia hanno esteso a tutte le zone più pescose, interdicendole alle flottiglie del Mercato Comune europeo e i dazi sono salati. «Allora — dice Cerutti — abbiamo riconvertito l'azienda. Sì, trattiamo ancora il merluzzo. Ma il grosso è la produzione di salmone affumicato». Dalle centomila alle 200 mila libbre ogni anno, lavorate nel grande capannone sorto proprio alla «salita dei merluzzi ». Insieme con le aringhe, che una volta erano il piatto dei poveri e ora si vendono a quattro o cinquemila lire il chilo ed è diventato snob offrirle ai ricevimenti con i dadini di polenta. «Inoltre — dice ancora Cerutti — commerciamo in pesce surgelato». Nell'immenso capannone a venti gradi sottozero si alzano cataste di aragoste, scampi, capretti della Nuova Zelanda, lumache e altre leccornie assortite. Ma i salmoni restano il piatto forte. «Salmoni canadesi, pescati nel Pacifico — dice Cerutti — tra la penisola del Camchatka e il golfo di San Francisco. Il salmone atlantico è ritenuto di gusto più fine, ma non ha produzione costante e raramente supera il peso di dodici libbre. Mentre le varietà del Pacifico si trovano sempre sul mercato, hanno un peso medio tra le venti e le 30 libbre ed è più facile, quindi, lavorarle». I salmoni arrivano dunque in ghiaccio, vengono sconge lati, tagliati per il lungo, ripuliti e messi in concia. Ogni produttore ha la sua ricetta, a base di sale, zucchero, pepe e aromi vari. Dopo qualche giorno di concia, al fresco ma non al freddo, i filetti vengono lavati, rivestiti di una invisibile pellicola animale (per ragioni puramente estetiche) e asciugati al forno. «E' questione di occhio e di esperienza — spiega Cerutti — stabilire quando sono sufficientemente disidratati». Infine, la «camera del fumo», dove restano da 24 a 48 ore: «Per il fumo usiamo segatura di faggio, a grana grossa. Un tempo il nostro fornitore era il fabbricante di calci di fucili per l'esercito. Ora ci riforniamo altrove, perché in Val di Susa non è che il faggio abbondi». Infine, il salmone viene confezionato in sacchetti sotto vuoto spinto e spedito in tutta Italia. • «Purtroppo — commenta Cerutti — il consumatore italiano non se ne intende molto». Si crede ad esempio che i salmoni pescati nei fiumi della Scozia siano i migliori: «in realtà valgono poco. Come tutti i salmoni pescati in acqua dolce, dove vengono sol¬ tanto per riprodursi. Allora la loro carne è flaccida, ben diversa per esempio dai salmoni pescati al largo della Groenlandia, dove si nutrono esclusivamente di gamberi. Che, tra l'altro, sono quelli che danno al salmone il caratteristico colore rosso». C'è, poi, una questione di varietà: «Le migliori sono la Red King, o la Silver Cohoe». Ma sembra non manchino produttori poco scrupolosi che affumicano anche le qualità meno pregiate, in genere destinate all'inscatolamento. Come il Chum. altrimenti detto Silver bright. o il Sockeye o il Pink. Che infatti si importano a un terzo del costo delle varietà pregiate. «Per questo il salmone affumicato — conclude Cerutti — si paga caro. Deve essere pescato all'amo (se è preso con le reti muore soffocato e la carne è meno soda e fragrante), viene disidratato, quindi il suo valore alimentare è molto alto rispetto al peso. E infine, almeno qui da noi, è lavorato artigianalmente, a mano. Sono cose che hanno un prezzo». g. m.

Persone citate: Cerruti, Cerutti, Paolo Cerutti, Piercarlo Cerutti, Red King