Scontri nel pci su Pechino (e anche sui «cinesi» italiani)

Scontri nel pci su Pechino (e anche sui «cinesi» italiani) Aperta polemica tra Bufalini e Petruccioli Scontri nel pci su Pechino (e anche sui «cinesi» italiani) ROMA — E' con sempre maggiore frequenza che si fanno esplicite e traboccano all'esterno le diverse, talvolta contrastanti posizioni presenti ormai nel pei: non era mai accaduto, però, che apparissero sulla prima pagina de l'Unità In termini di polemica aperta tra due dirigenti del partito. Paolo Bufalini. uno dei leader anziani, chiamato con Giancarlo Pajetta a presiedere la politica estera del pei. ha scritto e preteso che l'organo del partito pubblicasse, ieri l'altro, la sua severa critica all'atteggiamento del condirettore, Claudio Petruccioli, sul processo in corso a Pechino a carico della «banda dei quattro» e in particolare della vedova di Mao Zedong. Un atteggiamento, se non proprio un giudizio, che a Bufalini è sembrato ingiustificatamente benevolo e che. per non essere stato firmato, poteva apparire di tutto il partito. Bufalini manifesta pertanto «sorpresa e disappunto» che potrebbero venir letti come motivi minori e remoti del dibattito interno: mentre appena in trasparenza puntano all'essenza stessa di esso. La disputa riguarda infatti l'estremismo che irruppe nella politica italiana nella seconda metà degli Anni 60. sospinto dalla «rivoluzione culturale» cinese. E' il giudizio di fondo su quel drammatico, gigantesco sommovimento, e sulle conseguenze odierne, a dividere i due esponenti comunisti. Bufalini non dimentica che la frattura tra il suo partito e quello cinese si produsse allora e non ha mai mostrato en¬ tusiasmo per la ripresa dei rapporti, sancita dal viaggio di Berlinguer a Pechino, oltre un anno addietro. Più che filosovietismo. la sua è vista dagli stessi compagni come una tenace difesa dell'ortodossia, in quanto unico patrimonio capace di assicurare coesione e ordine all'azione del partito. Il Manifesto gli rimprovera invece apertamente di non essere altrettanto favorevole ai processi che avrebbero dovuto punire e non hanno punito i responsabili dei massacri staliniani. Al rimprovero di Bufalini. Petruccioli replica accomodante nella forma ma ribadendo la sostanza della propria opinione. Esprime la preoccupazione che «una fase interna della recente storia cinese, così drammatica, lacerante e complessa coinè la "rivoluzione culturale", possa essere archiviata attraverso un procedimento giudiziario...». Chiede che oltre le eventuali responsabilità personali siano discusse le questioni oggettive. Ciò che non è affermazione da poco: poiché significa sollecitare una discussione su «incentivi morali» e meritocrazia, sulla ripartizione del lavoro e la sua gerarchizzazione rispetto alla produzione. Cioè discutere nel cuore della teoria. Marx e Lenin non bastano più neppure in via delle Botteghe Oscure. Dietro l'esile eppur dura figura di Jiang Qing si intravedono così volti di casa nostra e gli echi del tribunale di Pechino in cui è stata chiesta la sua condanna a morte riaccendono polemiche e contra| sti. mai del tutto sopiti, tra le tendenze del sindacalismo più a sinistra e gli eredi del più rigoroso «centralismo democratico». Nessuno rievoca ormai Huberman. Sweezy e le critiche al «perverso consumismo», sebbene nessuno li abbia dimenticati. Ma tutti hanno gli occhi sulle risposte da dare alla crisi italiana, al riassetto produttivo attraverso cui tentare di superarla. Le idee in proposito risultano diverse anche nel pei. a tal punto che Bufalini. dopo aver telefonato a Petruccioli, ha voluto anche esprimersi pubblicamente su/ 'Unità. i-Z-

Luoghi citati: Pechino, Roma