Il poeta che non guardava fuori dal finestrino

Il poeta che non guardava fuori dal finestrino IN VIAGGIO CON LeOpBFdì Il poeta che non guardava fuori dal finestrino Il paesaggio italiano, ano dei temi che più hanno fatto parlare, scrivere, dipingere e sognare il mondo, ha adesso un documento antologico di grande respiro storico con l'ultimo volume degli «Annali della Storia d'Italia» appena uscito («Il paesaggio», a cura di Cesare de Seta,' Einaudi, pagine 732, lire 70 mila). Vi sono raccolti saggi sui modi di guardare il panorama italiano naturale e ur- bano nelle lettere e nelle arti, compresa una sezione Ice-, nograftea. DI taluni viaggiatori famosi, come Goethe e1 Stendhal, si sa quasi tutto, la loro Italia è classica. Altri, come Leopardi, che in realtà un viaggiatore non fu, ma certo fu intento al paesaggio, rappresentano vere e proprie sorprese. Sul modo di viaggiare di Giacomo Leopardi ecco una testimonianza di Federico Roncoroni. PER andare da Recanati a Roma, in carrozza, impiegò sci giorni. Era la prima volta che il. poeta, ormai ventiquattren-' ne, viaggiava: anzi, era la prima volta che usciva da Recanati. Dopo tante preghiere e dopo tante insistenze, dopo un tentativo di fuga miseramente fallito, Giacomo era riuscito a convincere suo padre, il conte Monaldo, esua madre, la marchesa Adelaide Antici, a lasciarlo partire con gli zii Antici, che tornavano a Roma. Con lui, idealmente, partivano anche Carlo c Paolina, i fratelli con i quali tanto a lungo aveva fantasticato intorno alle occasioni che la vita riservava ai fortunati che vivevano nel «mondo», fuori dalle mura di palazzo Leopardi. Era il novembre del 1822, per l'esattezza il 18 novembre, un lunedì, quando, di mattina sul tardi, Giacomo partì per quel suo primo viaggio.. Appena lasciato alle spalle palazzo Leopardi, la> carrozza, per raggiungere-la. via maestra, scese dalla collina fino al mare: il mare che proprio in quegli anni, come avrebbe cantato nella canzone A Silvia, il poeta aveva tante volte ammirato «da lungi» quando, lasciando «gli studi leggiadri» e «le sudate carte», si affacciava al «verone del paterno ostello» per porgere gli orecchi al suono della voce di Silvia: ma quel giorno non risulta che, da presso, il mare l'abbia neanche guardato. Tutt'intorno, il paesaggio doveva essere, a quei tempi, più suggestivo di adesso: prima le cittadine delle Marche raccolte con le loro case sulla cima delle colline e il digradare dei colli l'uno dietro l'altro, in ra- pida successione; poi i boschi e le valli dell'Umbria, i suoi prati, i suoi fiumi e i suoi torrenti, e le antiche città medioevali, le grandi vie consolari, le gole dell'Appennino, i pascoli delle pianure, Spoleto, Terni e Narni sul fiume Nera; e da ultimo il Lazio, il Tevere, il monte Soratte sullo sfondo, e la visione dell'Agro Insomma, per sei giorni il Leopardi attraversò in carrozza alcuni tra i paesaggi più belli d'Italia, carichi, oltre tutto, di cultura e di storia. Ma non sembra neanche essersene accorto. Di fatto non ce ne dice nulla, né allora, nelle lettere che quasi quotidianamente scrive a casa, né in seguito. Del viaggio, anzi, a giudicare dalle lettere di quei giorni, ricorda soltanto di aver molto sofferto, a causa soprattutto del fastidio che gli procurava lo zio Momo. Quanto al resto, si sen-: te soltanto «morto o tra¬ mortito» per la fatica del viaggio. E il paesaggio? E i paesini della Marche, le forre dell'Appennino, i boschi, i fiumi, i pascoli, i cieli in quel novembre, le brume del mattino, i tramonti del primo pomeriggio, le testimonianze della romanità e i testi della civiltà mediocva-: le? Niente. Lasciando Recanati, Giacomo aveva pensato al lungo viaggio che lo attendeva e aveva badato, da par suo, a provvedersi del necessario per non perdere inutilmente il suo tempo. Si era perciò portato dietro qualche libro, come si usa: un'edizione tascabile delle opere di Luciano nell'originale greco, il primo tomo del Don Quijote nell'originale spagnolo e 11 torto e il diritto del Barrali, un testo del Seicento. Ma non è finita. Si era portato appresso anche il manoscritto del suo Martirio de' Santi Padri e, sempre in carrozza, ci venne lavo- rando sopra fino quasi a condurlo a termine: ce lo testimonia ancora una volta egli stesso, in una lettera al fratello Carlo di qualche tempo dopo. Ognuno, è vero, ha il diritto di viaggiare come vuole, o come può. Ma che Giacomo Leopardi abbia compiuto il suo primo viaggio così, senza mai guardare fuori dal finestrino della sua carrozza, in fondo in fondo dispiace. 1 luoghi che attraversò, dopo tutto, erano all'incirca gli stessi che intorno a quei medesimi anni strappavano grida di entusiasmo e descrizioni affascinanti a viaggiatori come Chateaubriand/ Goethe e Stendhal. E lui, il poeta, in quel novembre del 1822 aveva già composto L'infinito e aveva già cantato la bellezza di una notte «dolce e chiara» «e senza vento» e di una luna che «posa» «queta sovra i tetti e in mezzo agli orti» e «di lontan rivela / serena ogni montagna». Ep-, pure, in quel suo primo' viaggio, tanto sognato e .tanto atteso, niente sembra averlo colpito e interessato c anche Roma, come è noto, a parte le osservazioni sulla grandezza della città rispetto alla poca gente che ci vive, a parte la tomba del Tasso e la strada che porta al luogo dove quel suo grande fratello è sepolto, non lo impressionò granché. Questo modo di viaggiare, a dire le cose come stanno, è quello che si dice un «partire in un sacco e tornare in un baule». E viene il dubbio che, come spesso capita agli uomini ai grande ingegno, il Leopardi fosse un uomo che «sentiva» e «pensava», ma che non «vedeva» o, anche, un uomo che «vedeva» ma non «guardava». Scriveva proprio in quei giorni, appena giunto a Roma, al fratello Carlo, alludendo ai romani e, in generale, agli uomini, delle grandi città: «La facoltà sensitiva dell'uomo, in questi luoghi si limita al solo vedere. Questa è l'unica sensazione degl'individui, che non si riflette in verun modo nell'interno». Questa velenosa considerazione sulla superficialità degli uomini, in vero, si addice in primo luogo, anche se per motivi opposti, proprio a ch'i 'l'jia concepita ed espressa. Veramente sembra, che il Leopardi, tutto volto alla vita intcriore e tutto bisognoso di essa, non potesse o non sapesse dare troppo spazio alla facoltà visiva e guardarsi troppo intorno;, o, per lo meno, sembra che il poeta non avesse voglia e tempo di vedere e osservare le cose che gii si muovevano intorno nei grandi spazi, durante i viaggi. Federico Roncoroni Per sei giorni su una carrozza attraverso l'Italia nonprovò rammirazione che manifestarono Chateaubriand, Goethe e Stendhal nello stesso periodo con grida di entusiasmo

Persone citate: Cesare De Seta, Einaudi, Federico Roncoroni, Giacomo Leopardi, Goethe, Leopardi