Il filosofo si fa zingaro

Il filosofo si fa zingaro Il filosofo si fa zingaro SOTTO II titolo I segni dell'anima, Fortunato Pasqualino racconto la storia di un siciliano emigrato a Roma, dopo la guerra, con altri giovani come lui -filosofi» (ma per inclinazione naturale, prima che per gli studi fatti). Colto da un improvviso bisogno di scelte radicali, il giovane persegue un ideale di vita zingaresca e contemplativa, condotta in totale libertà e solitudine. Volontariamente rinchiuso in una grotta (un po'simbolica e un po' reale), indossando metaforiche catene e autentici orecchini d'oro. L'argomento, in alcune parti lo stile, sollecitano l'analogia con testi classici di meditazione, o di riflessione religiosa, filosofica, autobiografica, sul tipo delle Confessinl agostiniane o delle Meditazioni di Cartesio. Ma c'è qui una sensibile differenza, rispetto a quella tradizione. L'Io ette narra, e pone gli interrogativi filosofici, non ha né desidera alcun potere di argomentazione, né possiede alcuna certezza circa il proprio essere o il proprio dubitare. La categoria sotto la quale ricade è piuttosto, dice Pasqualino, il ••patire»: l'Io è sin dall'inizio posto in uno stato di minorità, anche rispetto a dò che egli stesso1 narra, o pensa, o suppone di sapere. Cosi le sue riflessioni si svolgono come in una sorta di «filosofia di formazione», o meglio conte in una piccola Fenomenologia dello spirito per una coscienza cristiana avventurosa, non disposta ad allinearsi in modo acritico con mia qualsiasi ortodossia, paziente ma interiormente ribelle come Giobbe. f.d. a. Fortunato Pasqualino «I segni dell'anima», Rusconi, 143 pagine, 5500 lire.

Persone citate: Giobbe

Luoghi citati: Roma