La spia che venne dal libro

La spia che venne dal libro Da Conrad a De Villiers: com'è cambiato il personaggio dell'agente segreto La spia che venne dal libro Laura Grimaldi, da vent'anni direttrice di «Segretissimo», è la maggiore esperta italiana di letteratura spionistica. Autrice di molti romanzi e racconti del genere «spy story», è tradotta anche in America, pubblicata sulla rivista di Ellery Qucen. Le abbiamo chiesto qual è l'evoluzione dell'agente segreto nella letteratura internazionale. IL lungo cammino della spia letteraria e stato tortuoso e ambiguo, come del resto quello della spia reale. Fino a tutto il 1700, la spia veniva definita da dizionari ed enciclopedie nè più ne meno clic un mercenario pagato per spiare negli accampamenti militari. E, poiché non portava l'uniforme, degno del massimo disprezzo. Questa connotazione negativa, la spia se la porta addosso per molto tempo, tanto che scrivono Boileau e Narcejac: -Fino a un cerio periodo, l'agente segreto viene tenuto in conto di individuo talmente abietto da trovar posto solo nei peggiori "feuiUelons"«. Dovrà arrivare 11 1821, con "The spy " di J. Fenimore Cooper, perché l'agente acquisti! una dimensione più complessa, meno moralistica. Comunque, fino agli ultimi anni dell'800, nessun autore ose-i rà più dare il ruolo di protagonista a una spia. Ma quando l'opinione pubblica, con il caso Dreyfus, (1894-1899). coi- 'ncera a interessarsi alle vicende spionistiche e a set. :c l'esistenza dì spie e di reti di spionaggio a disposizione delle grandi potenze, gli autori cominciano a interrogarsi sull'opportunità (sociale?, politica?, commerciale?) di dare alle starnile vicende d'intrigo politico. Lo sviluppo del romanzo di spionaggio resta comunque legato alle invenzioni della rivoluzione industriale. Le armi si perfezionano, la potenza militare aumenta, l'aereo sta per trasformarsi da sogno in realtà, e il pericolo che il nemico possa rubare piani e progetti segreti si fa tangibile. «Sono i Paesi a maggior sviluppo industriale», scrive Julian Symon -a possedere il maggior numero di invenzioni da proteggere, e questa è una delle ragioni per cut la spy-story ha le sue vere origini in Europa, e in particolare in Inghilterra». - • Agli inizi, tuttavia, il romanzo di spionaggio non assume connotazioni di entertainment, e ancora non riesce a decollare dagli accampamenti di cui parlavano le enciclopedie. Le vicende si dilungano in descrizioni tattico-militari, e l'agente segreto è ancora solo la «spalla» del vero protagonista: il mondo della politica. Ma se l'agente segreto «amico» non ha ancora trovato una sua fisionomia definitiva, gli inglesi sembrano sapere con esattezza qual è il nemico: la Francia fino ai primi del 900 e, con l'avvicinarsi del primo conflitto mondiale, la Germania. La prima spy-story nasce nel 1903 con The rlddle in the sands di Erskine Childcrs. 11 protagonista, dilettante curioso dalle intuizioni un po' troppo casuali, scopre nientemeno che i tedeschi stanno pregettando l'invasione dell'Inghilterra. E' il periodo in cui nasce il «giallo politico» con Secret agent di Joseph Conrad (1907) e in cui molti romanzi, soprattutto di William Le Queux e di E. Philips Oppenheim, autori prolifici ma non di alto livello, avranno se non altro il merito di rendere popolare il genere. La definizione di «giallo politico» è di James Witmore, un critico letterario inglese che si rifiuta di considerare il romanzo di Conrad una vera spy-story. Il protagonista è Verloc, agent provocateur inviato a Londra da una potenza straniera a spiare un gruppo di esuli anarchici. Pochi anni dopo (1915), John Duellali scrive Tlie thirty-nine steps. E siamo alla spia di guerra, con un nazionalismo spìnto al paradosso, che vuole gli inglesi rappresen1 anti del bene in assoluto, e gli avversari del male. Il bene, si sa, va sottobraccio al genio, e il male all'ottusità: ne consegue una galleria di personaggi stereotipati, con l'inglese cavalleresco e intelligente che batte il rozzo tedesco, in un duello taìhiente impari da apparire impietoso. E' con la prima guerra mondiale, comunque, che il romanzo di spionaggio nasce veramente e diventa un'abitudine di lettura, anche se non ancora un culto. Finito il conflitto, cambiano gli avversari, dal momento che cambiano i rapporti internazionali, ma ormai la struttura della spy-story ha trovato una sua esatta connotazione. Ili questo periodo, le spie da battere sono prima russe e cinesi e poi, con la nascita del nazismo, tornano a essere tedesche, Sono comunque rari i romanzi di buon livello, latta eccezione per Ashenden (1928) di Somerset Maugham e The three courlers (1929) di Compton Mackenzle. In particolare Ashenden, poiché Maugham vi ha riservato tutta la sua conoscenza di ex agente segreto, influenzerà tutta la narrativa spionistica successiva, e l'atteggiamento moralmente neutrale del protagonista ispirerà Eric Ambler e John Le Carré, mentre la licenza d'uccidere sarà adottata da Ian Fleming. Con il presentimento del primo conflitto mondiale, anche la Francia comincia a mettere a fuoco i suoi avversari. Basterà ricordare Maurice Leblanc. che nella sesta avventura di Arsene Lvpin, Gentleman cambrioleur (Le sept de coeurs 1907) fa rubare i piani di un sommergibile dagli svizzeri, che tuttavia agiscono per conto dei tedeschi. Negli anni Trenta, gli autori francesi (non appena il Deuxième Bureau avrà aperto i suoi archivi segreti) prenderanno a prestito le tecniche del giallo per narrare le gesta del Bureau, con l'agente segreto francese nel ruolo eroico che era stato del «detective», c quello tedesco nel ruolo dell'«assasslno». Nata con la tipologia del romanzo di guerra, la spy-story si trasforma gradualmente in romanzo d'azione, in romanzo d'avvenimenti. E avrà lilialmente un suo eroe, l'agente speciale «professionista», al quale verrà affidata la difesa della democrazia. Nel 1939, vengono pubblicati due capisaldi della spy-story: -Tlie mask of Dimitros» di Eric Ambler e - The confideniial agent» di Graham Greene. Fin qui, fatta eccezione per Conrad e Maugham, gli autori hanno costruito i protagonisti dei loro libri sul modello eroico popolare: belli, invincibili, possibilmente ricchi. E a questo lilone che si rifaranno Jean Brucc, Jan Fleming e molti altri. Ambler, invece, pone l'enfasi sul dettaglio, sulla ricerca accurata, suH'«umanizzazione» del protagonista. In quanto a Greene, inizia quel vero e proprio processo di «demistificazione» della spia che ispirerà In seguito John Le Carré e Len Deighton. Fino al termine della seconda guerra mondiale mancano quasi completamente esempi americani di spy-story. La ragione va ricercata forse nello spirilo isolazionista, accentuato poi da Roosevelt agli inizi del conflitto, che mantenne per un lungo periodo gli americani fuori dai circuiti degli interessi internazionali. Alla fine della guerra, un altro coni litio imprimerà una spinta quasi irresistibile al romanzo di spionaggio: la guerra fredda. I primi a coglierne il significalo sono i francesi, con un intuito che si riallaccia a quello che aveva ispirato la nascita dei feuilletons. Primo fra tutti, Jean Bruce, con quel suo OS 117 dal «sorriso da principe pirata» che lia impresso un'accelerazione irresistibile alla produzione di questo tipo di narrativa. OS 117 è francese d'origine, ma americano come appartenenza spionistica. E', infatti, agente della Cia. Bruce sa che il servizio segreto francese, fragile e ancora in via di riorganizzazione, non è credibile come avversario del formidabile apparato spionistico sovietico. E il servizio d'inlormazione più famoso del mondo occidentale è. appunto, la Cia, con i suoi mezzi illimitati e il suo potere assoluto. Contemporaneamente, negli Stati Uniti si lavora alla ereazione di un nuovo eroe nazionale letterario che possa sostituire i rangers e i cow boys di un tempo. Colui che nei film di guerra portava i capelli creivcut. la bustina infilata sotto la spallina e la candida maglietta a girocollo sotto la camicia militare, ora indossa mocassini, abili da 400 dollari e si allaccia una fondina di morbida pelle di daino. E' questo il modello di agente americano di Nick Carter, Edward S. Aarons, Donald Hamilton e molti altri. La ripetitività, nella spy-story, non guasta, proprio come non aveva guastato nelle storie di cow boys. E' anche lo stesso tipo di ripetitività degli autori francési, da Paul Kenny a Francois Chabrey. da S.J. Arnaud a Gerard de Villiers. E. ancora, quella di molti inglesi, da Jan Fleming a James Leasór, da Andrew York a Adam Hall. Il fenomeno Bond, se pure deve gran parte della sua notorietà alla trasposizione cinematografica delle avventure di 007, resta comunque un punto fermo nella miriade di scrittori di spy-story, oltre che esemplare di quanto fin qui detto: anche i romanzi di Fleming, infatti, seguono da vicino, (prima di stabilire quale dev'essere l'avversario) l'evolversi della situazione internazionale, dalla guerra fredda alla distensione, tanto che dai sovietici si passa via via a organizzazioni di pura fantasia. Negli Anni 60 viene ripreso Tanti eroe ipotizzato nel 1939 da Ambler e da Greene. Len Deighton con /;icress file (1962) e John Le Carré con La spia che venne dal fred-. do (1963) propongono due personaggi che, se pure molto diversi ira loro, risultano ugualmente contrari a qualunque identificazione con l'eroismo. Da questo lilone discendono direttamente Gorky park di Marlin Crutz-Smith e i romanzi di Ken Follett, a cominciare da -La cruna dell'ago». Con un'innovazione: . una grande storia d'amore s'intreccia con l'intrigo politico. L'agente speciale scopre d'avere capacità di passione. Dalla paura collettiva che ha sconvolto il mondo dalla nascila dell'era atomica fin qui. cominciano a riaiiiorare razionalità e sentimenti. Laura Grimaldi Roger Moore, Agente 007, in <<La spia che mi amava» Michael C'aine in «La pratica lpcress»

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