Bergonzi ci invita a rivivere «Un ballo in maschera» di Giorgio Pestelli
Bergonzi ci invita a rivivere «Un ballo in maschera» S'inaugura la nuova etichetta «Movimento Musica» Bergonzi ci invita a rivivere «Un ballo in maschera» NEL panorama discografico contemporaneo è emersa in questi giorni una nuova editrice, agganciata alla Wea Italiana e denominata Movimento Musica: dal primo fastello di titoli, Un ballo in maschera di Verdi, il Lohengrin wagneriano, le musiche di Mendelssohn per il Sogno di Sliakespeare, una serie di Valzer dei due Johann Strauss (junior e senior), la nuova collana sembra specializzata in re¬ gistrazioni dal vivo, secondo un indirizzo che ha preso sempre più piede negli ultimi anni. Registrazioni dal vivo di esecuzioni di venti, trentanni fa (escludendo quindi, per la salute delle orecchie, incunaboli della fonografia primonovecentesca) hanno il vantaggio della continuità, dell'unità di tempo, rispetto all'incisione in studio die, per lo più, è un mosaico costruito con i pezzi migliori. Inoltre, i rapporti timbrici, la scala dei volumi sonori, sono più reali e «umani»: potranno essere difettosi, come quando a teatro si capita in un posto acustico sfavorevole, ma sono più vicini all'originale della perfezione computertalc del disco moderno: anche le antiche fotografie alpine di Vittorio Sella hanno molti punti di vantaggio su quelle del «National Geographic». Naturalmente, ogni medaglia ha il suo rovescio. Chi usa i dischi per lavoro, seguendoli magari sulla partitura, nelle registrazioni dal vivo troverà un risultato sonoro molto meno chiaro di quello che ha sottocchio; i cori, ad esempio, sono quasi sempre un groviglio indistinto e lontano di suoni, la presenza dell'orchestra o è troppo debole o troppo forte rispetto alle voci, le oscillazioni d'intonazione sono continue. Tutte osservazioni che chiunque può fare ascoltando queste incisioni, in ogni caso degne di interesse per un archivio del disco (i Valzer straussiani sono diretti da Karajan con la Filarmonica di Vienna a Bruxelles, durante la famosa Esposizione del 1958); ma segnaliamo qui, in particolare, come una delle riuscite piti interessanti, t tre dischi del Ballo in maschera diretto da Oliviero De Fabritiis e registrato al Teatro Comunale di Bolo- gnail 28 novembre 1961. Un nome campeggia in copertina, sovrastando quello stesso di Verdi, Carlo Bergonzl (allo stesso modo, nel Lohengrin, il grande Peter Anders sopravanza quello di Wagner); il Bergonzi. certo fra i maggiori tenori del nostro tem¬ Verdi in una stampa ottocentesca n o l ¬ po, era qui in una forma luminosa: gli si sente attorno il pubblico bolognese, nel senso che canta molto più, aperto, più «da tenore», di quanto avrebbe fatto in uno studio di registrazione di fronte a un microfono. Di questa circostanza alcuni potranno rallegrarsi. altri dolersi. Ma lo slancio,', la saldezza e l'eleganza vocale sono fuori discussione, e il -M'ami Amelia', nel famoso duetto dell'atto secondo, viene giù dal cielo, attaccato quasi in pianissimo, in trasognata beatitudine. Straordinaria, verdiana dalla testa ai piedi, è Leyla Gencer, che fa piacere risentire in tutto il suo splendore; Mario Zanasi è un ottimo Renato, capace anche di riscattare la faticosa retorica di «Alla vita che t'arrider,. De Fabritiis tiene tempi tendenzialmente lenti, a beneficio dei polmoni di Bergonzl e della Gencer; ne soffre però un po' la vivacità di Oscar (Dora Gatta). Giorgio Pestelli VERDI, «Un ballo in maschera» con Carlo Bergonzi, Mario Zanasi, Leyla Gencer, Adriana Lazzarini, direttore Olivero De Fabritiis, Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna. Movimento Musica 1982 (3 LP03019). IHH
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