La prima «missione» della storia

La prima «missione» della storia La prima «missione» della storia di Aldo A. Mola TRA EGITTO E BETULIA — Il Faraone aveva tutto: piramidi, schiavi, oro, sacerdoti; gli mancava però il ferro: un metallo scuro, con arabeschi rossastri, ben nolo al suo nemico, il re degl'lttiti. che ne cavava fuori ottime lame, capaci di trapassare senza difficoltà le corazze dei fanti egizi. Perciò il Faraone cercò di carpire il segreto del nemico; tra I suoi emissari, però, parecchi finirono nelle fornaci Utile, pochi tornarono: ma accecati. Era dunque iniziata l'era dello spionaggio industriale. Poco appresso i due popoli s'accordarono. Non passarono molti secoli che assurse ali'onor della Bibbia l'altra più diffusa forma di spionaggio-politico-militare: la mobilitazione delle alcove. Dalla città ebraica di Betulia, cinta d'assedio dall'irresistibile esercito assiro, l'ancor più irresistibile Giuditta raggiunse la tenda di Oloferne; tra una coppa e un bacio ne apprese tutti i possibili segreti e, a missione compiuta, se ne tornò a casa, con la testa mozza del generale nemico per sovrammercato. Mata Hari non aveva nulla da inventare, insomma. Anche perché non poteva contare di farsi seguire da una fantesca con la testa d'un generale inglese su vassoio «Sheffield», come Giuditta, nella celebre tavola di Botticelli. PERFIDI CARTAGINESI — Dall'altra parte del Mediterraneo, fu naturalmente a Roma che le spie toccarono I maggiori successi. Comincia-, rono quelle cartaginesi, inviate da Annibale, poco prima della fortunata spedizione culminata a Canne. Venivan giù dalle Alpi, vestite alla greca, ma pronte a parlare in celtico e leste a capire il latino di tutte le indiscrezioni dei locali, girate alla svelta agli emissari che intanto Annibale aveva spedito tra Capua e Siracusa, per eccitare la Magna Grecia contro Roma, da poco dominatrice sulla terra di Archita. Gerone, Archimede. Il più acuto storico dell'antica Roma. Polibio, non ha dubbi: inferiore di numero, l'esercito cartaginese fu a lungo vincitore proprio perché i «perfidi cartaginesi» seppero tener fede alla loro fama. LA FANTASIA DELLA REALTA' — Lo spionaggio — politico, militare, commerciale... — ha sempre avuto tali e tanti volti, che persino i codici han trovato difficoltà a catalogarne tutti gli aspetti: procacciamento di notizie, rivelazione incauta, delazione per tradimento, trafugamento di documenti segreti o addirittura trasmissione al nemico in armi di notizie utili alla patria in punti vitali, da punire senz'altro con la morte. Tutta una gamma che ha riempito la vita di migliaia di «agenti speciali», la cui caratteristica —^ricordiamolo in questi tempi di calamitose confusioni — consiste nell'assoluta impossibilità d'avere uno status riconosciuto, né dal nemico, né, tantomeno, dal proprio Stato. E' la stessa gamma che ha popolato le pagine dei romanzi di spionaggio, incentrati sull'lncubo del «Grande Nemico»: denudamento del complesso d'impotenza che molti Paesi si recano dentro per l'incapacità di guarire in via ordinarla dai propri mali. Perciò i protagonisti dello spionaggio in presa diretta — da Mata Hari a Cicero a Sorge alle spie min» Vaticano (ancora recentemente «Civiltà Cattolica» vi è ritornata, certa che esse siano sempre state più numerose di quelle .del- Vaticano) — non hanno avuto molto da aggiungere, tra res gestae a hlstorlae rerum gastarum, a La spia di J. Cooper, del 1821 (l'anno del moto di Santorre di Santarosa!), all'Agente Segreto di Conrad (1307) o al più che mai classico (e quindi attuale) Sotto gli occhi dall'Occidente. La spia dunque — quella «che viene dal freddo», come nel romanzo di Cornwell, o l'altra che nega qualsiasi senso alla storia: come ne La maschera di Dimltrios di Ambiar — rivive un copione antico: tra un complotto e l'altro, un rischio e un improbabile weekand, alla James Bond, s'avvita via via su se stessa, isolata e negata, e quasi sempre finisce come nell'insuperato romanzo di Rebecca West: Olì uccelli cadono.

Luoghi citati: Betulia, Capua, Egitto, Grecia, Roma, Siracusa