Napoli, petardi e fuochi greci contro i fantasmi del passato

Napoli, petardi e fuochi greci contro i fantasmi del passato Dietro il rito dei botti tutta l'anima d*una città Napoli, petardi e fuochi greci contro i fantasmi del passato DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NAPOLI — Il Capodanno a Napoli senza il fragore dei botti, il tintinnio dei vetri tremanti, il fumo di polvere pirica, non è Capodanno. E la tradizione, invano ostacolata dai divieti della questura, dai sequestri di petardi, dai quotidiani controlli delle forze dell'ordine, è legge anche per questo S. Silvestro. Il napoletano subisce il fascino dei fuochi d'artificio e non riesce a sottrarsi alla soddisfazione di partecipare in prima persona alla gara pirotecnica, di verificare la potenza del petardi acquistati sotto casa, la consistenza del tricche-tracche. della terziola. del fruvolopazzo, che incute spavento. La «sparatoria» è d'obbligo: s'inizia fin dal tardo pomeriggio, con un intensificarsi a mano a mano che passano le ore fino al gran finale della mezzanotte, quando il crepiI tlo diventa assordante, la batI taglia entra nel vivo della sfiL — da tra vicini di casa. Inutile scomodare i sociologi per trovare spiegazioni al fenomeno. I botti un tempo erano alla vigilia di Natale, a mezzanotte, dopo il gran cenone. Nelle strade, nelle piaz-, ze, nei vicoli, nei cortili degli stabili si dava fuoco alle micce, e i palazzi sembravano dovessero crollare sotto quel diluvio di esplosioni. Tanto fragore per cancellare i ricordi tristi di un anno trascorso spesso tra privazioni e miserie. Un augurio tutto partenopeo, che lo scorso anno, nonostante il terremoto e gli appelli a non compromettere con questa assurda sfida la stabilità degli edifici lesionati, portò al ferimento di un'ottantina di persone

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