OSSERVATORIO

OSSERVATORIO OSSERVATORIO Guerriglia a Praga tra Chiesa e Stato Una fase di crescente tensione tra Chiesa c Stalo si sta sviluppando da alcuni mesi iti Cecoslovacchia. La causa prossima risiede nella decisione del cardinale Tomàsek, arcivescovo di Praga, di applicare il decreto pontificio del marzo scorso che vieta ai sacerdoti l'appartenenza a organizzazioni aventi scopi politici. Sotto questa norma ricade la Pacem in terris, un'organizzazione cne raggruppa circa la metà dei 3200 sacerdoti cecoslovacchi e ha come scopo dichiarato «la lolla per la pace nel mondo». L'aspetto politico di questa organizzazione consiste nell'opportunità che essa offre allo Stato di controllare il clero e di fargli assumete le posizioni, appunto politiche, che ritiene convenienti ai propri fini. Il cardinale ha perciò chiesto all'organizzazione di sciogliersi e indi, avendo essa rifiutato, ha inflitto al segretariato della Pacem in terris un biasimo per «infrazione della disciplina religiosa». Da parte governativa, si è replicato con aspre critiche all'operato del cardinale, l'intima il 17 di questo mese sul Rude Pravo, organo ufficiale del partito comunista, per la penna dello stesso segretario di Stato agli Affari del culto, il quale scrive di «un tentativo di ingerenza grossolana negli affari dei cittadini cecoslovacchi». Dietro questa situazione di «guerriglia», come la definisce Le Monde», sta tutta la storia dei rapporti tra il regime comunista e la Chiesa cattolica, alla quale aderisce il 77 per cento dei cecoslovacchi. Affermatosi al potere con il «colpo di Praga» del febbraio 1948, il regime non tardò a urlarsi con la resistenza della Chiesa, per il rifiuto da questa opposto a prestare il giuramento di fedeltà (come invece fecero le Giiesc protestanti); seguirono, nel 1950-'51, processi contro vescovi, superiori di Ordini religiosi, semplici sacerdoti, alcuni conclusi con condanne al carcere. L'arcivescovo di Praga, Bcran, nel 1951 fu deposto e relegato al confino, dal quale fu liberalo solo nel 1963, per essere costretto, due anni dopo, ad abbandonare il Paese. Le congregazioni religiose furono sciolte di fatto, frati e suore dispersi e deportati, chiusi i seminari. La Chiesa sopportò coraggiosamente la prova, ma ne usci disorganiz¬ zata nella sua struttura gerarchica: ancora nel 1968, appena 4 delle 12 diocesi avevano il vescovo titolare (oggi sono sette). Solo negli ' Anni Settanta, nel clima della «normalizzazione» seguita allo schiacciamento della «primavera» del '68, il regime ha cercato un accordo con la Chiesa, per evidenti ragioni tattiche, cioè per rendere più accettabile quella «normalizzazione». Da parte sua il Vaticano, perseguiva la cosiddetta Ostpolitik; e si potè cosi giungere, dopo negoziati condotti a Roma nel dicembre 1977, a una distensione che permise al cardinale Tomàsek di prendere ufficialmente possesso della diocesi di Praga. Negli anni più recenti, tuttavia, i rapporti sono di nuovo peggiorati: sia per ragioni interne sia, soprattutto, per l'ascesa al pontificato di Giovanni Paolo 11, il Papa slavo che «rassicura i popoli e inquieta i governanti» dell'Europa orientale, come è stato detto. Molto diversi dai polacchi, i cèki non fanno della Chiesa cattolica il proprio baluardo; però la ricerca dei valori religiosi è una via per sottrarsi al grigiore della «normalizzazione». E questo un regime ottuso, impiantato dai carri armati, non lo può tolleI rare. Ferdinando Vqgas Il cardinale Tomasek: accusato di «grossolana Ingerenza»

Persone citate: Giovanni Paolo, Tomasek

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Praga, Roma