Da Cranach a Van Gogh sull'Arno

Da Cranach a Van Gogh sull'Arno DRESDA HA PRESTATO A PALAZZO PITTI CENTO CAPOLAVORI Da Cranach a Van Gogh sull'Arno FIRENZE — Nell'ambito delle manifestazioni di gamellaggio tra Firenze, la Toscana e Dresda, Palazzo Pitti ospita, fino al 4 marzo, cento dipinti Da Cranach a Van Gogh e oltre, tratti dalle due sezioni della Gemaidegalerie, uno dei maggiori musei mondiali: quella degli Antichi Maestri, fino al XVIII secolo, e quella dei Maestri Moderni del XIX e XX secolo. Il titolo è piuttosto infelice, anche perché non dà idea del contenuto della mostra e dei suoi criteri, che non sono puramente antologici: è assai più pertinente l'altro titolo più generale, Dresda sull'Arno, concernente anche la bella mostra delle ceramiche di Meissen alla Fortezza da Basso. Dresda e Firenze: c'è un legame ideale fra le due città, come fra tutte quelle che nel tempo hanno costituito centri fondamentali di Irradiazione e di assorbimento della cultura artistica nei rispettivi Paesi. E c'è l'altro, tragicamente intrecciato in un infernale contrappasso, delle ferite inferte ai due centri nell'ultima guerra. Di fronte alle immagini del cuore di Dresda calcinato dal fosforo, pittoricamente modeste ma cupamente testimoniali, proposte all'inizio della mostra, il visitatore italiano non può non ricordare che le esplosioni tedesche alle due testate di Ponte Vecchio lambirono anche Palazzo Pitti Queste immagini, assieme al ritratto di parata di Augusto II. Elettore sassone e Re di Polonia (il fondatore della Galleria e dello Zwinger. capolavoro tardobarocco degno di Stupinigi), introducono al tema fondamentale della mostra. Sono infatti messe a paragone con le stupende vedute dedicate a Dresda a metà 700 dal Bellotto: fra queste, il Fossato dello Zwinger ricorda straordinariamente, pur con luci più «nordicamente» pallide, le vedute torinesi della Galleria Sabauda. Accanto al Bellotto, la Veduta di Dresda al chiaro di luna del norvegese Dahl, amlcalmente legato al grande Caspar David Friedrich, intror duce ottimamente alla seconda tappa della mostra: dopo gli splendori tardobarocchi. la rara fusione nella cultura di Dresda fra la lucidità illuministica e il sentimento spirituale, la Séhnsucht romantica. E' certo la parte più affascinante e, per l'Italia, più inedita, con 1 Ritratti, fra illuminismo e classicismo, di Graff, degni di David, i tre capolavori di Friedrich, il Paesaggio dì Carus. pittore-scienziato amico e biografo di Goethe, il romanticissimo Duomo in inverno di E.F. Oehme. Sigilla questo secondo momento del¬ la cultura di Dresda la Navigazione sull'Elba del 1837 di Ludwig Richter. vero «manifesto» dello spirito romantico, con quel viandante che, nel tramonto dorato sul fiume su cui già si affaccia una pallida falce di luna, contempla il castello medioevale alto sulla rupe. Il discorso si allarga poi al patrimonio artistico della Galleria. Certo era troppo pretendere che l'omaggio agli antichi maestri italiani com- ' ~\ prendesse i capolavori di Antonello da Messina e di Glorgione, di Raffaello e di Correggio, ma la scelta è comunque raffinata, dalle Donne che suonano del Tintoretto allo splendido .Ritrarrò di suonatore, opera giovanile di Annibale Carracci. Spicca per il suo fascino misterioso uno dei quadri più stregoneschi ed enigmatici della Maniera cinquecentesca, il Sogno dipinto da Battista Dossi entro il 1544 per il Palazzo Ducale di Ferrara. A confronto, è più diramata e ricca di scoperte la rappresentanza del Maestri Moderni deH'800. Fra i tedeschi, accanto a tre capolavori dei Nazzareno fra cui una seconda versione dell'emblematico Germania e Italia di Overbeck. con lo scambio di affetti fra le due fanciulle, la bionda con alle spalle una città murata gotica e la bruna raffaellesca con sullo sfondo una pieve toscana, sorprende il Ritratto di un ciambellano di corte di Ferdinand von Rayski. A dimostrazione di quanto è ancora complesso lo studio dell'arte ottocentesca, esso anticipa di un ventennio il gusto giovanile di Manet. Del quale Manet risplende la Signora in rosa, circondata da Degas. Monet. Toulouse-Lautrec. da due altissime Nature morte di Van Gogh e Ensor, dalle celebri Due donne di Ta-, WridiGauguin. Sono opere entrate in Gal- ! leria nel momento della sta- ! gione espressionista di Dresda, con la fondazione della «Brtlcke», qui in verità piutto-1 sto modestamente rappre-1 sentita. In compenso, è otti- ma la scelta dei tre Dix. dal- ' l'Autoritratto cubofuturista del 1915 al Ritratto del dottor Glaser, che sembra già assumere su di sé tutta la prescienza della tragedia ebraica. La presenza di un pannello del grande polittico clandestino antinazista di Hans Grundig II regno millenario non esime dal constatare lo squili- brio dell'ultima parte della mostra, dedicata con sovrabbondanza all'arte di questo dopoguerra, in cui Dresda è il flore all'occhiello della cultura artistica della D.D.R.. con i suoi «realismi» di varia ascendenza, anche espressionistica. Lo vediamo nelle uniche due personalità degne di menzione. Willi Sitte e il singolare surreal-romantico Werner Tubke, peraltro già noto in Italia. Anche lui è costretto a celebrare in un Ritratto di gruppo «la brigata Schirmer di carpentieri... un collettivo socialista, in cui il capogruppo sta al centro, ma ognuno può sviluppare le sue capacità spirituali». Marco Rosei