In appello a Venezia i brigatisti che rapirono il generale di Giuliano Marchesini

In appello a Venezia i brigatisti che rapirono il generale In appello a Venezia i brigatisti che rapirono il generale I «duri» al processo Dozier « La pista bulgara non esiste» Ma i loro difensori chiedono che siano ascoltati i ministri Lagorio, Darida, Rognoni e Colombo, e i responsabili dei servizi di sicurezza - Propongono anche che sia convocato Loris Scricciolo, che accusò il cugino sindacalista di «contatti» con Sofia OAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VENEZIA — Si discuterà o no della .pista bulgara» al processo di secondo grado a carico dei brigatisti rossi coinvolti nel sequestro de! generale americano della Nato Dozier? I giudici della Corte d'Appello di Venezia si sono riservati di decidere sulle istanze degli avvocati: i difensori degli imputati che non si sono dissociati dalla lotta armata hanno chiesto che siano ascoltati 1 ministri Lagorio, Darida. Rognoni e Colombo, che siano acquisite le dichiarazioni fatte d.ii quattro rappresentanti del governo in Parlamento. I legali vorrebbero che fossero sentili anche i responsabili dei servizi di sicurezza. Insistono, poi, perché siano messi a disposizione i verbali dei colloqui tra il «pentito» Michele Galati e Carlo Alberto Dalla Chiesa (11 brigatista, mesi prima del rapimento, aveva rivelato al generale che i suoi compagni preparavano il rapimento di un alto ufficiale Nato). Propongono ancora che sia chiamato a deporre Loris Scricciolo e si chiarisca la spontaneità delle dichiarazioni di alcuni imputati annullate nel giudizio di primo grado perché raccolte con un atto che travalicava i compiti della polizia. E prospettano il rinnovo del dibattimento. Sarebbe tutto da riesaminare, dunque, secondo gli av¬ vocati Di Giovanni e Baccioli, che ieri hanno illustrato le loro richieste. I difensori dei brigatisti «duri» intendono conoscere l'origine delle informazioni che sono state alla base di una «ricostruzione alternativa» del progetto di rapimento dell'alto ufficiale statunitense: ripetono che questa ricostruzione è in contrasto con la sentenza emessa dal tribunale di Verona. La Corte veneziana lascia In sospeso. Intanto, della Bulgaria parla uno dei brigatisti rinchiusi nella gabbia riservata al «duri»: Marcello Capuano legge una specie di proclama. 'Noi l'orremmo — dice — disperdere la cortina fumogena che il potere ha sollevato. Quale rapporto tra Repubblica Popolare bulgara e il caso Dozier? Noi rispondiamo: nessuno-. Parla anche Antonio Savasta, ma non della «pista bulgara». Il presidente della Corte. Corrado Ambrogi, chiede: -In quale modo il sequestro del generale Dozier sarebbe servito per il processo rivoluzionario?'. 'Sarebbe senHto a smascherare la politica di guerra di Reagan. Significava colpire un uomo della struttura di comando e di progettazione', risponde il brigatista «pentito». Savasta accenna poi alle azioni di diversi movimenti, ad «errori gravissvnU.'Le organiszazioni annate attaccavano la Nato, lega?idosi ai mo¬ vimenti per la pace. Si voleva disarticolare la struttura della Nato mettendo sotto accusa un personaggio come Dozier'. Replicando a uno degli avvocati rievoca anche la tragedia di Roberto Peci, il fratello di Patrizio. «Noi non abbiamo discusso né diretto quell'azione. Se ne incaricò un'altra formazione, diversa dalla nostra. Il proposito non era quello di colpire un familiare di Patrizio Peci, ma uno che aveixi tradito. Ma quell'uccisione apri i contrasti dentro all'organizzazione, tanto che Senzani fece un comunicato per dire che noi, quelli del centro, non eravamo d'accordo sulle uccisioni delle spie-. Si rammenta anche la serie di catture che segui alle dichiarazioni di Antonio Savasta, preso nel covo in cui era tenuto prigioniero il generale americano. L'ex «carceriere» dell'alto ufficiale dice: •L'effetto Dozier fu una crisi politica anche per alcuni compagni: quelli che noi definiamo gli arresi e che non riescono ad uscirne. Qui non si tratta di un fatto di arresti, ma della possibilità di venir fuori da questa storia'. Savasta, insomma, si propone come uno che ha offerto un «aiuto», che si raccomanda per i pentiti. -La dissociazione dalla lotta armata — aggiunge poi — comporta problemi di cui lo Stato deve farsi carico. Per noi è problematico tutto. Ci sono compagni che stanno in carceri poco sicure, perché non ci sono strutture adeguate. Noi abbiamo delle taglie sulla testa, non soltanto da parte delle Br, ma anche da parte della camorra e di altre organizzazioni'. Ad ascoltare il discorso di Savasta non ci sono i «duri» che hanno chiesto di lasciare l'aula. Quando rientrano, replica brevemente Remo Pancelli. Ribadisce la 'responsabilità politica e storica dell'azione contro la Nato'. Poi lancia una minaccia: 'Quando sarà necessario, interverremo di nuovo'. Il processo riprenderà il 10 gennaio. Giuliano Marchesini

Luoghi citati: Bulgaria, Sofia, Venezia, Verona