Tra i signori della steppa di Manuel Lucbert

Tra i signori della steppa Nella Mongolia interna, una delle regioni più povere della Repubblica Popolare cinese Tra i signori della steppa Oggi sono iin popolo in estinzione, pallido riflesso delle temibili tribù di Gengis e del Kublai Khan - Pastori e allevatori, vivono in tende di feltro e legno, le «yurta», in zone isolate dal resto del mondo - La «colonizzazione» dei cinesi Han ha ridotto la percentuale di mongoli: nel 1947 erano un quarto della popolazione, oggi sono due milióni su oltre diciannove La Regione autonoma di Mongolia — chiamata spesso Mongolia interna per distinguerla dalla Repubblica popolare di Mongolia — è una delle zone più povere della Cina. Come tutte le regioni periferiche del Paese, trova una attenzione particolare a Pechino, motivata da preoccupazioni di ordine strategico e dal desiderio di evitare le tensioni che potrebbe provocare la coesistenza di una forte minoranza etnica e di una «colonizzazione han» ormai maggioritaria. , NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE XTWUZHUMUQINQI — In un primo momento abbiamo pensato che Qawa, il giovane mongolo taciturno che fino ad allora aveva seguito la pi sta di sabbia, fosse stato colto Improvvisamente dall'ebrezza della steppa. Girando d'un colpo 11 volante, ha lanciato 11 nostro minibus nella prateria. Ed ecco 11 veicolo scivolare sull'erba, come su un tavolo da bigliardo scivola via una palla colpita da un colpo di stecca ben assestato. Poi, dopo pochi secondi, abbiamo capito: l'ombroso discendente di Gengis Khan non ha lan ciato 1 suoi cavalli-vapore sul le orme del suo Illustre ante nato cosi, per una ubbia. Lon tano, rannicchiato ai piedi di colline verdi e dalle curve am pie e dolci, si vedevano fragili In quella Immensità, alcune yurta, dove slamo attesi. Dopo cinque ore di pista accidentata il giorno prima, e quasi tre ore quel mattino, eravamo finalmente arrivati al paese dei signori della steppa. Ecco, davanti a noi, questi allevatori del limite estremo del mondo: alcuni seduti a cavallo, fieri; altri, curiosi e di vertiti, a gruppi vestiti nei loro abiti tradizionali, intorno alla yurta di feltro. Tempo di fare la conoscenza del signore del posto, 11 capo della «brigata» Baira, un uomo di altezza media dalle guance incavate e dallo sguardo astuto, e siamo introdotti nella loro dimora circolare che i mongoli hanno scelto come abitazione dopo che i loro lontani antenati Xiong Nu la inventarono qua si tremila anni fa. La yurta in cui il capo dei Baira ci Invita a entrare non risale a quei tempi remoti. Lo spesso rivestimento di feltro che ricopre l'intelaiatura di legno è di un bianco grezzo che spicca sul grigio delle yur-\ ta» vicine; il focolare al centro, alimentato con sterco di vacca, non sembra essere stato usato di recente, e quei mobili, quell'armadio di un rosso brillante, decorato con un motivo floreale naif, quei ripiani sul quali stanno secchi di smalto, tutti quegli utensili non danno l'impressione di essere stati utilizzati molto, anche se si ammette che Usemi-)nomadi del luogo tendono a trascorrere all'aria aperta la maggior parte del loro tempo. Ci viene un sospetto: siamo per caso in una yurta di gala? Dopo tutto, anche nelle campagne di casa nostra ci si veste a festa per accogliere gli invitati... Mentre le ragazze vestite di taleh rossi, chiusi da una grossa cintura blu o verde, ci servono il rituale tè al latte nel quale si versano alcuni cucchiaini di miglio in grani e si fa fondere un pezzetto di burro, 11 capo Baira ci fa il quadro della «situazione». Ci troviamo nella «brigata» Hit, che significa — come ci spiega un mongolo che ci accompagna (Baira non parla 11 cinese) — « Vittoria». Questa brigata si trova nella comune di Alatogoulou, che dipende dalla «bandiera» di Xlwuzhumuqlnqi, da dove siamo arrivati. Questo nome, di derivazione parzialmente mongola, significa «La bandiera dell'uva dell'Ovest-. La brigata Hit si dedica esclusivamente all'allevamento. Occupa una superficie di 150 chilometri quadrati. Su questo territorio una sessantina di famiglie, quasi 350 persone (320 mongoli e una trentina di Hans) sorvegliano quasi 8000 capi di bestiame: un migliaio di cavalli, 1500 vacche, oltre cinquemila montoni e capre. NeH'.unltà di produzione», composta da edifici di pietra dove sono raccolti 1 servizi amministrativi, quelli sanitari e la scuola primaria, il personale alleva alcuni maiali. In queste distese innevate per oltre metà dell'anno, tagliate fuori dal resto del mondo — non c'è elettricità né te lefono — la vita degli allevatori è di una semplicità biblica. Con parole lente, un giovane mongolo dal viso arrossato dal vento ci racconta, nella sua lingua, una forma tipica: il mattino si alza verso le 5, qualunque sia 11 clima; dopo essersi lavato il viso, beve tè al latte e burro e esce nella prateria. Il giro tra le greggi, a cavallo, lo porta al di là della colline, e ancora più lontano. A mezzogiorno, insieme con I suol compagni, torna a bere tè sotto la yerta; d'estate mangia un pezzo di formaggio, d'Inverno un po' di carne di montone; poi si riposa un poco e riparte nella prateria. La sera, si corica con il sole. Quest'anno, 11 capo della brigata Baira è -piuttosto soddisfatto' della qualità dell'erba. Ma la vita della comunità può ancora essere difficile. Quattro anni fa, dopo grandi gelate e forti nevicate, la brigata ha sfiorato la catastrofe. Oltre la metà del bestiame è morta. La situazione alimentare era critica. Da allora è stato stabilito un sistema di 'responsabilità* (cioè di interessenza) e 1 greggi sono stati ricostituiti. U nostro ospite si interrompe: dalla yurta vicina, alcuni uomini portano grandi piatti di montone cotto a vapore, In nostro onore. Bisogna subito, smuslsrtrncrnricc secondo la tradizione, «bere, mangiare e divertirsi». Con uno sguardo malizioso, alza 11 suo bicchiere colmo di alcol di latte di vacca, lo vuota d'un sorso e ci Invita a Imitarlo. Dopo 11 pasto usciamo all'aria aperta; ci viene annunciar to un rodeo un po' particolare. Alcuni giovani sono andati nella steppa a cercare i branchi di cavalli e non dovrebbero tardare. Faranno davanti a noi uno del loro giochi preferiti, che spesso costituisce 11 clou delle nadamu, le feste che le comunità mongole ce¬ lebrano ogni anno nella bella stagione. A cavallo, dovranno riuscire a separare un animale dal compagni, e aiutandosi con grandi aste con In cima un grosso anello, dovranno afferrarlo In corsa. Questa è la vita del «popolo delle bandiere». Un popolo in via di estinzione, fiero della libertà che ancora gli resta, un pallido riflesso soltanto delle tribù temibili di Gengis e del Koublai Khan. Che cosa rimane oggi dell'Impero ' mongolo, che si estendeva nel diciottesimo secolo dalle rive. del Pacifico a quelle del Caspio, e si spinse un tempo fino alle porte di Vienna? Due territori assoggettati: a Nord, nell'orbita sovietica, la Repubblica popolare di Mongolia; a Sud, inglobata nella Cina e «inquinata dall'Immigrazione han, la regione, cosldetta autonoma, della Mongolia interna, dove ci troviamo. Con una superficie di un milione e 180 mila chilometri quadrati, la regione autonoma contava, nel 1981,18,7 milioni di abitanti, forse più (19,3 milioni secondo le stime più ' recenti). Ma non c'erano che' due milioni di mongoli. Nel 1947, quando fu creata la regione, due anni prima della costituzione della Repubblica Popolare a Pechino, 1 mongoli erano un quarto della popolazione. A Huhehot, l'antica KokeHota, la Città blu», fondata nel sedicesimo secolo da Altan Khan e diventata nel 1952 la capitale della regione, I Mongoli, del resto ampiamente cineslzzatl, sarebbero circa centomila su una popolazione di 600 mila abitanti. Baotu, la principale città della Mongolia interna (un milione e mezzo di abitanti) tipica città industriale «socialista*, come se ne possono vedere In tutti i Paesi dell'Europa orientale, ha una popolazione al 96 per cento han. Manuel Lucbert Copyright «Le Monde i c per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Altan Khan, Baira, Gengis Khan, Khan