Al processo Moro l'accusa chiede di applicare la legge sui pentiti di Giuseppe Zaccaria

Al processo Moro l'accusa chiede di applicare la legge sui pentiti «L'ansia di riscatto di chi ha collaborato non può rimanere senza risposta» Al processo Moro l'accusa chiede di applicare la legge sui pentiti ROMA — « Un "pentito" come Antonio Savasta non sarà molto simpatico, è vero: ma con la sua aria da ragioniere del delitto, con una freddezza che può sembrare cinismo, ha avuto il merito di mostrarci a quali estremi sia giunto il brigatista tipo». Nicolò Amato, pubblico ministero del processo Moro, non ha dubbi: Savasta, come Peci, Cianfanelli, la Libera, «ha avuto il coraggio di bere fino in fondo il suo calice amaro, di non fermarsi a metà strada, di risalire da un abisso'. E questo elogio de) pentito, ieri momentochiave della seconda giornata di requisitoria, ha fatto intendere già piuttosto chiaramente quali saranno, questa mattina, le richieste conclusive dell'accusa. Una trentina di ergastoli, nel chiedere i quali Amato considererà tutti gli imputati responsabili a titolo di concorso nel sequestro e nell'assassinio del leader de. Una serie di sostanziose proposte di «sconto» a tutti quelli che hanno confessato, e benefici più lievi per i «dissociati». Tutta gente, ha detto il p.m., che questi premi li merita: e non solo per aver consentito di scardinare le organizzazioni terroristiche ma anche perché — è sempre l'opinione di Amate — « fa scelta del pentito o del dissociato non ha. alcun carattere mercan iile». Buona parte dell'intervento era stata dedicata, prima di toccare questo tema, alla lunga storia delle «fratture» fra brigatisti rossi. Spaccature che, secondo Amato, «non avevano nulla di ideologico, né di politico, ma erano solo il segno di rivalità quasi schizofreniche fra persone che coltivavano gli stessi miti, le stesse illusioni». Se della crisi politica delle Br queste rotture rappresentavano l'aspetto, per cosi dire, interno, dello stesso fallimento il fenomeno dei «pentiti», ha proseguito Amato, costituisce invece la clamorosa manifestazione pubblica. Un fenomeno cosi devastante per il «partito armato», da fare si che «il terrore di avvitasse su sé stesso», scatenando tutta una serie di assassini e di vio¬ lenze nelle carceri. Nel 1978, 16 assassini e 198 tentati omicidi nelle carceri italiane; l'anno dopo, sei morti e 207 feriti; iiell'80, tredici «esecuzioni», diventate 26 l'anno dopo, e 18 In quello che sta per terminare. I tentati omicidi restano ogni anno più di duecento: «Questa angosciatile scalata dell'odio è una miccia che bisogna assolutamente disinnescare». L'illusione dei terroristi di «ritirarsi», in attesa di rilanciare la «illegalità di massa» è fallita — ha proseguito il pm — soprattutto grazie a chi si è deciso a collaborare con lo Stato. «L'ansia di rinnovamento e di riscatto che proviene dai pentiti non può rimanere senza risposta», ha continuato il pubblico ministero: e la risposta, almeno da parte sua, arriverà oggi con una serie dì richieste che si prevedono particolarmente miti per tutti quelli che hanno confessato, Savasta compreso. «Non abbiamo trionfi da celebrare, sfide da lanciare o da raccogliere — ha sentito il bisogno di soggiungere il magistrato —. Chiediamo solo un giudizio sereno, perché la legge non dev'essere vendetta». Stamani, le conclusioni, cui probabilmente seguirà un intervento degli imputati. Dalla gabbia, ieri, molti «irriducibili» hanno fatto capire di voler parlare. Giuseppe Zaccaria

Persone citate: Antonio Savasta, Cianfanelli, Nicolò Amato, Peci, Savasta

Luoghi citati: Roma