L'Islam alla conquista delle Russie di Fabio Galvano

L'Islam alla conquista delle Russie Due su dodici (e un terzo candidato) i membri del Politbjuro sovietico originari delle Repubbliche musulmane L'Islam alla conquista delle Russie Mai questa minoranza (50 milioni su 270 milioni di abitanti) è stata tanto rappresentata al Cremlino - Secondo le proiezioni, entro il 2050 questi popoli avranno numericamente superato il ceppo slavo - L'azerbaigiano Aliev, primo vice premier, di famiglia rigidamente sciita, sembra incaricato di comporre gli screzi fra le genti (e gli Stati) dell'Islam e il potere centrale OAL NOSTRO C0RRI8P0NDENTE ' MOSCA — Con la recente vertiginosa ascesa di Allev sono diventati due (su dodici) 1 membri del Politbjuro sovietico di origine musulmana: Oejdar Ali Rza Ogly (si, è proprio Allev, ma nella lingua dell'Azerbaigian) e Dlnmuchamed Achmedovich Kunaev, 11 quale è anche primo segretario del partito in Kazakistan. Ce n'è anche un terzo, se si prendono in esame gli 8 membri candidati del Politbjuro: Sharaf Rashidovich Rashidov, poeta e scrittore oltre che primo segretario del partito in Uzbekistan. Mai nella storia sovietica, la minoranza musulmana, composta da circa 50 milioni di persone (su 270 milioni di sovietici), era stata cosi fortemente rappresentata al Cremlino. CI si domanda se riuscirà un giorno ad affermarsi al vertice, come riuscì in passato un'altra minoranza — quella georgiana — attraverso Iosif Vissarionovich Dzhugashvili, cognome che in georgiano vuol dire «figlio della nuvola», ma che fu trasformato per necessità d'immagine rivoluzionaria in «uomo d'acciaio»: Stalin. In questo immenso impero che spazia su due continenti esistono oltre cento nazionalità, ciascuna con la sua lingua; 78 di esse hanno una letteratura propria, e basta pensare al kirghizo Chingiz Aitmatov, le cui opere sono state tradotte in un centinaio di Paesi e vendute in 20 milioni di copie, vero miracolo di una Kirghizia che all'inizio del secolo era totalmente analfabeta. Domina però il ceppo sia vo, incarnazione simbolica dell'/ionio sovleticus. Pino a quando? Finché, dicono gli esperti di demografia, le popolazioni musulmane dell'Asia centrale e del Caucaso non prenderanno 11 sopravvento e con loro, nelle Russie dei Sovieti, l'homo Islamicus. Del mille volti di questo Paese, infatti, quelli di origine turca fanno registrare il più alto tasso di natalità: uzbekl, tartari, kazachl, azerbaigiani, turkmeni, kirghizl, karakalpaki, ujguri, bashkirl, taglki. Per il 90 per cento sono di fede islamica. Vivono quasi tutti (90 per cento) nelle Repubbliche dell'Asia centrale (Kazachstan, Kirghizia, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan); gli altri sono sparsi nelle Repubbliche del Caucaso (soprattutto in Azerbaigian, meno In Georgia e Armenia) e nella regione del Volga. E' difficile dire quanti di questi popoli «musulmani» si considerano tali per un background etnico e storico, e quanti invece lo siano per fede religiosa Di certo si sa che per il 90 per cento sono di ceppo sunnlta, e che soltanto il 10 per cento è sciita. In ogni caso, l'aspetto religioso di queste genti, come sempre accade in Unione Sovietica, è secondario a quello etnico. Se si dice che Aliev è musulmano, non si afferma certo che sia tale in quanto frequenta le moschee (abbracciare la «religione» comunista significa disconoscere le altre, e bene lo sanno le schiere di giovani che vengono espulsi ogni anno dal komsomol per aver voluto sposarsi in chiesa), ma in quanto espressione etnica di quella consistente minoranza. La presenza di Aliev (che è anche primo vice premier), di Kunaev, di Rashidov fra le massime gerarchie sovietiche indica il peso che 11 Cremlino è oggi costretto a dare ai volti1 asiatici delle sue steppe orientali. L'ultimo censimento, quello del gennaio 1979, conferma che la popolazione sovietica aumenta di circa due milioni l'anno. Ma 11 tasso di natalità varia grandemente fra le regioni europee e quelle asiatiche: è del 18,2 per mille nella Repubblica Federativa russa, ma del 37,5 nel Tagikistan. L'accrescimento annuo della popolazione risulta, rispettivamente, dell'8,5 e del 29,2 per mille. Entro la fine del secolo, se non Interverranno altri fattori, la popolazione musulmana raggiungerà il 25 per cento di quella sovietica. Contro il 16 per cento al censimento del 1970 e 1118 per cento a quello del '79. Rappresentate graficamente, le due linee tendono ad avvicinarsi sempre più: talune proiezioni'statistiche af fermano che entro 11 2050 il ceppo aslatico-musulmano supererà il 50 per cento della popolazione sovietica. I russi saranno in minoranza. La fusione delle razze, uno del nobili presupposti della società sovietica, non è avvenuta. La «colonizzazione» russa ha si ridotto la compattezza di taluni ceppi (soltanto il 36 per cento degli abitanti del Kazachstan sono kazachl), ma non ha eliminato certe tendenze razziste, alimentate soprattutto da tradizioni e lingue diverse. Prendiamo l'esercito sovietico, nel quale la presenza asiatica è più elevata a causa dell'esplosione demografica degli ultimi trent'annl. Il maresciallo Ogarkov, capo di stato maggiore dell'esercito, lamentò nel febbraio scorso che numerosi militari asiatici di leva non sapessero neppure il russo, la lingua «unificante» dell'Impero. I commilitoni 11 chiamano, con disprezzo, churka, che vuol dire «ceppo di legno». E', fra i problemi delle forze armate, uno dei principali; né pare destinato a scomparire, se si considera che entro il 1995 un terzo delle reclute proverranno dalle minoranze asiatiche. Una delle funzioni di Aliev, che potrebbe oggi rappresentare l'osmosi fra le minoranze e il potere centrale, è forse sviluppare la politica interna di un'Urss sempre più condizionata dalle sue popolazioni islamiche. Un'interazione è necessaria, dopo 60 anni di storia sovietica che hanno visto prima Lenin blandire le minoranze più compatte nella lotta contro 11 nemico comune, poi Stalin deciso a domare con le purghe e con la deportazione di massa le forze più vivaci votate a ideali d'indlpenclenza. Infine Kruscev e Breznev impegnati, non sempre con successo, nel solco dell'egalltarlsmo, Aliev, nato in una famiglia di severa osservanza sciita, era dal 1969 incaricato di mantenere i rapporti con quelli che in gergo del Komln- tern si chiamavano «i partiti dell'Est» : 11 Tudeh Iraniano e 1 pc di Turchia, Iraq, Siria, Libano ed Egitto. Ma anche, si dice, con i gruppi autonomisti del Medio Oriente, per esemplo il movimento curdo. Non a caso, i quartieri generali di questi partiti e gruppi non sono a Mosca, ma a Bakù, la capitale dell'Azerbaigian, dove Allev era finora vissuto. Negli ambienti marxisti del Medio Oriente, Allev è da sempre considerato sostenitore di 'Un'alleanza rivoluzionarla fra II fondamentalismo Islamico e il socialismo sovietico'. Da anni, insomma, svolge una funzione che potrebbe oggi rivelarsi essenziale per la leadership del Cremlino: quella, non facile da attuare, di migliorare i rapporti con il mondo Islamico (da notare, a questo proposito, che 11 comunismo afghano respinge la «linea della collaborazione», e dlfattl il suo «contatto» sovietico non è a Bakù ma a Da-' shambè, capitale del Tagikistan). Ed è proprio l'Afghanistan, oggi, il principale ostacolo a. rapporti più sereni fra Mosca e l'Islam. Ma non il solo: il mondo islamico male sopporta il sostegno del Cremlino all'etiope Menghistu, accusato di massacrare con armi sovietiche i musulmani eritrei e di tentare lo smembramento della Somalia; né piacciono 1 legami del Cremlino con lo Yemen del Sud, unico Paese arabo a regime marxista, protagonista di sporadici scontri di confine con l'Arabia Saudita. Sono questioni di politicai internazionale, ma sempre legate al rapporto interno fra il Cremlino e la sua comunità musulmana. Le pressioni esterne affinché si conceda 'maggiore libertà al fratelli in Urss» tendono ad accentuarsi. SI chiede che i musulmani sovietici possano visitare le città sante dell'Islam e a loro volta ricevere ospiti; che sia loro consentito di studiare teologia nei maggiori centri religiosi dall'Islam, e cioè al Cairo, a Qom In Iran, a Najaf in Iraq e a Labore in Pakistan, che siano aperte, nelle Repubbliche musulmane dell'Urss, scuole coraniche, ma anche che sia-i no riaperte numerose moschee (chiuse e in qualche caso anche distrutte, soprattutto negli anni di Kruscev), in breve che si metta fine alla *discriminaeione sovietica contro i veri credenti». ' Il nome di Aliev (ma forse sarebbe più opportuno in questo contesto parlare di Oejdar Ali Rza Ogly), balza nuovamente in primo plano. E' lui, Infatti, a sostenere che islamismo e leninismo sono uniti 'dalle stesse preoccupazioni per la giustizia e l'eguaglianza» ; e lo afferma nel solco di una tradizione del partito mussawat (dell'eguaglianza) azerbaiglano, quello che negli Anni Venti lastricò la via del dominio bolscevico. Amir Taherl, studioso islamico, sostiene che Allev può aggiornare quel principio, spingendo i fondamentalisti a mobilitare le masse, In nome del-: la religione, in una «guerra. santa contro l'imperialismo\ occidentale». Non tutti però condividono in Urss, quella convinzione Nihat Radzhabov, uno scrit-| tore dell'Uzbekistan, denuncia per esempio (su linee «afghane») i pericoli di «un'alleanza opportunistica con reazionari fanatici». E in Kirghizia si è svolto recentemente un dibattito sui metodi per combattere 'quei briganti che, sotto il manto della religione, cercano di allontanare le masse lavoratrici dal socialismo». Due anni fa 11 successore di Aliev alla guida del Kgb in Azerbaigian dichiarò che l'Occidente si serve dell'Islam per destabilizzare i musulmani sovietici, incitando taluni «elementi ostili» a compiere «atti antisociali». Fabio Galvano Il cavallo, un sistema di vita nelle steppe dell'Asia Orientale - La recente, vertiginosa ascesa al potere di Aliev è una sorta di rivalsa delle popolazioni musulmane dell'Unione Sovietica - Forse è l'occasione ideale perché il governo di Mosca migliori i suoi rapporti con l'Islam (Foto Team)