le opinioni

le opinioni le opinioni Il boia e l'endovenosa di FRANCESCO BARONE Ilo discusso con due amici la notizia che in una prigione del Texas Charles Brooks, condannato a morte per omiciI dio, è stato giustiziato mediante un'iniej zione endovenosa di pentotal sodico. E ; mi sono trovato in una situazione para! dossale. Uno di essi manifestava viva rcj pulsione per questa tecnica escogitata dalj la società tecnologica per estirpare da sé fli individui nocivi, e ch'egli ritiene «orriile», nonostante la manifesta asettica mancanza di truculenza. L'altro, invece, apprezzava il modo semplice e pulito per far passare, senza dolore, il condannato dal sonno graduale alla morte. La cosa strana, tuttavia, sta nel fatto che l'amico «disgustato» mi è noto rome difensore, almeno dal punto di vista logico, della pena di morte, mentre il secondo, che so incline ad assommare ragioni contro tale pena, mi veniva ora fuori con l'apprezzamento dell'estensione al campo penale dell'eutanasia usata per evitare sofferenze a cani e gatti incurabili. E' ragionevole partire dal presupposto che la pena capitale va abolita, perché nega il valore d'esistenza d'ogni individuo, e tuttavia concludere che è opportuno, nei Pjesi ove essa sussiste, che ven^ applicata procurando al condannato il minimo di sofferenze fisiche. Siamo sulla linea di pensiero in cui già si muoveva il buon medico che diede il suo nome alla ghigliottina, come macchina «illuministica» opposta alla «barbarie» dell'esecuzione accompagnata da tormenti. Qui l'umanitarismo è sopattutto difesa del benessere fisico dell'uomo o, alme¬ no, ripulsa di sofferenze inutili ai fini sociali. Ed è ovvio che il mio amico pensi che questa strada porterà infine all'abolizione della pena di morte. In una concezione utilitr-ristica, ove il valore più alto è il «fatto» d'esistere e di evitare il dolore, non solo si giungerà a sostituire anche il pentotal con pene non mortali, ma si elimineranno addirittura le pene afflittive dalla difesa sociale. Non meno ragionevole è però anche l'amico cui ripugna che la «solennità» dell'esecuzione sparisca ora sotto la veste di una pudibonda operazione clinica, la quale riduce il reo a rango di insetto nocivo, che non va «punito» ma «eliminato». Il «rituale» dell'esecuzione non è rivendicato né per sadismo né come esempio deterrente: ha piuttosto il significato di una critica al facile umanitarismo dell'esecuzione indolore. C'è ipocrisia in uno Stato che dica al reo: «Tu non sarai più, così voglio: ma non li farò troppo male». La sofferenza, più angosciante del dolore fisico, è già causata dall'erogazione stessa della pena. Nell'ipocrisia lo Stato perde la sua dignità; e la toglie anche al reo condannato. La pena capitale ha senso solo se pretende d'essere centro della restaurazione doverosa di un ordine giuridico e morale violato dal reo, ed a cui lo stesso condannato viene restituito pagando con la sofferenza la colpa compiuta come persona libera. In questa prospettiva il contrasto paradossale tra i due amici diventa meno imbarazzante. Esso non verte tanto sull'uso penale del pentotal, quanto sulla differenza di due visioni dell'uomo: come essere organico o come persona morale.

Persone citate: Charles Brooks

Luoghi citati: Texas