La tavola pitagorica del prof. Fanfani di Ezio Mauro

La tavola pitagorica del prof. Fanfani Nel discorso programmatico, lo «stile fiorito» cede il passo alla concretezza La tavola pitagorica del prof. Fanfani ROMA — «L'ho osservato con attenzione, e Vito ascoltato con cura. Preciso, solido, rigoroso, e in gran forma. Il Fanfani di una volta, insom7rttf. O meglio: il solito Fanfani di sempre». Cosi Alberto Clpellini, vecchio navigatore di Palazzo Madama, oggi precidente dei senatori socialisti, scruta dal suo banco la rentrée del «professore». E come lui, tutti guardano al banco del governo: chiuso nel suo grigio presidenziale, sorridente e cerimonioso, persino un po' impacciato all'inizio, forse ingiallito dai Watt delle lampade tivù, eccolo là Amintore Fanfani, piantato in mezzo alla gran giornata della sua lunga storia democristiana. Che sia un gran giorno, per il professore, lo dice la cronaca, fin dalle otto del mattino. E' a quell'ora che Fanfani è uscito forse per l'ultima volta dall'appartamento del presidente del Senato a Palazzo Giustiniani (d'ora In poi abiterà a Palazzo Chigi, visto che dopo molti tentennamenti per ragioni di sicurezza ha rinunciato a ritornare nel suo attico di via Platone), e si è diretto verso il Consiglio del ministri, convocato a sorpresa per un'ora insolita: le otto e mezzo. Perché questo appunta¬ mento mattutino? Semplice: per prudenza e per esperienza. Il presidente del Consiglio doveva leggere, almeno a grandi linee, il suo programma al ministri, prima di' presentarlo alle Camere, ma ha preferito farlo all'ultimò momento, per evitare fughe incontrollate di notizie, e per togliere ogni spazio a inutili polemiche, eventuali discussioni, fastidiose trattative su una frase o su un giudizio del lesto che lui stesso ha scritto personalmente, dalla prima parola all'ultima, assemblando promemoria ministeriali (qualcuno gli aveva fatto avere anche quaranta cartelle), appunti personali, interventi specialistici, bozze corrette, cancellale, riscritte mille volte durante la crisi. E adesso che legge il suo discorso, in piedi davanti a quel Senato che ha presieduto per Il anni, si capisce che il testo, senza dubbio, deve averlo scritto proprio lui. Le stimmate della prosa fanfaniana ci sono tutte: l'uso sapiente degli infiniti, 11 ricorso puntuale alla terza persona per parlare di se stesso («/Incarico affidato al presidente del Senato...»), l'abuso di maiuscole, la finta modestia («pur non avendolo desiderato non ho creduto di dovermi sottrarre al nuovo impegno»), il recupero di vecchie formule verbali, come «/'orbe terracqueo», ì'«anno decorso», gli «acconci strumenti». E soprattutto, la fanfanissima cura, rivelatrice, di far precedere ogni volta che si può il sostantivo dall'aggettivo: si va dai -prescelti propositi» ai 'particolari disegni», attraversando la «tormentala arca», con il 'fermo impegno», la «tradizionale attenzione», 1 «similari sforzi». Per realizzare, infine, i «giusti interventi», naturalmente secondo le «giuste attese» del popolo italiano. 11 Fanfani di sempre, dunque, ha ragione Cipellini: ma non del tutto. La prosa è asciugata dalla consapevolezza delle difficoltà del momento, c'è la rinuncia ad ogni compiacimento, il rifiuto di ogni tono leggero, lo scanlonamento da ogni facile certezza, e anche dalle lapidarie sentenze di una volta: dovunque, in tulla la relazione, c'è una ricerca quasi ossessiva di pragmatismo, di concretezza. E in fondo è proprio questa — nel bene e nel male — la chiave di lettura che tutti fanno del discorso di Fanfani. • Un discorso pieno di proposte, secondo lo stile fanfaniano», dice Mariano Rumor. «Concreto, realista», aggiun¬ ge il socialista Fossa. «Misurato, pratico, possibilista», spiega 11 ministro socialdemocratico Nicolazzl. «Ci sono idee, soluzioni, volontà di fare», assicura 11 capogruppo democristiano al Senato, GiorgioDe Giuseppe. -Un'esposizione notarile del programma concordato, niente di piii — ribalte Lucio Magri, segretario del pdup —. E già si stringe il cappio dentro cui il psi ha infilato la sua testa». «Storie: finalmente un discorso chiaro, con un sottofondo della ben nota autorità fanfaniana — conclude convinto il nco presidente del Senato, Tommaso Morlino —. Una relazione concreta, con la linearità di una tavola pitagorica». Giudizi sull'uomo, più che sulla sua politica: ma in fondo ieri, per tutta la mattinata, Palazzo Madama ha vissuto la rentrée di Fanfani come la grande rivincita del padre nobile, richiamato all'improvviso sul posto di comando. Più tardi, ai giudizi su Fanfani si sono aggiunti i giudizi sul governo, e sul futuro: «Un programma brutto e arretrato» per 11 comunista Lucio Libertini; «a metà tra i falchi dell'austerità e le colombe dello sviluppo», per il democristiano Granelli». Ezio Mauro

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