Tutto ciò che la regista Mezzadri non sa del «Tartufo» di Molière

Tutto ciò che la regista Mezzadri non sa del «Tartufo» di Molière Al Carignano un modesto spettacolo con il Centro Teatrale Bresciano Tutto ciò che la regista Mezzadri non sa del «Tartufo» di Molière TORINO — Che modesto spettacolo, che povera cosa, davvero, è il Tartufo, non posso dire di Molière, al massimo da Molière, tradotto e rielaborato (cioè, frettolosamente .rivisitato») e messo in scena dalla regista Mina Mezzadri, per H Centro Teatrale Bresciano, dall'altra sera al Carignano! Armata in pari grado di presunzione e improntitudine, la signora Mezzadri decide (dico .decide», 'perché sii studiosi, in merito, sono assai cauti, nell'assenza di concrete pezze d'appoggio filologiche) di cogliere Molière, anzi monsleur Poquelin, attore, capocomico e drammaturgo, a mezzo della prima stesura in tre atti del Tartuffe, sotto l fulmini di re Luigi Istigato dai dévots, che vi si vedono effigiati, nel loro zelo moralistico e religioso, da una penna troppo severa. Abiura, dunque, Molière al rigorismo del primo progetto, ed eccolo (ipocritamente!) riscrivere il dramma (è la stesura in cinque atti, la sola die possediamo), riscriverlo, relnterpretarlo, ridirlgerlo con l compagni accentuandovi gli aspetti ludico-grotteschi, coinvolgendo Tartufo e i suoi oppositori in una sola scfiemevole comédie-ballet, cosi da attutire il cipiglio dei censori di corte e ottenere il placet reale. Ahinoi, i tempi devono essere duri se siamo, per riprodurre un grande classico, co- stretti a codeste inutili, pretestuose ginnastiche intellettuali! Ma lo sa o no la signora Mezzadri che Tartuf fe è un capolavoro che non tollera riduzioni, perché le sue fonde ambiguità se le cova in seno, tra le pieghe della scrittura, in quella tortuosa retorica del parlare, del por¬ a a ¬ gere, dell'atteggiarsi, financo del sedurre, alla quale nuova .retorica della persuasione» partecipano, certo, Tartufo quanto i suol ospiti: ma non c'è proprio nessun bisogno di estrapolarla a prezzo di fittizie sceneggiature, con quel povero Molière in boccoli e occhiali¬ ni, che riscrive (in proscenio e in piedi!) il suo malcapitato copione? ' Ma lo sa o no la signora Mezzadri che questo dramma, in particolare, questo angoscioso, asfissiante dramma domestico Molière stesso suggeriva che^venisse rappresentato come une tragèdie de chambre, a farne percepire, quasi fisicamente, la claustrofobia e i miasmi? E allora cosa, sta a scomodare, per l'ennesima volta, il solito Enrico Job con la sua solitissima, inutile e pretestuosa scenografia in pendenza, rotante e scomponibile? Ma lo sa o no la signora Mezzadri che ogni copione esige i suoi attori: e questa è una tragedia cui si approda con una compagnia tutta al più alto livello, disposta a un lavoro di snervante penetrazione testuale e a una disciplina di approfondimento interpretativo altrettanto ascetica? No, credo non lo sappia, sennò non avrebbe messo insieme una distribuzione siffatta. Ci asteniamo dal giudicare per correttezza: diamo qui di seguito i nomi degli attori, in ordine di locandina: Jacques Semas (Orgonc), Paola Pitagora (Elmira), Paolo Bessegato (Tartufo) e, nel ruoli restanti, la Germano, la Paganini, la Pantl, il Cosenza, il Marelli, il Balbi, il Demma. Guido Davico Bonino Paolo Besegato e Jacques Semas in una scena del «Tartufo»

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