Arriva il mostro che fa tenerezza di Stefano Reggiani

Arriva il mostro che fa tenerezza ESCE OGGI IN ITALIA «E.T. L'EXTRATERRESTRE», FILM-EVENTO DI SPIELBERG Arriva il mostro che fa tenerezza E' bruttissimo, goffo, dotato di una intelligenza superiore, venuto dallo spazio - Protagonista del maggior successo cinematografico degli Stati Uniti, è il simbolo di un mondo «altro», non aggressivo, aperto ai buoni sentimenti e alle fantasie dell'infanzia - Il pupazzo elettronico fabbricato da Rambaldi ha gli occhi di Einstein o di Hemingway Che ocelli grandi hai, e che collo lungo. Che torace ripugnante e che tozze gambine. Ma sei così gentile e timido che sembri bello. Qualcuno dice che E. T. non sta per Extra-Terrestre, significa Estremamente Tenero, Eccezionalmente Trepidante. Arriva il mostro buono, da oggi E T. comincia il suo giro altalia, dopo Milano e Roma toccherà tutte le grandi città e poi le piccole e i paesi, i cineforum, i circoli del cinema, le superstiti sale parrocchiali. Avrà il grande successo che ha ottenuto in America? Susciterà la commozione e la solidarietà istintiva che sono già scattate tra il pubblico inutilmente sofisticato dei festival? Dimostrerà che una vera favola moderna piace agli adulti più ancora che ai bambini? E' probabile. Nel grande giro d'affari, di chiacchiere interessare, di pubblicità indiretta o palese che circonda il film E 7", /'Extra-Terrestre di Steven Spielberg resta fermo un fatto: che si tratta di un'opera eccellente nella sua semplicità, di uno di quei risultati cine¬ matografici capaci d'incidere sul costume e di rispecchiare (e sollecitare) certe inclinazioni collettive. Dopo Pinocchio, E T. è il pupazzo più umano che sia stato inventato e ha il vantaggio di non dover combattere contro la frontiera delle lingue c di non dipendere dalla fantasia sopraffattrice degli illustratori. Non nasce nel villaggio arcaico di Collodi, ma nel villaggio globale del cinema, già bcll'e fatto, goffo e insostituibile, geniale e inoffensivo, non di legno ma di chissà che, un povero extraterrestre abbandonato sulla Terra che cerca soltanto di «telefonate a casa». Quando pensa alla sua creatura, il famoso costruttore italiano Carlo Rambaldi, il tecnico ferrarese che ha reso possibile il progetto di Spielberg dopo che tutti i colleghi americani avevano rinunciato, sospira: «Steven mi chiedeva, né più né meno, di creare il primo attore elettronico». Meglio: gli chiedeva una contraddizione in termini: «Un orrore óe fa tenerezza. Un mostro la cui bruttezza sia corretta e quasi illumi- nata dalle qualità del cuore, da sentimenti, come accadeva al deforme e gentilissimo Elcphant Mann. Ecco, i sentimenti. Il successo di E. T. sta in questa gelosa regione dell'animo che è difficile raggiungere stabilmente e provocare con sincerità, senza i colpi bassi della tradizione. Se E. T. fosse un bluff, un mostriciattolo da tavolino, la gente non farebbe la coda per vederlo. Invece E. T., contagiato dall'infantilità creativa del suo autore, possiede con naturalezza i buoni sentimenti, possiede il meglio degli spiriti da favola, la non aggressività. E T. sbarca una notte da un'astronave con questo semplice messaggio: non sono qui per farvi del male, aiutatemi se potete. Vi porto avventure, speranze di mondi intelligenti, ma non minacce. Vi porto la timidezza del progresso, ma temo che non mi capirete. Sono come un bambino, assomiglio ai giocattoli dei vostri bambini e credo che dovrò affidarmi ai bambini per sperare salvezza, perché essi possiedono il senso dell'amicizia e quello del gioco. Il soggetto sembra puro Disney (dice infatti Spielberg parlando della sua infanzia: «Disney era il mio padrino, la tv era la mia madrina»); ma la grande industria di Disney non avrebbe mai potuto realizzare questo E 7". per un semplice motivo: nel film di Spielberg i sentimenti sono di primo grado, la fantasia infantile non è filtrata dall'intenzione pedagogica degli adulti, non vuole insegnarci espressamente nulla, pur dicendoci tutto. Spielberg è, insieme con Lucas, l'interprete più sugge¬ stivo e credibile di una fantascienza positiva che non punisce le speranze. E' come se dicesse: v'invito a cercare quel sentimento di fiducia che nasce nei bambini dal confronto tra la propria ingenua onnipotenza e la voglia di essere protetti, tra avventura e sicurezza. Sognare di avere un amico come E. T. in qualche parte dell'universo (in qualche parte di noi stessi) è una soluzione favolosa al rebus della maturità, alla dissociazione adulta tra sicurezza e avventura, tra aggressività e paura. Si capisce che un mostro buono rompe negli adulti anche la cultura del sospetto. La famosa domanda: «Dareste vostra figlia in sposa a un mostro come E. T.?», ha una risposta conciliante, cosmologica: «5/, certamente, perché no.'». D'altra parte il cammino di Spielberg verso il mostro buono non è mica incominciato adesso ed è stato naturalmente contrastato dai vistosi fantasmi del-male (Lo squalo, Poltergeist). I piccoli geni, gli omuncoli che s'affacciavano esitanti alla porta dell'astronave negli Incontri ravvicinati del terzo tipo erano l'annuncio un poco cifrato e misterioso di E. T. Presi insieme erano un popolo di embrioni privilegiati, di feti geniali, ma presi uno per uno potevano essere soltanto delle creature da proteggere e da amare. Si racconta che l'idea venne a Spielberg durante la lavorazione assai faticosa dei Predatori dell'Arca perduta. Per distrarsi chiese alla sceneggiatrice Melissa Mathison: «Scriveresti la storia di un extraterrestre abbandonato sulla Terra?». E Melissa, che odia la fantascien za, fu tuttavia conquistata da quell'aggettivo, da quella situazione: abbandonato. Si trattava di far scendere idealmente dalla sontuosa astronave degli Incontri un piccolo genio indifeso, un compagno di giochi per gli unici «uomini di buona volontà», i bambini. Così anche le fantasticherie infantili di Spielberg, già abbondantemente remunerate nei film precedenti, trovavano la loro glorificazione più semplice e diretta. Cosi lo sguardo basso, gli spazi alterati delle favole diventavano improvvisamente merce preziosa per l'immaginazione adulta. In fuga Nella prima scena del film l'atterraggio dell'astronave è intravisto, la fuga precipitosa appena intuita, la solitudine affannata di E. T. tra i cespugli solo udita, e il capo dei poliziotti, il rappresentante dei nemici, è visto dalla cintura in giù come nelle storie di Di-' sney. Ma quando E. T. raggiunge trafelato il capanno degli attrezzi di una villetta alla periferia della città, quando uno dei tre bambini che abitano la casa lo scopre, la scena acquista le sue giuste proporzioni. Tra ragazzini e E. T. si giocherà la lunga partita della salvezza contro la curiosità degli adulti e le pretese della scienza. Una luce Al Festival di Cannes, alla Mostra di Venezia, anche le persone più tetragone si scioglievano in una buona commozione ai punti salienti: E. T. che si finge un giocattolo per sfuggire all'ispezione della madre dei ragazzini, E. T. che utilizza i rudimentali aggeggi elettronici dell'epoca terrestre, E. T. che muore perché gli manca l'aria del suo pianeta, E. T. resuscitato dall'affetto dei suoi piccoli amici, E T. portato in bicicletta ver¬ so l'astronave salvatrice, E T. che fa sollevare in volo tutti i suoi amici ciclisti per superare i posti di blocco degli adulti. E poi, il dito di E. T. brutto e lungo, con una lucina portentosa sul polpastrello, che la pubblicità, mettendolo a confronto col dito del bambino, ha quasi assimilato al dito divino nella Cappella Sistina. Per forza, adesso che E. T. è arrivato c'è anche il gioco delle somiglianze e delle ascendenze, non tutte così ambiziose, qualcuna autorizzata. Per esempio, la somiglianza con Einstein («Lo staso sguardo ironico») o con Hemingway, o con lo stesso Spielberg da piccolo, o con Età Beta di Disney o col Bibcmdum della Michelin o con Bette Davis o con Audrey Hepburn. Ma è sempre il carattere che distingue E. T. dagli altri mostri, da Alien, dalla «Cosa», dagli ultracorpi: egli non porta minaccia e sospetto, reca timidezza e uguaglianza. Stefano Reggiani Steven Spielberg E.T. la creatura venuta dagli spari. L'ha costruita lo specialista italiano Rambaldi

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