Quel cuore è costato 230 miliardi

Quel cuore è costato 230 miliardi Per la scienza americana il trapianto di Salt Lake City è il culmine di 30 anni di ricerca Quel cuore è costato 230 miliardi L'avventura di Barney Clark, il dentista affetto da miocardiopatia, s'inizia tre mesi fa quando all'università dello Utah conosce Devries e Jarvik - Ricevute le prime cure, autorizza l'intervento che «può accorciargli la vita» - Di fronte al nuovo miracolo della chirurgia, l'America si spacca in due: per alcuni l'intervento è troppo costoso, per altri è disumanizzante • Tra due mesi un altro innesto DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — La storia del primo trapianto ài un cuore artificiale incomincia tre mesi fa, quando Barney Clark visita la facoltà di medicina dell'università dello Utah. Da tre anni, Clark, che è nato a Salt Lake City dove ha numerosi parenti, è sotto cura presso due insigni cardiologi di Seattle, la città in cui si è trasferito, Terence Block e Jeffrey Anderson. Ha subito tre infarti e soffre di cardiomiopatia (indebolimento irreversibile del muscolo cardiaco). L'effeto del male è di inondare progressivamente i polmoni e di pompare sempre meno il sangue. I farmaci che gli sono stati somministrati non servono più, Barney Clark è destinato a morire. L'Ipotesi del trapianto di un cuore umano è irrealizzabile: a causa della scarsità di donatori, esso è consentito per legge solo a chi ha meno di 50 anni. Nel caso di Clark, le analisi di laboratorio danno Inoltre per certa una crisi di rigetto. E' a questo punto che l'ammalato chiede a Robert Jarvik e a William Devrles se sono pronti a trapiantare un cuore artificiale. Come loro, Clark è un uomo di scienza. Il male non gli consente più di praticare, ma ha fatto il dentista per oltre 30 anni, e ha una fede illimitata nella tecnologia. Jarvik e Devries rispondono di si. Nel laboratorio della facoltà di medicina, numerosi esemplari di cuori di plastica pulsano da alcuni anni. Un vitello, chiamato Lord Tennyson, è sopravvissuto con uno di essi nove mesi, una pecora sei. Barney Clark viene porta- to a visitarli, incontra anche il rettore dell'università, Chase Peterson, il direttore del reparto per la fabbricazione di organi artificiali Wllhem Kollf, gli altri membri dell'equipe medica che lo opereranno. Si fissa la data, 11 2 dicembre, perché certamente egli non vivrebbe più a lungo. Il mese successivo, Barney Clark è costretto a mettersi a letto, le forze non lo sorreggono più. Il ricovero in clinica avviene 11 29 novembre. Per due giorni, Jarvik e Devries lo sottopongono a ogni sorta di esami, somministrandogli farmaci potenti per rendere «più libera possibile la circolazione sanguigna, rafforzargli i reni e assicurargli la continuità delle funzioni organiche» compromesse dalla malattia. Barney Clark firma un documento in cui conferma di sapere che «non solo il trapianto di un cuore artificiale potrebbe non prolungare la mia vita, ma al contrario potrebbe accorciarla». La sera del primo dicembre, 11 paziente ha una grave caduta. L'intervento chirurgico deve essere anticipato di 10 ore. Nelle parole di Peterson, egli si avvia verso la sala operatoria -come Cristoforo Colombo verso il nuovo mordo-. Lo storico Intervento rappresenta per la scienza americana 11 culmine di 30 anni di ricerche e di un investimento complessivo di 161 milioni di dollari, circa 230 miliardi di lire, una cifra astronomica. L'Istituto Nazionale della Sanità ha datò all'università dello Utah 7 milioni e mezzo di dollari, e altrettanto generose sono risultate le donazioni private. Il primo cuore artificiale, allora definito meccanico, è stato costruito nel '52 dall'ingegnere Frank Drill della General Motors: è servito a tenere In vita un paziente per 50 minuti, durante un'operazione di by-pass. Oli esperi menti più Importanti col cuore di plastica 11 compiono su alcuni cani il dottor Kollf e il dottor Akutzu della clinica di Cleveland nel '57: le bestie so¬ pravvivono solo qualche ora. Robert Jarvik s'inserisce In questo campo nel '72. Cinque volte egli cambia l'organo artificiale che ha subito disegnato su ispirazione di Kolf f e nel frattempo, a Houston, il grande chirurgo Denton Cooley ne collauda due per conto suo. Oli servono per 64 ore e 65 ore rispettivamente, per due pazienti in attesa di un cuore umano. Ma i pazienti, una volta che lo hanno ottenuto, muoiono nel giro di pochi giorni per una crisi di rigetto. La facoltà di medicina dell'Università dello Utah non si scoraggia per questi precedenti. Il cuore di plastica (e di alluminio e di graffite) non espone il paziente a pericolo, non contenendo tessuti naturali. Presenta altri problemi di carattere diverso, ma essi non appaiono insormontabili. Grosso modo, i principali problemi sono i seguenti. Il malato deve essere di notevole corporatura, a causa delle dimensioni del muscolo cardiaco artificiale, analogo a due pugni, e pesante poco meno di un chilo, e a causa dei due tubi di circa 2 metri ciascuno collefe-tii al compressore d'aria esterno, paragonabile a un robusto apparecchio televisivo. Barney Clark, che è alto quasi due metri, pesante quasi 100 chili, e possiede una terribile forza di volontà, risponde a tutti questi requisiti. L'equipe medica che lo ha sotto i ferri è convinta di aver scelto il soggetto migliore. Jarvik e Devries sono coscienti degli ostacoli e delle critiche cui vanno incontro, ma sono certi anche delle loro scoperte e della loro tecnica. Circa 10 mila persone muoiono ogni anno negli Stati Uniti per malattie di cuore incurabili e al massimo i donatori disponibili sono 5000. Dicono i due medici che per il 1990 il cuore artificiale sarà quasi perfetto e nel 2000 fino a 50 mila pazienti annui si gioveranno del muscolo cardiaco di plastica. Di fronte a questo miracolo della scienza, l'America si spacca in due. Chi si oppone, muove due obiezioni di tondo. La prima, di natura morale, scaturisce dalla previsione dell'ufficio i tecnologico del Congresso a Washington, che allo stadio attuale del suo sviluppo il cuore artificiale può durare in media 210 giorni. Barney Clark, l'altro paziente che lo seguirà tra due mesi (l'annuncio è di Kolff), quelli successivi, non fanno da cavie, non vengono disumanizzati? La seconda obiezione, di natura economica, nasce dal costi che l'operazione chirurgica comporta: sino a 75 mila dollari, quasi 110 milioni di lire, più 8000 dollari all'anno per le cure. Non sarebbe meglio investire i miliardi di dollari necessari nella prevenzione del male di cuore? Ma i sostenitori del miracolo, tra 1 quali Cooley e l'altro grande cardiochirurgo De Bakey, ribattono che, se queste argomentazioni fossero state accettate trenta, venti anni fa, non avrebbero mai avuto luogo 1 trapianti, né di cuori umani, né di reni, né di altri organi. Chi scrive, parecchi anni fa incontrò a Mosca un famoso chirurgo. Vladimir Demichov, che fin da prima della seconda guerra mondiale aveva tentato trapianti su animali, anche di teste. Demichov anticipava un mondo in cui le banche di organi umani e lé fabbriche di organi artificiali avrebbero prolungato la durata della vita -fino a 150-200 anni-. Pareva la profezia di un folle. Ma la chirurgia americana è adesso alle soglie di un mondo del genere, sebbene tanta longevità rimanga impossibile. La verifica sta nelle statistiche: ogni anno vengono trapiantati 5000 reni, 15 mila cornee, 100 cuori, 20 fegati, un numero imprecisato di midolli ossei, qualche pancreas. Ha destato sensazione, per la sua concomitanza con l'intervento su Barney Clark, il trapianto del blocco cuore e dei due polmoni compiuto il 23 novembre a Houston, nel Texas, su un paziente che rimane anonimo, un uomo di 41 anni. Il donatore è stato un ragazzo di 19 anni morto In un incidente automobilistico. Il paziente è ancora in ospedale, ma è già in grado di parlare, e si sta riprendendo rapidamente. Questa operazione non costituisce più una rarità. E' viva e lavora. Infatti, dopo di essa, a Mesa, in Arizona, una donna di 45 anni, Mary Gohlke, che stava per morire di una Ipertensione polmonare che le aveva minato irrimediabilmente i bronchi e 11 muscolo cardiaco. Se un limite c'è, esso è quello del trapianto del cervello, che appartiene non a al presente, ma al futuro. Ennio Caretto Robert Jnrvik, l'inventore del cuore artifìciale