A Budapest in rivolta anche una vena di antisemitismo?

A Budapest in rivolta anche una vena di antisemitismo? La tesi di Irving sull'Ungheria del '56 A Budapest in rivolta anche una vena di antisemitismo? FORSE nessuno finora aveva scavato la tragedia ungherese del 1956 come David Irving. Lo storico'Inglese,, noto per 1 suoi libri sulla Seconda guerra mondiale, ha dato la caccia per anni a testimoni e protagonisti dell'Insurrezione, negli Stati Uniti, in Europa, nella stessa Ungheria. E' stato favorito nel suo compito dalla relativa «liberalizzazione» di questi ultimi anni anni seguenti, fu l'autore intransigente della repressione, fedele esecutore della volontà sovietica, dopo l'Intervento diretto dell'Armata Rossa che stroncò l'insurrezione. Irving non ha indulgenze nel confronti di nessuno, ridimensiona i miti creati intorno a tanti personaggi, Imre Nagy In testa, che in Occidente diventarono il simbolo della «lotta per la libertà» del popolo ungherese. Non è la spontanea rivolta degli ungheresi ad essere messa in discussione, ma la sua assenza di veri leader: tutta l'indagine 41 Irving sembra dimostrare che l'Insurrezione popolare, che si spezzettò in tanti episodi di ferocia e di brutalità, condannò fin dalle prime ore 11 tentativo di demolire 11 passato.di Rakosi. Non ci fu vittoria della ragione e della libertà su un regime che tra tutti quelli comunisti imposti dall'occupazione sovietica era stato in cyeql anni forse il più oscut. roe sanguinario. Alla grande manifestazione del 23 ottobre '56, che scatenerà l'insurrezione, la cronaca-inchiesta di Irving arriva attraverso oltre 160 pagine sull'era Rakosl, che per molti risvolti, sempre appoggiati a documentazione di varia fonte (anche del dipartimento di Stato americano e della Cla), costituiscono la chiave per capire le tesi di Irving sul '56. In questa prima parte, In questo «lungo viaggio attraverso lo stalinismo» Rakosl e la sua cricca brillano di luce particolarmente sinistra, ma anche molti protagonisti della svolta ' del '56 vi figurano quasi sempre come fedeli servitori del regime totalitario, ossequienti al verbo staliniano. Non che tutti fossero «rakoslani». Al contrario, pur all'interno del partito, questi uomini furono sempre in contrasto con l'uomo di fiducia di Mosca. Il motivo? Irving propone . una tesi che certamente 6 ' emersa dàlie sue Indàgini, ma che appare spesso, anche perché insistita, sorprendente e inquietante: Rakosl. Gero, tutti gli esponenti più duri, e più. loschi, del regime poliziesco che portò gli ungheresi all'esasperazione erano ebrei; ai non ebrei Rakosi (che era stato «allievo» e collaboratore di Bela Kun, anch'egil ebreo, sanguinario dittatore del '19) non concedeva spazio. Di qui l'insanabile dissidio con Nagy e con altri militanti del partito comunista ungherese che pure avevano condiviso con Rakosl gli anni di esilio moscovita. Di qui, sempre secondo Irving, il carattere anche antisemita che ebbe l'opposizione sotterranea a Rakosl e poi la stessa insurrezione del '56. Antisemitismo, afferma l'autore, che coinvolse paradossalmente anche alcuni ebrei che non facevano parte della grande «mafia» di Rakosi. Sono aspetti che occorre tenere ben presenti per capire l'interpretazione che Irving propone sui retroscena e gli antefatti dell'insurrezione. Poi, dopo 11 23 ottobre, e la consegna indiscriminata delle armi alla popolazione, la rivolta prende la mano ai leader, che sono pur sempre uomini del partito comunista. Non c'è 11 tempo, nel pochi giorni di grande ubriacatura di libertà è di vendetta, per fare emergere altri capi. Imre Nagy è trascinato a furor di popolo oltre le sue intenzioni, la liberazio¬ ne del Cardinal Mindszenty porta ad un sussulto che è scopertamente reazionario. E' anche troppo facile per i sovietici parlare di ritorno al «Terrore bianco» del tempi di Horthy, per legittimare 11 loro Intervento. Che di legittimo, ovviamente, non ha nulla, è semplicemente l'esercizio d'un «diritto Imperiale» da parte sovietica, autorizzato implicitamente da Yalta Il Prova è che l'Occidente S assiste impotente alla traS gédla ungherese e si preoccupa invece delle reazioni sovietiche all'avventura anglo-francese di Suez. Invano coloro che fino all'ultimo cercano di far barriera ai carri armati del gene-, rale Grebennljk sperano nella promessa di Eisenhower, appena rieletto presidente degU Stati Uniti, e del segretario di Stato Poster Dulles: 'Libereremo i popoli schiavi di regimi totalitari: La tragedia si consuma tutta nel vecchi, torbidi meandri della repressione interna. Cala il sipàrio tra l'Ungheria e l'Occidente, chi ancora può fugge, ma è la sorte di pochi. Per Nagy, Maleter e tanti altri è già pronta la forca. Poi Radar • cercherà di far dimenticare insurrezione e repressione, ma questa è storia di vent'annl dopo. Gianfranco Romanellò David Irving, «Ungheria 1958. La rivolta di Budapest», Mondadori, 476 pagine, 18.000 lire. o? Rakosi