Maccari: scherzo per non fare il moralista di Mino Maccari

Maccari: scherzo per non fare il moralista Incontro con un protagonista della satira Maccari: scherzo per non fare il moralista Mino Maccarl, artista, scrittore, giornalista, militante da sessant'anni ha attraversato tutti I movimenti artistici e letterari del Novecento. Direttore del «Selvàggio», dal 1924 al '43, è stato il protagonista delle battaglie di «Strapaese» contro la «Stracittà» di Bohtempelll; nel dopoguerra ha diretto •L'antipatico», con Italo Cremona e ha consegnato settimanalmente le sue vignette satiriche al «Mondo» di Pannunzio. A" fine mése Mino Maccarl finisce gli ottantaquattro anni. E, l'occhio di carbone vispo, la recitazione inesauribile, uh gran daffare di lavoro, se ne sta ancora in Versilia, nella casa del Clnquale. prima di scendere a svernare a Roma. I colori, attorno, sono adesso quelli della sua tavolozza: colori saggi, complicati, dopotutto anche molto malinconici. I villeggianti finalmente se ne sono andati. E sull'arenile ■ passano t pastori, r«h«sparlanò»ruijlma- vectehlo toscano'alla vi ani. la loro lingua da «vàgeri». da Uberi vagabondi. — Maccarl. mi hanno chiesto di Intervistarla. «Vada via, mascalzone. Vada via, vada a donne invece, al diavolo, a rubare. Mi prende per Garibaldi? Ma chi l'ha'mal conosciuta, lei?». — Ma, Maccarl... •Vada a comperarmi dei francobolli, piuttòsto. Cinque da trecentocinquanta, che non esistono. E lo sa che io sono stato caporedattore de "La Stampa"? Malaparte mi chiamò a Torino, e poi mi nominò. Eravamo quattro o cinque, in via Pietro Micca. Passavo gli interni, ero bravissimo. Da agenzie lunghe cosi, cavavo tre righe. Tanto, eran bischerate; anche se non come 1 giornali di adesso che ci promettono ogni giorno la catastrofe. CI sono stato anni, a Torino, gli Anni Trenta». — Già, questi famosi Anni Trenta. Son molto in voga, oggi. Ma com'erano, . secondo lei? «Anni pieni, anni vivi. Certo, magari si era un po' sotto l'influènza della Francia. Ma erano anni di invenzione, di Javoro. Non c'erano mica, allora, questi Benito Oliva, questi critici o scrittori qui., Certo, c'era anche scarto: .in un parto ci ha da essere tutto, sangue, grida, altra roba. Ma non eran mica gli anni striminziti di adesso. E poi dentro si era uomini Uberi, e si faceva molto anche fuori. Anche la caricatura di Mussolini, le prese in giro di Starare. Quando se la prese con gii italiani "ancora dediti al lei", lo battezzai "Dedito": e mi mandò un bigliettino per ringraziarmi. Ci si divertiva». — SI, ma adesso non si esagera un poco, con le rivalutazioni? Guardi il caso di Bottai, per esempio. «Bottai? Era un postdannunzlano. Lui. di autentico, aveva questa gran cotta personale per il Duce. Ma per il resto era un letterato mediocre, confuso, e mentalmente molto ambiguo. Come il Malaparte quando cominciò a diventare mondano, a frequentare ambienti. Non erano nemmeno del fascisti, questi, proprio cosi come i Mlssiroll non erano davvero degli antifascisti. Corruttori, corrotti, poco chiari, pericolosi. Certi finirono anche peggio, come llPavolini». — Complimenti a Starace, Insomma, cretino sincero. Senta, a proposito di satira politica, come andiamo oggi che si può far tutto? A me pare, all'ingrosso, che il risultato sia Inversamente proporzionale. Le guarda le pagine satiriche di qualche giornate? «Ma c'è troppa roba. Battute sceme, disegno inesistente. Roba da prima della guerra. Forse nemmeno. Non sono disegnatori, non ce n'è proprio. Ci sono vignette, battute — esclusi i pochi — senza stile. Tra vignetta e disegno è un'altra cosa; un affare di linea, di classe. Disegnatori ce n'è invece nei fumetti, la c'è davvero qualcuno». — Ma chi, per esempio? «Ce n'è. ce n'è. Ma, insomma, oramai gli è tutto cosi. Ci si deve accontentare. Ma non vorrà mica farmi fare dei discorsi da "maestro", del moralismo sul tempi? Io ho sempre scherzato, e scherzo, per non fare 11 moralista. Ma cosa vuole, Insomma, vada via. Chi mi ha presentato questo individuo?». — Ma ci si conosce da trent'anni. E la pittura, che dice? «Io dico che bisogna scoraggiare 1 giovani dalla pittura. La prendono per una fabbrica di soldi, subito vogliono 1 soldi. Poi trovano dei critici cosi. "Busoni", diceva Morandl, "qual lé l'è un busàn". Non era mica un angelo, Morandi. Ma insomma, cosa vuol farmi fare? Scherzare, bisogna, tanto che serve?». — Ma come, Maccari, se c'è perfino il ritorno alla natura, la riscoperta ecologica, Il trionfo postumo di «Strapaese»? •Ah si? Guardi un poco le case che si costruiscono. Non c'è più neanche 11 tetto. CI sono del cosi rotondi, come mezze botti. Un paesaggio come quello toscano, basta una casa sbagliata ed è fottuto tutto. Ma sa com'è: il padre ha la macchina, il figlio ha la macchina, il nonno ha la macchina. Cosi dilagano, e rovinano tutto». Arriva qualcuno, adesso, con l'ultimo numero di una rivista dove c'è un articolo su Maccari con delle fóto straordinarie. Maccari che finge di pettinarsi, e sembra una caricatura della celebre mèche napoleonica di Giulio De Benedetti. E Maccari col cappottone, il berretto a tubo di stufa e il frustino, da allievo ufficiale. «Olà, è Ciriè, 1917. artiglieria da campagna. E si andava subito al fronte. "Aspirante cadavere", ci chiamavano. Ma l'altra, guardi che bel ragazzo. La voglio mandare a tutte e dire: guardate cosa vi siete persi. Compro l'edizione, metto su un banchetto al Forte questa estate, e le distribuisco. Guardate che bell'uomo che avrei potuto essere». Com'è oggi la vita di Maccari? Lavora. E ci si diverte. La sua è quella generazione che non ha saputo che lavorare con serietà, e con foga, e soprattutto con scrupolo. Adesso ha illustrato — per un personaggio straordinario che stampa da solo le proprie edizioni numerate e abita in provincia di Asti — una serie di sonetti «licenziosi» dell'Aretino. E ad Asti gli hanno organizzata una mostra attorno al fogli con le acquetarti .del libro, e lo han pòi festeggiato a Candii: tutti a chiedergli un disegno e lui ad accontentare tutti. «Cosa dice», chiede, «pesa più la parola o 11 disegno? Io credo la parola. Mica ho illustrato Aretino. Il mio è un balletto sul testo, una danza. La eh air est triste, hélas». Ecco, lo stile, il disegnare, per i «vecchi» come Maccari, era questo. E un altro gran pacco di disegni sarà in mostra nel prossimi giorni a Lucca. LI aveva dati a un ricco «patron» veneto; e gli eredi, dopo morto, li han venduti subito. Andranno dispersi, e Maccari, nel catalogo, ha educatamente voluto ricordare a chi appartenevano. Dati per amicizia. E gli altri, a farci milioni. Maccari non lo racconta, questo. E' come sempre generoso anche senza chiedersi verso chi. pronto a regalare, pronto a dire di si al trattore, al visitatore, all'amico, all'amico dell'amico. «Magari, se li rivendono subito dopo. Per cento lire», gli scappa detto a mezza voce. Ma con ironia triste e paziente, di quella di una volta, che era fatta di una gran educazione, di una gran generosa tolleranza umana. E ci sono, poi, oramai ottantaquattro anni di saggezza accumulata sul giovane teppista senese ambizioso e caloroso ma che anche li, partendo per la marcia su Roma gridava «O Roma od Orte»: e scese ad Otte, difatti, col fiasco e gli amici migliori. 'E mica per fifa, o snobismo, o tepidezza. Figuriamoci, soprattutto allora. Ma per Maccari c'è un punto: che l'entusiasmo non ha da passare il buonsenso, il buongoverno, la civiltà, lo «stile». E allora ecco che lo capovolge, o camuffa, lo disegna insomma come ironia. E poi, marcia su Roma, ma con In tasca il suo Montaigne, e magari Verlalne. Non è mai stato. Maccari, un «carclofino sott'olio», come diceva di entrambi il Longanesi. Questa era — con la malchiusa ferita della piccola statura — una aggressione-autodifesa del romagnolo. Mentre l'ironia toscana è ben più sottile: non si scoprirebbe mai tanto. «Sa. non ho più con chi parlare, dopo morto Flaiano. Era l'ultimo col quale si poteva parlare. Roma, le notti, si sono spente». Buon compleanno. Mino Maccari. Davvero con tanto affetto..... Claudio SavonuzTl Un autoritratto di Mino Maccarl