Un futuro nel nome di Romolo Valli

Un futuro nel nome di Romolo Valli Convegno a Reggio Emilia sulla conservazione e il restauro dei teatri Un futuro nel nome di Romolo Valli Al dibattito partecipano Luca Ronconi, Gae Aulenti e il cecoslovacco Josef Svoboda REGGIO EMILIA — E' in pieno svolgimento, nello splendido (per il fasto e per l'ottima conservazione) Ridotto del Teatro municipale di-Reggio Emilia, ora intitolato alla memoria di un attore reggiano immaturamente scomparso, Romolo Valli, un convegno, unico nel suo genere e di eccezionale importanza, cui hanno aderito studiosi, registi, scenografi, operatori teatrali di tutta Europa. Si intitola Antico Teatro e Nuova tecnica e si prefigge dì fare il punto, a tutti 1 livelli, su due problemi convergenti: la conservazione e 11 restauro degli edifici teatrali antichi e la loro «messa in uso» oggi, al pieno delle sofisticatissime tecniche luministiche, ottiche, macchinistiche, in una parola scenografiche di cui disponiamo. ; Per capire come il problema non sia meramente specialistico, ma vada inserito nel più vasto dibattito che oggi coinvolge la nostra politica dei bèni culturali, basta visitare la mostra, allestita nello stesso teatro Valli, sui teatri storici in Emilia-Romagna. L'istituto per i Beni culturali della Regione l'ha organizzata dopo aver portato a termine il censimento' dei teatri esistenti nel suo territorio. L'indagine ha condotto alla individuazione di oltre settanta edifici teatrali. Alcuni sono pienamente attivi, altri risultano sottoutilizzati, altri decisamente in disuso: e sona questi ultimi, il venti per cento del totale (se poi si fosse esteso il sondaggio ai teatri perduti o irrimediabilmente trasformati, in particolare nell'immediato secondo dopoguèr¬ ra, quel settanta teatri sarebbero diventati il doppio). Ma anche restando quelli che sono, pongono ad una amministrazione sensibile come quella emiliana non pochi problemi. Le fotografie, esposte con dovizia di rilevazioni nella mostra, parlano chiaro: a fianco di veri e propri gioielli architettonici (basti citare il Farnese di Parma), molti piccoli teatri, soggetti alla pubblica incuria o vittime degli eventi bellici, abbisognano di delicati interventi di restauro: vere e proprie operazioni chirurgiche, che tuttavia non mirano all'asportazione degli organi, ma alla loro sostituzióne, nel rispetto tuttavia (e questo è 11 problema più delicato) delle originarle caratteristiche. Restaurare un luogo teatrale vuol dire, infatti, cono¬ scerlo e interpretarlo. Un edificio teatrale è lo specchio di una società in un momento storico dato: e inoltre è, nel suo stesso interno, un corpo sociale, destinato ad un duplice ordine di funzioni, l'ospitalità del pubblico (sala, atril, ridotti) e la produzione dello spettacolo (11 palcoscenico, le attrezzerie, le macchine). Rimettere in attività un teatro equivale, perciò, in prima istanza, a storicizzarlo: ricollocarlo, in sostanza, nel suo tempo e capire, daccapo, come e perché, allora, funzionasse. Ma una volta comprese le complesse motivazioni politiche, sociali, culturali che ne- determinarono la nascita, una volta ricostruiti i meccanismi non solo fisici, esteriori, ma (si sarebbe tentati di dire) interiori del suo funzionamento, come si può procedere, ora, a restaurarlo? In altri termini, come si può conciliare un passato remoto col diverso presente, e diverso non solo per le numerose componenti «nuove» che lo attraversano, ma per la ultraraffinata tecnologia di cui è, a un tempo, artefice e vittima? E' il problema affiorato negli Interventi di pubblici amministratori, architetti, direttori di allestimento, light designers, ingegneri di scena (attesi, anche in questo senso, nel pomeriggio di oggi, due «grandi stregoni» italiani, Luca Ronconi e Gae Aulenti, mentre la seduta di stamane ha avuto come presidente il celebre scenografo' cecoslovacco Josef Svoboda): il problema, a coniare una formula di comodo, della attuallzzazlone nella storlcizzazione, che non può essere affrontato se non con molto scrupolo e doverosa cautela. Restaurare e rimettere in funzione una struttura teatrale del passato, per una società come la nostra che è stata maestra al mondo di scenografia e architettura teatrale (quale altro Paese può vantare i Brunelleschi, Leonardo, Bernini, Bibiena, Juvarra, Cantari?), è un dovere politico prima che culturale: ma a patto che la presunzione del presente non sopraffaccia l'orgoglio del passato: e sappiamo tutti quanta presunzione s'annidi, talvolta, nella audace progettualità dei nostri migliori architetti. Guido Davico Bonino II Un modello che riproduce l'originale Teatro Farnese di Parma

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