Così Cabiria cambiò il cinema di Gianni Rondolino
Così Cabiria cambiò il cinema NEL CENTENARIO DI PASTRONE SI RISCOPRE IL SUO «LABORATORIO» Così Cabiria cambiò il cinema Il 18 aprile 1914 La Stampa pubblicò un annuncio pubblicitario di questo tenore: «Teatro Vittorio Emanuele. Questa sera alle 20,45 Cabiria. Visione storica del III secolo avanti Cristo; di Gabriele D'Annunzio, Edita dall'Itala film di Torino. Lo spettacolo s'inizia con l'invocazione a Moloch: Sinfonia del fuoco del Maestro Ildebrando Da Parma. La rimanente musica fu espressamente adattata dal Maestro Manlio Mazza che dirige l'orchestra di 80professori e 70 coristi del Teatro Regio. Baritono il Sig. Giovanni Comune, operatore Giovanni Vigo». Il successo di pubblico e di' critica che accompagnò l'uscita di Cabiria sugli schermi di tutto il mondo—il Moving Picture World scrisse in proposito: «Questo è il giorno dei nuovi maestri. Siamo testimoni 'd'un nuovo stile nella drammaturgia cinematografica» — confermò la validità del progetto, certamente coraggioso, persin temerario, per quei tempi. E fu un successo che determinò, se non proprio una svòlta nella produzione cinematografica, una nuova linea di tendenza, che non va identificata soltanto con la moda del cosiddetto «cinema storico» o, più In generale, con il kolossal. Perché ciò Che ancor oggi sorprende in Cabiria, al di là della paccottiglia storico-romanzesca o della stucchevole letterarietà delle didascalie, è la tecnica, nel più ampio significato del termine, ed è attraverso la conquista di questa tecnica che il cinema raggiunse un proprio autonomo linguaggio. Artefice di questa «svolta» fu, come si sa, Giovanni Pastrone, di cui si è appena fé-: stegglato 11 centenario della nascita con una interessante mostra di documenti allestita nel foyer del Teatro Regio di Torino, e un'ampia retrospettiva organizzata dal Museo Nazionale del Cinema, che comprendeva, oltre Cabiria, alcune comiche di Cretinetti (André Deed), La caduta di Troia (1910), Il fuoco (1915), Tigre reale (1916), Maciste alpino (1916), La guerra e il sogno di Marni (1916) e quell'Emigrante (1915), con Ermete Zacconl, di cui non è affatto certo che Pastrone sia stato il regista. Un gruppo cospicuo di film che consente di entrare nell'officina dell'Itala Film, valutandone e studiandone pregi e difetti, risultati e sconfitte, e soprattutto di cogliere dall'interno quelli che possiamo definire gli esperimenti del «laboratorio cinematografico» di Giovanni Pastrone. Perché una cosa va detta subito: che Pastrone fu certamente un abile produttore, un sagace commerciante, un industriale avveduto; ma in primo luogo un eccellente «sperimentatore», che vide nel cinema il mezzo — da perfezionare continuamente — per dare a un nuovo pubblico un.tipo di spettacolo che 11 vecchio teatro non poteva più fornire. Certamente ■ l'operazione dannunziana di Cabiria, che attribuiva al poeta universalmente noto l'intera paternità dell'opera, fu il risultato di un accorto calcolo commerciale. Ma la sua validità, tecnica ed estetica ad un tempo, va ben al di là dell'assunto. 81 colloca nell'ambito di quella che proprio D'Annunzio, in occasione del lancio pubblicitario di Cabiria, aveva definito «una nuova estetica del movimen¬ to», augurandosi che dal cinematografo «potesse nascere un'arte piacevole il cui elemento essenziale fosse 11 meraviglioso». A ben guardare, non fu Pastrone — che nel 1915 adotterà il nome d'arte di Piero Fosco — a darci il meraviglioso nel cinema, privo com'era, forse, d'una autentica vena fantastica, d'una geniale immaginazione. C'era già stato Georges Méllès con le sue straordinarie fantasmagorie (e naturalmente D'Annunzio non se n'era accorto) e ci sarebbero stati, dopo di lui,'molti altri grandi registi del fantastico. Ma ciò che Pastrone diede, o almeno individuò e sperimentò, fu quella «nuova estetica del movimento» che costituì la base linguistica del cinema come arte. 81 vedano in Cabiria i lenti movimenti del «carrello», l'impercettibile penetrare della cinecamera dentro gli spazi tradizionali della scenografia, l'isolare un volto o un gesto sullo sfondo della folla brulicante. Si osservino in Tigre reale 1 contrasti di luce ottenuti all'interno dell'inquadratura con un abile gioco di plani, o i raccordi narrativi basati su un montaggio di grande scioltezza. O infine si colgano in certe immagini del Fuoco o in certi «trucchi» di Maciste alpino e della Guerra e il sogno di Moml i segni d'una maturità tecnica, che si può identificare, in larga misura, con l'acquisizione degli elementi costitutivi del linguaggio filmico. Sono gli anni della prima guerra mondiale, 1 soli in cui si è esplicata appieno l'attività di Pastrone, che dopo il 1921 abbandonerà definitivamente il cinema. E sono gli anni che videro l'affermarsi d'un Chaplin, d'un Giiffith, d'un Feuillade, d'un SJ6strbm, d'uno Stiller, le cui opere rimangono tra le più significative di quel periodo. Per essi si può parlare d'una poetica personale, di una originale Weltanschauung, che non è certamente applicabile all'eclettico e discontinuo Pastrone, eccellente «produttore» di spettacoli cinematografici, non già poeta o artista (etichetta che, da buon «ragioniere», avrebbe probabilmente rifiutato). E tuttavia fu lui a dare al cinema la nuova dimensione della «spazialità dinamica», a saper coniugare abilmente il tempo e lo spazio dando vita a quella particolare spettacolarità che per molti decenni,' e ancor oggi, costituisce la struttura portante di quello che comunemente si intende per film. Gianni Rondolino
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