Maometto in Europa

Maometto in Europa NUOVI STUDI SULLE INVASIONI ISLAMICHE Maometto in Europa Maometto, cioè l'Isiàm, non è più oggi all'assalto dell'Europa, da quando, giusto tre secoli or sono, le artiglierie di Qara Mustafa Pascià fulminavano invano le mura di Vienna. Da quella fine del Seicento ad oggi, l'Europa ha avuto il tempo e la forza di contrattaccare, di asservire a sé buona parte del mondo musulmano, e di riprenderla poi, nella riscossa del Terzo Mondo. Oggi nemmeno il più acceso nazionalismo arabo o turco si sogna di ritentare l'avventura, né l'Occidente di rinnovare, almeno con le armi, il suo contrattacco; ma la storia di quel lontano passato, dall'alto Medioevo alle soglie dell'età moderna, sollecita del pari l'indagine scientifica e la curiosità del gran pubblico. Tre anni fa, un volume sugli «Arabi in Italia» di più autori ma in cui emergeva il quadro dell'arte araba nella nostra penisola, per la prima volta tracciato da Umberto Scerrato, diede l'avvio a una trattazione divulgativa del tema: e oggi due opere di alto livello editoriale e splendidamente illustrate con titolo quasi identico, han riaffrontato l'affascinante argomento. Tre giovani islamisti (Lo Jacono, Ventura, Carretto) han collaborato a un mondadoriano volume dal titolo appunto di Maometto in Europa; e un altro junior, Gabriele Gcspi, ha da solo curato per la Jaca Book un volume su Gli Arabi' in Europa, che come soggetto differisce dal primo per lasciare fuori il periodo ottomano, tutto concentrandosi sul triplice settore dell'offensiva islamica medievale, condotta essenzialmente dagli Arabi: Bisanzio, Italia e Spagna. Non intendiamo qui recensire le due opere, di cui solo ci sentiamo di poter garantire la scientifica credibilità; ma vogliamo trarne occasione per qualche considerazione sul fenomeno storico che fa loro da sfondo. La rapidità e vastità delle conquiste arabe (e non solo in questa direzione d'Occidente, ma anche nella opposta verso Oriente, cioè l'Asia Centrale e la Cina), è un tema che ha spesso- tentato ed eluso la sagacia degli storici, tanto appare inspiegabile la sproporzione fra gli intenti iniziali, i mezzi adoprati, e i risultati conseguiti. *★ Un popolo semibarbaro dalla rudimentale esperienza e tecnica militare, avvezzo fino allora a scaramucce e razzie predatrici nel deserto, uscito dai suoi confini affronta e batte sul campo gli eserciti di an; tieni e civili imperi: annienta quello persiano, secolare rivale di Grecia e di Roma, strappa famose e fiorenti province a quello bizantino, erede di Roma stessa, dilaga per il Mediterraneo, già mare di Roma e per poco non mutatosi in un «lago arabo», arrivando in mcn che cento anni dal cuore d'Arabia al cuore della Gallia un tempo romana. E, per restare nel comune denominatore dell'Isiàm, anche se non più arabo, sette secoli dopo un altro popolo asiatico islamizzato, il turco, rotolando a valanga giù dall'Asia Centrale in Asia Minore e di qui sull'Europa orientale, dà il colpo di grazia all'agonizzante Bisanzio, e si lancia per terra nella Penisola Balcanica fin sotto Vienna, per mare dall'un capo all'altro del Mediterraneo, scorvongcndolo con la sua guerra da corsa. Al mito della Crociata, medievale tentativo di recuperare alla Cristianità «la grande ingiusta preda» delia sua stessa culla, strappatale dall'Isiàm quattro secoli prima, succede quasi senza soluzione di continuità il problema del «pericolo turco», la difesa e la controffensiva contro una nuova invasione dell'Occidente sotto lo stesso antico segno dell'Isiàm. In questo secondo confronto, i mezzi offensivi degli invasori ortomani erano ben superiori a quelli degli invasori arabi nel Medioevo:, pure, l'accanita difesa dell'Europa cristiana riuscì a fermarli c a ri sospingerli via via indietro verso le loro basi asiatiche. In poco più di un- secolo, il temuto «Gran Turco» divenne cosi l'«uomo malato», di cui la diplomazia europea curava e amministrava l'agonia. Confrontate in termini di storia della civiltà, le due grandi ondate islamiche han lasciato dietro di sé un ben diverso bilancio. Gli arabi in Europa, oltre il .turbine della conquista, portarono progredite formazioni statali, ricchezza di cultura, sorriso d'arte. Con buona pace del grande storico Pirenne, che giudicò la loro intrusione nel Mediterraneo decisiva per la sua frattura dall'antica unità, e grave di conseguenze per l'economia dell'Occidente, la potente immissione dell'elemento arabo fu per questo Occidente un rinvigorimento e arricchimento materiale e spirituale, un tramite di recuperò ■ (oltre l'c< redirà' bizantina) del legato filosofico e 'scientifico deHa Grecità, una nuova fonte di ispirazione e realizzazione nelle arti figurative, che nessuna teoria arabofoba potrà mai se' riamente contestare. L'avventura. della seconda ondata, l'ottomana fu assai meno feconda: con tutte le revisioni e temperamenti di giù dizio che ogni tesi vulgata comporta, la negatività del dominio turco in Europa, e la sua pesante eredità nella moderna storia dell'Europa oricn tale, sono realtà che nessuna parziale revisione ha potuto fi nora sostanzialmente modificare. Alla gran moschea impe riale di Adrianopoli, unico monumento di gran classe lasciato dai Turchi su suolo europeo, si contrappongono i tesori dell'arte moresca d'Africa di Andalusia e di. Sicilia, c quelli della sapiènza greca recuperati per via araba all'Europa da Gherardo di Cremona e dagli altri traduttori di Toledo nel XII e XIII secolo. Quei primi, lontani invasori arabi si erano trovati di fronte la già mezzo orientale Bisanzio e i regni barbarici d'Occidente. Contro la minaccia ottomana, ci. furono non solo le armi ma il pensiero europeo del Rinascimento, la nascente scienza moderna. Non fu solo uno scontro di tecnologie militari, ma di una civiltà in sviluppo contro un possente ma statico rigurgito d'una civiltà in declino. *★ Queste, in nuce, le conclusioni formulabili sul tema di Maometto in Europa. Ma a smorzare ogni facile trionfalismo surgit amari aliquid, la coscienza di ciò che oggi è divenuta questa Europa un tempo vittoriosa, la sua rinunzia non solo (se Dio vuole) alla violenza e sopraffazione sui figli odierni di Maometto, ma alla sua propria unità e dignità, alla materiale e spirituale leadership del mondo. Ad altri il reggere la terra oggi è sortito, e la scomparsa di un grigio sultano iperboreo par commuovere il mondo, cristiano e maomettano' che sia, come potè essere un tempo- per un Carlomagno, un secondo Federico, un Napoleone. Cosa abbia in serbo1 l'avvenire, non è dato antivedere; la rievocazione di quel folgorante passato si conclude, per noi epigoni, nella tristezza. Francesco Gabrieli

Persone citate: Carlomagno, Carretto, Francesco Gabrieli, Gallia, Jacono, Mustafa Pascià, Turchi, Umberto Scerrato, Ventura