«Giusva» Fioravanti racconta in aula l'omicidio di due carabinieri a Padova

«Giusva» Fioravanti racconta in aula l'omicidio di due carabinieri a Padova Il neofascista sorpreso con un complice mentre recuperava armi da un canale «Giusva» Fioravanti racconta in aula l'omicidio di due carabinieri a Padova PADOVA — Alla ottava udienza del processo in corso a Padova per l'uccisione dei carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese. avvenuta nella città veneta la sera del 5 febbraio 1981. è stato finalmente interrogato il principale imputato, Giusva Fioravanti, la cui deposizione era stata più volte rinviata per varie indisposizioni del giovane. Prima di poter sentire Fioravanti, però, stamane la coite d'assise ha dovuto esaminare una serie di istanze ed eccezioni avanzate dai difensori dopo che ieri il pubblico ministero, Vittorio Borraccetti, aveva chiesto di contestare l'aggravante dell'aver agito per finalità di terrorismo ai fratelli Giusva e Cristiano Fioravanti e a Francesca Mambro. In particolare il legale della Mambro, avvocato Cerquetti, ha sostenuto che l'aggravante delle finalità terroristiche crea di fatto una continuazione tra il duplice omicidio di Padova e tutte le altre azioni che vengono contestate al gruppo nei procedimenti su •Fuan» e «Terza posizione» in corso a Roma. Il processo, quindi, dovrebbe essere sospeso e unificato a quelli di Roma. Su queste istanze l'atmosfera in aula si è riscaldata. Il presidente ha sospeso per poco meno di un'ora l'udienza, poi la corte si è ritirata in camera di consiglio ed ha accolto la richiesta del pubblico ministero e della parte civile di respingere le eccezioni non ravvisando la continuità tra i fatti oggetto di procedimento a Roma e 11 duplice omicidio di Padova; per quanto riguarda la modifica del capo di imputazione, invece, la questione sarà riconsiderata in fase di discussione. Sulla fase immediatamente precedente al duplice omicidio di Padova, Giusva non è sceso nei dettagli, ha parlato solo di un sopralluogo effettuato sul posto con Cavatimi e di un viaggio a Mestre per procurare il materiale necessario per il recupero delle armi nel canale scaricatore. Giusva non ha voluto nemmeno fare il nome della terza persona che partecipò all'azione con lui e Francesca Mambro, rifiutandosi di ammettere, -per una questione di etica-, che si trattava del fratello Cristiano. Secondo 11 suo racconto quella sera a recuperare le armi gettate nel canale erano andati in tre, solo più tardi seppe che sull'altro argine c'erano anche Cavallini e Giorgio Vale. Giusva e Francesca Mambro dovevano avere solo un ruolo di copertura rimanendo all'interno dell'automobile, mentre il terzo doveva immergersi. Arrivarono però 1 carabinieri. -Li vidi scendere dall'Alfetta decisi e puntare verso l'acqua, ci avvi- cinammo all'Alfetta e quando vidi uno dei carabinieri tornare e prendere in mano il microfono per chiedere rinforzi compresi che non c'era nulla da fare e gli sparai tre colpi ». L'altro carabiniere — sempre secondo il racconto dell'imputato — aveva già preso per un braccio il «subacqueo» che stava recuperando le armi, ma fu distratto dai colpi e questi riusci a ri tu f farsi in acqua. Tra Giusva e il carabiniere superstite cominciò cosi una fitta sparatoria che si Interruppe solo quando Floravanti, ferito, gridò di volersi arrendere: fu a questo punto che il militare — secondo la deposizione dell'imputato — si chinò per prendere in mano una mltraglletta e «il subao queo» che nel frattempo ave va raccolto la pistola del carabiniere morto, riuscì ad arrivargli alle spalle e a sparargli alla nuca. Il resto è noto: la fuga, il rifugio nell'appartamento di via San Francesco, il forzato abbandono di Giusva ferito chs sarà soccorso più tardi da due inquilini dello stabile i quali daranno anche l'allarme alla polizia.

Luoghi citati: Padova, Roma