Terroristi pentiti condannati alle stesse pene dei compagni di Giuseppe Zaccaria

Terroristi pentiti condannati alle stesse pene dei compagni Una sentenza a Roma infligge un altro duro colpo alla legge che favorisce chi collabora Terroristi pentiti condannati alle stesse pene dei compagni I giudici del processo contro le Unità comuniste combattenti hanno accolto la tesi del pubblico ministero - Condanne da 20 a 30 anni per tentativi di omicidio, rapine e sequestri - Pochi mesi fa a Bergamo una analoga decisione per i pentiti di Prima linea ROMA — Più di Otto giorni in camera di consiglio per una nuova sentenza-scandalo: la seconda corte d'assise di Roma ha concluso ieri il processo contro 1 trentuno imputati delle «Unità comuniste combattenti» con condanne complessive per 518 anni. Nessuna distinzione fra «pentiti» e non: o meglio, nessun imputato considerato meritevole di pene più miti, anche se con le sue rivelazioni aveva contribuito allo smantellamento dell'organizzazione terroristica. A pochi mesi dalla sentenza di Bergamo contro gli uomini di «Prima linea» (anche allora i «pentiti», Michele Viscardi in testa, erano stati condannati alle stesse pene degli altri) questo è il secondo, duro colpo che un tribunale infligge a una legge sollecitata per anni dalla stessa magistratura. Da quella sua parte, almeno, impegnata in prima linea nella lotta al terrorismo. Le reazioni non si sono fatte attendere: se una sentenza, quella di Bergamo, poteva fare eccezione, due cominciano a fare giurisprudenza. E sono in molti a chiedersi ss cominciamo a trovarci di fronte a due magistrature, una che sollecita provvedimenti di legge, l'altra che li svuota, grazie a interpretazioni che certo non rientravano nella logica complessiva del provvedimento. In attesa che la corte d'assise renda nota la motivazione della sentenza, sul percorso logico seguito dai giudici è possibile solo avanzare delle ipotesi. La più probabile è però che i magistrati chiamati a giudicare i terroristi delle «Ucc» (una formazione del «terrorismo diffuso», particolarmente attiva a Roma e nel Lazio fra il 76 ed il "77) abbiano dato particolare rilievo alle caratteristiche che la legge richiedeva perché il «pentimento» fosse ricompensato. Già nello scorso settembre, concludendo la sua requisitoria con dure richieste di condanna, il pubblico ministero Margherita Oerunda aveva sostenuto questa tesi: non può considerarsi «pentito» chi, in aula, aveva fornito notizie di seconda mano, o in qualche caso aveva raccontato -autentiche balte: A questo perù si erano aggiunte considerazioni sulla legge che lasciavano stupefatti. Ieri, la corte d'assise ha dimostrato di averle accolte in pieno. Alle «Unità combattenti comuniste» venivano imputati tre tentativi di omicidio (quelli del funzionario del poligrafico Vittorio Morgera, e dei librai romani Franca Maraldi e Carlo Alfieri), una rapina al «Club Mediterranée» di Nicotera, in Calabria, incursioni nelle sedi di «Radio radicale» e di «Radio città futura». L'impresa più grossa del gruppo avrebbe dovuto consistere nel sequestro del grossista Giuseppe Ambrosio, per il rilascio del quale le «Ucc» avevano chiesto, nel 77, la distribuzione nelle macellerie romane di 710 quintali di carne al prezzo «politico» di 1500 lire al chilo. Ma a far fallire il progetto avevano pensato 1 cara- blnleri, che avevano liberato Ambrosio in una specie di cunicolo, nei pressi dei Colosseo. Accuse, dunque, che poco avevano a che vedere con quelle di cui si discute in altri processi di terrorismo. Eppure 1 due leaders dell'organizzazione, Guglielmo Guglielmi (più noto come «Comancho») ed Andrea Leoni, sono stati condannati a trent'annl. E a venticinque Ina Maria Pecchi, a ventuno i cugini Giampiero e Pietro Bonano, tutte persone, queste ultime, che avevano confessato. Per tutti gli altri, accusati di associazione sovversiva e banda armata, le condanne vanno dal 23 al 9 anni di reclusione. Fra i condannati alle pene più pesanti ci sono Fabrizio Panzieri, lungamente incarcerato anni fa per l'assassinio del missino Mlkls Mantakas, e Paolo Lapponi, già genero dell'onorevole Giacomo Mancini. Solo un imputato, Paolo Oraziani, condannato a sei anni, ha ottenuto la libertà provvisoria, in attesa di un processo di secondo grado che si preannuncla particolarmente ponderoso. Infine, una copia della sentenza è stata trasmessa alla Procura perché inizi altre inchieste contro Andrea Leoni (accusato di insurrezione armata). Maurizio Falessi, Livia Maria Schellel e Carlo Brogi: questi ultimi sono accusati di una rapina di cui si è appreso durante il processo. I difensori hanno immediatamente protestato, parlando di una sentenza che ha attinto a piene mani al principio del concorso morale-. Oggi ne riparleranno in una conferenza stampa. Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Bergamo, Calabria, Lazio, Nicotera, Roma