Una vita tra i carcerati di Ezio Mascarino

Una vita tra i carcerati Incontro con padre Ruggero, da 38 anni cappellano delle «Nuove» Una vita tra i carcerati Nei suoi ricordi, l'immagine della storia nera di Torino, dagli anni bui. in cui le celle erano affollate di perseguitati politici, alla contestazione del '69 - L'esplosione del terrorismo e la piaga della droga - Molte testimonianze inedite Lunedi 6 dicembre, con la consegna di una medaglia d'argento e del diploma di •benemerenza della scuola» la media statale Verga f esteg gera 11 prof. Ruggero Cipolla, per 22 anni docente di religione e di educazione civica. Un impegno — quello dell'insegnamento — a cui il prof. Ci. polla ha dedicato (e dedica) solo una parte della sua intensa giornata. Il resto lo trascorre tra 1 detenuti e i loro famigliari, a seminare parole di conforto e di speranza. Perché il prof. Cipolla è prima di tutto padre Ruggero, fran cescano del convento di via Sant'Antonio da Padova, da 38 anni cappellano alle Nuove. Una vita trascorsa fra sbandati, in mezzo alla gente più disperata. Ma sempre con un sorriso a nascondere la sua angoscia, partecipe alle delusioni di una umanità sofferente. Nei suoi ricordi c'è parte della storia di una città, la nostra Torino. «Sono entrato alle Nuove il 15 novembre '44. Giorni drammatici, metà dell'istituto era requisito dai nazisti. Più di mille i detenuti politici in squallide celle, un po' di paglia a terra». Isola mento totale, nessuno poteva avvicinarli. Padre Ruggero ha raccolto le ultime parole di 28 partigiani condannati a morte. Nomi noti, altri forse dimenticati. Lettera ad un padre. «Casi sconvolgenti, soprattutto quando allo sgomento per la condanna si aggiungeva il dolore nel non essere capiti da chi doveva essere più vicino». Dall'ultima lettera di Alessandro Teagno, un perito agonomo di 23 anni, fucilato il 3 marzo 1945 al Martinetto: • Carissimo papà, sono stato condannato alla pena di morte dal Tribunale militare straordinario. Non ti ho nociuto, ho fatto secondo i tuoi desideri. Non mi serbare rancore, ho avuto una fede diversa dalla tua, ecco tutto. Non devi dispressarmi... Muoio tranquillo, sorridendo, con un ideale puro. Perdono, ti abbraccio». Giorni drammatici poi la Liberazione. 'Tante illusioni, tante speranze, ma la realtà era durissima: fame, miseria, devastazioni. La delinquenza, allora, era diversa: furti, truffe». Eppure, proprio in quei mesi (novembre 1945) ci fu il più tragico delitto di tutti i tempi, una strage, a Villarbasse. L'ultima esecuzione. Dieci persone uccise a randellate in una cascina, i corpi gettati in una cisterna, da quattro rapinatori. Uno, Pietro Lala, mori in un conflitto a fuoco con i carabinieri, gli altri furono arrestati: Giovanni D'Ignoti, Francesco La Barbera, Giovanni Puleo. «Rimasero in carcere otto mesi, per il processo, poi la condanna alla fucilazione. Spavaldi, arroganti quasi fino all'ultimo. L'esecuzione venne fissata per l'alba del 4 marzo 1947». Fu l'ultima sentenza di morte in Italia. Padre Ruggero ricorsa quei momenti: Puleo che gli mormorò «ho sbagliato tutto», La Barbera che «volle baòiare il Crocefisso». Un fatto di sangue che sconvolse tutti e ispirò un ignoto cantastorie per una ballata, ultima testimonianza di una cultura popolare oggi scomparsa: -Villarbasse cascina fatale, nella vasta padana pianura, chi si ferma a guardar le tue mura, presto un segno di croce si fa». Scuola in due celle. Tutti gli sforzi erano per la ricostruzione^ ma •bisognavmfaye qualcosa per aiutare anche t detenuti. L'analfabetismo era elevato, i più senza lavoro. Puntai tutto sull'istruzione. Cosi nel '43 il primo corso, all'interno delle Nuove, con un gruppo di insegnanti della Principessa Clotilde. Poi quello di a.rviamento commerciale, con la collaborazione della scuola Giulio. Buttammo giù un muro, da due celle ricavai la prima aula». Nel '57 si costruì, in un'area del carcere, un vero istituto scolastico, il Plana (sezione staccata di quello esistente in piazza Robilant). statale, per la qualificazione professionale. «Unico nel suo genere in Italia, sessanta alunni, 20 insegnanti, officine attrezzate. Seguirono altri corsi (radio tv, elettricisti, giardinieri, la scuola media, l'elementare), complessivamente, oggi, 150 allievi». La rivolta del '69. «Dopo tante privazioni ci fu il boom economico, portò benessere e squilibra. In cerca di fortuna e lavoro, arrivarono a centinaia dal Sud, dalle campagne. Qualcuno fece quattrini, i più non ci riuscirono. Scoppiò una nuova delinquenza, aggressiva, violenta. Pietro Cavallero, la sua banda, Notarnicola. Rovoletto, rappresentarono una svolta nella criminalità torinese: 5 delitti, 21 tentati omicidi, 23 rapine, compiuti in pochi anni, dal 1963 al '67». Dimostrarono che era finito il tempo dei ladri di biciclette, la delinquenza aveva scoperto le armi e la violenza. Nell'aprile '69 scoppiò la prima, grave sommossa alle Nuove, durò 4 giorni. «Dietro quella rivolta, c'è la colpa di molti. I detenuti si ribellarono per l'assurdo e disumano sistema carcerario, i regolamenti risalivano al •31». Droga e terrorismo. «Sono realtà di oggi, siamo un po' tutti impreparati. Fuori si discute inolio su questi due pro¬ blemi, da noi, dove il mondo e chiuso in pochi metri quadrati, sono realtà sconvolgenti». Perché? «Fino a poco tempo fa, ad esempio, i tossicomani erano in celle comuni, con ladri e rapinatori. Cosi, all'inizio, i terroristi. Ora ci sono le carceri di sicurezza e l'assistenza sanitaria. Ma molto resta da fare, dentro e fuori le mura di cinta. Forse di più all'esterno. Eliminando le cause sociali, umane, perché non si abbia da varcare quel portone di ferro e poter comunque, scontata la pena, reinserirsi nel mondo civile. Non potrò mai dimenticare quel giovane che, non trovando lavoro perchè ex carcerato, si è ucciso». Ezio Mascarino

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