Un accordo fantasma di Bernardo Valli

Un accordo fantasma Europa e Usa dopo Breznev Un accordo fantasma DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Il cambio della guardi? al Cremlino non favorisce, anzi potrebbe ritardare il' controverso e forse fantomatico accordo tra gli Stati Uniti e i Paesi europei sul commercio Est-Ovest. Le capitali occidentali del Vecchio Continente non sono ansiose di sottoscrivere un impegno, sia pur formale, che apparirebbe un atto di ostilità nei confronti dell'Urss, prima ancora di conoscere le reali intenzioni del successore di Breznev. Nei giorni scorsi l'argomento ha suscitato uno dei tradizionali battibecchi franco-americani. A Washington, Reagan ha affermato che un accordo sostanziale era già stato raggiunto. A Parigi, Mitterrand ha subito risposto che il negoziato non si è ancora concluso e ha persino messo in dubbio che la Francia abbia come obiettivo un accordo. Ha reagito anche Londra. La signora Thatcher si è infatti affiancata al presidente francese, dicendo che non c'è stato alcun impegno da parte britannica. Più tardi il neo-cancelliere Kohl ha invece abbracciato la tesi reaganiana, come aveva fatto prima di lui Spadolini. In visita nella capitale americana, Kohl si è dimostrato fiducioso: «Vedrete fra tre settimane». Anche per lui un'intesa sostanziale sarebbe stata raggiunta. Per formalizzarla però ci vuole tempo. Il fatto curioso, in tutta questa controversia, e che in realtà l'accordò in discussione non dovrebbe .contenere nulla o quasi di ciò che era scritto in. quello approvato a Versailles, nel giugno scorso, a conclusione della conferenza dei sette maggiori Paesi industrializzati dell'Occidente. Un testo generico, che non impedisce ai Paesi europei di commerciare con l'Urss, ma li impegna a non concedere crediti troppo favorevoli in cambio di commesse industriali, ed altresì a non consegnare ai Paesi comunisti tecnologia sfruttabile sul piano militare. Il testo aveva provocato vivaci polemiche al summit dei Sette. Mitterrand aveva soprattutto rimproverato a Reagan di sovvenzionare le vendite di grano americano all'Urss e di voler impedire agli europei di fare altrettanto per i prodotti industriali. Ma sulla necessità di disciplinare il commercio Est-Ovest tutti erano più o meno d'accordo. C'era tuttavia il gas siberiano ad oscurare l'orizzonte. Ed infatti la polemica si e arroven tata con le successive sanzioni americane contro le aziende europee impegnate nella costruzione del gasdotto. Un'ini ziativa presa dalla Casa Bianca dopo la conferenza di Versailles e giudicata su questa sponda dell'Atlantico come un gesto «illegale e ingiusto». Un'iniziativa rivelatasi del resto un errore politico di notevoli di' mensioni, poiché ha inasprito soltanto i rapporti tra gli alleati occidentali senza neppure sfiorare gli interessi sovietici. Tanto che Reagan, con unanime soddisfazione europea, se l'è poi rimangiata. Ma per giustificare la marcia indietro da vanti alla sua opinione pubbli ca, ha spiegato che in cambio della revoca delle sanzioni gli europei si sono impegnati a limitare i loro scambi con i paesi comunisti e si accingono a sottoscrivere l'accordo sul commercio Est-Ovest. Dunque le sanzioni non erano state del tutto inutili. Spadolini e Kohl l'hanno aiutato a sostenere questa tesi. ' Mitterrand e la Thatcher no. Lo hanno smentito dicendo: non abbiamo (atto alcuna nuova concessione, non abbiamo sottoscritto alcun accordo, Nulla è stato concluso. E comunque non bisogna confondere le sanzioni con il nuovo codice sul commercio EstOvest, dice Mitterrand. Le sanzioni le ha messe Reagan da solo, senza consultarci, e ha fatto bene a toglierle di sua ini¬ ziativa.' Per il resto vedremo. Non stupisce che molti commentatori americani abbiano scritto che Reagan sta uscendo piuttosto male da questa controversia. Si deve tuttavia aggiungere che il dissidio non sarebbe poi tanto grave se si ri-1 ducesse a questi aspetti in definitiva formali. Sullo sfondo c'è invece una diversa concezione sul come devono essere regolati i rapporti commerciali con l'area sovietica. Gli europei non condividono l'idea reaganiana secondo cui si può; se non proprio mettere in ginocchio l'Urss, perlomeno costrin gerla a dirottare gli investi menti militari applicando restrizioni sugli scambi economici. E questa convinzione è radicata anche in chi, come Kohl, si è dimostrato solidale con Reagan nel battibecco ParigiWashington. Sottoscritto adesso, proprio mentre c'è il cambio della guardia al Cremlino, quell'accordo sia pure formale, fantomatico, diventa fastidioso. In molte capitali europee si pensa, anche se non lo si dice: la firma è poi tanto urgente? Bernardo Valli