Deng invia Hua a Mosca La marcia del disgelo?

Deng invia Hua a Mosca La marcia del disgelo? La scelta della missione cinese ai funerali Deng invia Hua a Mosca La marcia del disgelo? DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — I primi fatti confermano le previsioni: il disgelo Mosca-Pechino è destinato a sopravvivere al cambio di mano dietro le mura della Piazza Rossa. Mentre da Mosca venivano le prime rassicuranti (o preoccupanti, secondo i punti di vista) affermazioni di continuità con la politica breznèviana, da Pechino i cinesi offrivano una specie di «placet» simbolico a Yuri Andropov, pubblicandone la notizia della nomina, con gran risalto e prontezza sulla prima pagina del Renminbao, il quotidiano del popolo, organo ufficiale del partito comunista. Nessun commento, solo la notizia e la foto. Ma nel linguaggio simbolico, ideogrammatico dell'Asia, l'iconografia conta sovente più della parola. E anche la formazione della squadra che Deng manderà in campo lunedì sulla Piazza Rossa, per l'ultimo saluto al vecchio, ex nemico morto e per il primo incontro con il nuovo segretario del pcus, dimostra che Pechino vuol fare un gesto, se non di clamorosa riconciliazione, certo di grande rispetto. Non sarà il primo., ministro Zhao Ziyang a guidarla, ma il ministro degli Esteri Huang Hua, comunque una figura di prima fila, certo più sostanziosa di qualche rappresentante dell'Assemblea nazionale che — i russi lo sanno benissimo — non ha alcun pese politico reale. L'invio di Huang Hua sottolinea naturalmente che il disgelo resta per ora limitato al rapporto fra. Stati, mentre il passaggio alla fase del riavvicinamento politico-ideologico, fra partiti, è un obiettivo più di prospettiva che immediato. Resta la carta di riserva, che Pechino ha fatto capire (con la dichiarazione del segretario, Hu'-Yaobang a Marchàisj di poter giocare in futuro, ma che per ora tiene ben stretta di vedere in quale direzione vorrà muoversi Andropov. Nella direzione tracciata da Breznev, ripetono i sovietici, ma questa non può essere considerata certo una garanzia di progresso, in se stessa, dai cinesi. Se fu Nikita Kruscev l'uomo della rottura, Breznev è stato l'architetto della mostruosa crescita militare dell'Urss, forse persino più massiccia sul fronte asiatico che su quello europeo, fu lo stratega dell'invasione afghana, l'ispiratore dell'avventura vietnamita in Cambogia. Come ha scritto ieri il maggiore quotidiano giapponese, lo Yomiuri Shimbun: «Andropov ci promette continuità con Breznev: ma continuità con quale Breznev? Quello dei negoziati Salt o quello degli SS 20? Quello che marcia su Praga o quello che offre lo sviluppo pacifico della Siberia?'). Continuità: «Con il princìpio e la pratica della direzione collegiale», risponde il primo vicepremier sovietico. Ivan Arkhipov, in una dichiarazione ufficiale fatta ai corrispondenti nipponici a Mosca, poche ore dopo l'annuncio della elezione di Andropov, venerdì sera. Questa di Arkhipov è una dichiarazione importante e per almeno tre ragioni: 1) è fatta a una nazione asiatica, vitale per gli equilibri di fòrze in Oriente é'che'Mosca da sempre considera, in potenza, un formidabile alleato economico e un altrettanto poderoso avversario militare e politico. 2) E' un modo di comunicare anche all'America, in modo indiretto, i limiti del potere personale del nuovo segretario e la scelta politica che vi è implicita: «direzione collegiale» significa, nel vocabolario sovietico, l'opposto sia dello stalinismo che del kruscevismo, quindi una garanzia di rotta moderata, e non avventurista; 3) E' un messaggio indiretto, ma chiaro, anche per i cinesi e per tutto il gruppo delle nazioni asiatiche minori che guardano a Tokyo come al loro naturale (seppure non sempre amato) punto di riferimento. «Il partito comunista dell'Unione Sovietica — ha spiegato Arkhipov — non defletterà dal principio della direzione collegiale, e il nuovo segretario non andrà oltre le scelte nazionali e internazionali di Leonia Breznev», Quindi nessun timore — vuol dire Arkhipov in sostanza — di «balzi in avanti» espansionistici, ma anche nessuna speranza di svolte riformistiche nella gestione dell'economia e nella repressione della vita civile e culturale. E Yuri Andropov, pur avendo fatto parte di una delegazione del pcus che tentò di negoziare la fine dello scisma con Pechino nel '63, resta un'entità sconosciuta in Asia. Certo non si può attribuire alle prime parole ufficiali dette sulla bara di Breznev ancora aperta, più di una temporanea funzione tranquillizzante. Come osserva anche il governo giapponese in una dichiarazione ufficiosa ma autorizzata, «occorreranno mesi per capire con certezza che cosa cambia, e che cosa resta uguale nella strategia interna ed esterna del Cremlino». Così come non è certo illuminante la lettura dei telegrammi che piovono in queste ore da quasi tutte le capitali d'Asia, verso Mosca. Dalle espressioni di interessato cordoglio del quisling afghano Karmal al corretto messaggio di condoglianze dei giapponesi, dallo sfoggio, di retorica commossa .-dei compagni vietnamiti al! le fredde espressioni dei Paesi del Pacifico (davanti ai quali sfila ogni giorno ormai la flotta russa), l'Asia testimonia soprattutto il riconoscimento oggettivo delle nuove dimensioni globali che la potenza militare sovietica ha assunto grazie alla guida di Leonid Ilic Breznev. Vittorio Zucconi Huang Hua