Generale e caporale a confronto

Generale e caporale a confronto Perché Varsavia ha annunciato, durante il breve vuoto di potere del Cremlino, la liberazione del capo di Solidarnosc Generale e caporale a confronto Walesa, prima del semifallito sciòpero, aveva scritto a Jaruzelski facendo capire che dopo undici mesi di internamento si inchinava ai militari - Ma non è pronto alla sottomissione - Il pragmatismo delPuomo-simbolo della protesta polacca apre nuove prospettive Mentre a Mosca, per un inarrestabile processo biologico, calava il sipario sull'epoca brezneviana, a Varsavia cominciava un giallo politico dal titolo «17 generale e il caporale». Forse c'è un nesso, un legame logico tra i due avvenimenti, tra la fine di regno nella capitale dell'impero e l'avvio di una nuova, incerta vicenda nella capitale periferica. Lo fa pensare il fatto che la decisione ufficiale di liberare infine Lech Walesa sia stata annunciata giovedì pomeriggio, il novembre, poche ore dopo l'annuncio altrettanto ufficiale della morte di Breznev. La prima ipotesi è dunque questa: il generale Jaruzelski potrebbe avere approfittato della pausa di potere a Mosca per avviare una manovra politica — ad ampio respiro? — che fino a poche ore prima non sarebbe stata capita dal Cremlino. Si può altresì presumere che il capo della giunta varsaviese, esperto cremlinologo, sapesse già. il nome del successore di Breznev, e che ritenesse di poter poi contare sulla' comprensione di Andropov, senz'altro una vecchia conoscenza. Se questa tesi fosse fondata — e 16 si vedrà nel futuro immediato— si potrebbe trarre una prima conclusione. Il regime ha ceduto e ha concesso quel che il Paese chiedeva con insistenza e tenacia. L'esul- tanza nelle fabbriche e sulle piazze lascia scarsi dubbi sul come molti polacchi hanno Interpretato la notizia dell'imminente liberazione . di Walesa, Per loro è una vittoria. Ma bisogna concedere qualcosa anche al generale: approfittando della breccia moscovita, egli potrebbe avere, agito con quello «spirito patriottico» che i puoi connazionali non gli riconoscono più da quando i soldati e i poliziotti polacchi hanno •occupato* il Paese, evitando. all'Armata Rossa un'operazione stile Cecoslovacchia. Insomma, appena ha potuto disporre di un, margine di manovra più ampio, Jaruzelski si sarebbe affrettato a dimostrare che le sue dichiarazioni al momento dell'applicazione dello «stato di guerra» non erano vane. Il 13 dicembre '81, nella notte, mentre venivano arrestate migliaia di persone, aveva detto che l'esercito assumeva il potere per evitare una tragedia più grande, cioè un intervento sovietico. Ha, tenuto le cose in famiglia, ed ora, sempre, in famiglia, cerca di risolverle, non più con la forza ma col dialogo. Altra tesi, avvalorata dalla lettera che Walesa ha inviato a Jaruzelski. In quel messaggio! datato 8 novembre, scritto dunque due giorni prima della-morte reale di Breznev e tre prima dell'annuncio ufficiale del Cremlino, il presidente di Solidarietà riteneva che fosse «giunto il momento di spiegare alcune cose e Ai agire in favore di un accordo; e aggiungeva ottimisticamente: «Con un po' di buona volontà, la soluzione sarà senz'altro trovata». E' allora Walesa che ha ceduto? Che ha gettato la spugna, dopo.undici mesi di internamento o residenza sorvegliata? Walesa ha scritto quella lettera prima dello sciopero generale fallito o semifallito, che ha dimostrato la debolezza di Soli da rie tà clandestina. Il prigioniero di Alamowo, al confine con l'Urss, non avrebbe quindi approvato l'iniziati- va dei suoi compagni. Dopo avere inviato il messaggio di-' stensivo a Jaruzelski egli hai avuto un colloquio con il ministro degli Interni, generale Czeslaw; Kiszczak, accorso a Alamowo per sondare le sue reali intenzioni. Walesa ha senza dubbio ribadito quel che aveva scritto nel messag- a e a l - n e à o l . a e o a è a è di gio, poiché poco dopo c'è stato l'annuncio della sua imminente liberazione. La notizia è stata data dalla giunta appena constatato l'insuccesso dello sciopero generale. Marcati due punti — là disponibilità di Walesa e lo scarso impatto della parola d'ordine lanciata dalla direzione clandestina di Solidarietà—Jaru- ' zelskl si è potuto concedere il lusso di liberare l'uomo-simbolo della protesta polacca. A un'attenta lettura il messaggio di Walesa — accolto con perplessità dai dirigenti di Solidarietà, all'interno e all'esterno del confini polacchi rivela accenti curiosi, bizzarri. E' firmato, ad esempio, •caporale Walesa». Quell'allusione al grado che aveva durante il servizio di leva è un atto di sottomissione al generale cui la lettera era indirizzata? E' un implicito riconoscimento del regime che ha militarizzato 11 Paese? O non è piuttosto un accento sarcastico? Una di quelle battute ironiche, un po' grevi, che Walesa era solito lanciare con successo quando era il libero e combattivo leader di Solidarietà? E' assai probabile che quest'ultima versione sia quella esatta. Un inchinò troppo profondo, una scappellata troppo ampia, può essere oltraggiosa o beffarda, anche nella vita, non soltanto sulla scena, nella commedia dell'arte. Dietro quella battuta finale, •caporale Walesa», c'è probabilmente una lunga storia, alla quale è estraneo il Cremlino e nella quale entra invece il Vaticano. Scrivendo quella lettera a Jaruzelski, Walesa ha probabilmente ubbidito al Papa, più direttamente all'arcivescovo Olemp. in sostanza alla Chiesa che egli considera da sempre, non a torto, come la sola forza valida, affidabile, non solo sul piano religioso, nella Polonia condannata al socialismo reale. Ha ubbidito ma con quel, •caporale Walesa», che equivale a una smorfia, a una strizzata d'occhio, ha fatto capire che se si inchina, dopo undici mesi di internamento abusivo, se accetta di dialogare col regime, non è perché è pronto alla sottomissione. La Chiesa cattolica, che da un anno alterna le proteste contro-lo «sfato di guerra» e gli appelli alla calma per impedire che si versi del sangue, è pronta a parlare col generale Jaruzelski. L'arcivescovo Olemp ha già negoziato il viaggio di Giovanni Paolo II, che dovrebbe avvenire in giugno, tra sette mesi: e quella è la nuova scadenza per l'incerta vicenda polacca. In questo spazio di tempo 11 confronto tra il regime e la società non dovrebbe più svolgersi sul terreno che la giunta ha imposto a Solidarietà, mettendola fuori legge e costringendola alla clandestinità. Il sindacato alla macchia non è stato ubbidito, nei giorni scorsi, dalla grande maggioranza degli operai, che hanno giudicato troppo alto 11 prezzo della protesta aperta, contro un potere che ha fucili e carri armati, Ma i prindpil che quel sindacato clandestino difende sono ancora vivi e alimentano una resistenza passiva nella società che lo; Stato non può vincere con la forza. La Chiesa intende utilizzare quella resistenza su uni altro terreno e Walesa ha ubbidito, Si vedrà come 11 capo-; r a le si opporrà al generale. Per ora Jaruzelski ha cedu-i to liberando Walesa, ma Walesa ha ceduto inviando la let-' ter a a Jaruzelski. Per un gè-, nerale dare tanta importanza; a un caporale è una sconfitta.! Ma è una sconfitta anche perj il capo di un sindacato inchi-j narsi davanti al capo di una' giunta militare che rifiuta di; riconoscere 1 diritti dei lavo-: ratori e le libertà più elementari dei cittadini Due sconfitte o due vittorie ambigue. Il neo-capo del Cremlino permettendo, si vedrà se il •frustrato patriottismo» di Jaruzelski e il nuovo pragmatismo di Walesa, ispirato dalla Chiesa, potranno condurre a un' compromesso, fino a ieri impossibile, prima dell'arrivo di Wojtyla. Lo scetticismo è di rigore, ma la Polonia è sor-' prendente. Nella Budapest del '56 si fucilò, nella Praga del '68 nessuno fu politicamente risparmiato. Dubcek fa il giardiniere. A Varsavia riemerge Walesa undici mesi, dopo quella che doveva essere la normalizzazione. E si avanzano ancora una, due, tre ipo- tes1, Bernardo Valli Varsavia. Nella cattedrale due uomini mostrano uno stendardo con la scritta «Lech Walesa è libero!» «ppena il governo ha diramatola notizia della scarcerazione. (Telefoto Ansa)