La notte di Buenos Aires di Oreste Del Buono

La notte di Buenos Aires COME ANCHE UN FUMETTO PUÒ' RACCONTARE L'INCUBO DI UNA NAZIONE La notte di Buenos Aires La singolare vicenda di Hector German Oesterheld, sceneggiatore di «comics» e «desaparecido» nel 1977 - Per il suo romanzo a strisce di fantascienza «L'eternauta» è considerato l'interprete della catastrofe che ha colpito un popolo - Una notte di gelo e un'improvvisa caduta di neve, la neve mortale che segna l'inizio del caos, dello scatenamento della violenza per la violenza - L'intreccio tra la fantasia e i «media» e l'orrore della realtà Quest'anno, si sa,' il Salone internazionale dedicato a Lucca ai comics, all'animazione, all'illustrazione e a tante altre cose, dimostrava già nel programma una particolare attenzione per il cartooning spagnolo, e, truindi, gli autori di fumetti spagnoli presenti erano molti, soggettisti e disegnatori. Ma erano anche presenti molti autori di fumetti argentini. Per gli argentini più che per tutti gli altri latinoamericani il fumetto è un mezzo d'espressione importante, importante nonostante la sua ostentata frivolezza. Un mezzo per dire qualcosa al fondo dell'intrattenimento e del divertimento persino in tempo di oppressione e di censura. Non di contrabbandare concetti proibiti, ma di alludere almeno a quanto conta nella vita umana, la libertà, l'onore, la solidarietà, la speranza. I nostri quotidiani traboccavano di notizie terribili dall'Argentina. La scopertar, non avvenuta certo a caso, ma secondo una strategia da capire, di fosse comuni contenènti desaparecidos ormai purtrop po ritrovati, tra cui anche molti italiani, poteva stupire e indignare solo le più ipocrite tra le nostre autorità. Chiunque abbia avuto e abbia rapporti di lavoro, d'amicizia e d'amore con quella terra meravigliosa e infelice che è l'Argentina non lo ignorava da tempo, e da tempo lo aveva segnalato e lo andava ricordando. Persino a Lucca, a questo biennale Salone internazionale della frivolezza nel 1980 era stato assegnato un premio alla memoria del genio del fumetto argentino Hector German Ocsterheld, sì, alla memoria, perché dopo il suo bru tale sequestro non eravamo più in grado di nutrire fiducia in una sua ri apparizione. Da allora, ovviamente, non si è più saputo nulla di Ocsterheld, Ma il suo nome è tornato immancabilmente nei discorsi di questi giorni e di queste notti. La sua storia è una storia tristemente esemplare. Ocsterheld era un «guionista de historietm» ovvero un soggettista c sceneggiatore di fumetti. Un mestiere abba- stanza insolito che lui praticava con autentica passione, non considerandolo affatto provvisorio e tanto meno restrittivo. Era uno scrittore, un narratore sul serio che pensava le sue storie in immagini non dinamiche come quelle del cinema, ma statiche come appunto quelle demandate al disegno. Un genere, diciamo pure uh. sottogenerc, piuttosto impasticciato in partenza, la cui affermazione dipende molto dal rapporto che si viene a stabilire tra testo e, appunto, disegno. quistarono qualche generazione di argentini. Ma la storia più necessaria di Oesterheld, quella che avrebbe avuto e ha maggiore effetto, fu disegnata da Solano Lopez, e apparve nel 1957 sotto il titolo L'Eternauta nella rivista Hora Cero di cui lo stesso Oesterheld era editore, attività che lo rese discusso e discutibile. «Erano le tre del mattino. Nella piena oscurità delie villette vicine, la finestra del mio studio era l'unica- ad essere illuminata»... Seguiva nell'incipic del fumetto la visione di una casetta tra altre casette nel buio d'una notte stellata. L'uomo che lavorava si godeva il silenzio, e si godeva anche il fatto che a turbare tale silenzio fosse la risaputa melodia della sua penna sul foglio. Ma a un tratto l'insonne percepiva uno scricchiolio, proveniva dalla poltrona visibilmente vuota davanti alla scrivania, e insieme con lo scricchiolio sopraggiungeva l'irragionevole sospetto, trasformantesi frettolosamente in un'irragionevole certezza che lo scricchiolio fosse stato provocato da qualcuno che doveva essersi seduto sulla poltrona. Una;'sagoma, il contorno di un corpo ancora inconsistente, balenava sulla poltrona, poi il corpo diventava più consistente, un bell'uomo in tuta, umano e disumano insieme, si presentava con un: «Sono sulla Terra, suppongo...», e successivamente si informava sul perché il padrone di casa scrivesse tanto. Otteneva una risposta un poco im barazzata: «Sono soggettista., soggettista di fumetti», e non si stupiva per nulla: «Ah, i fumetti... che combinazipnc.i fra tante case qui attorno, prò- prio qui dovevo fermarmi...». Educatamente, si presentava, sostenendo che avrebbe potuto definirsi in centinaia di modi, tutti legittimi, ma che preferiva adottare la formula che gli era stata attribuita da un filosofo alla fine del XXI secolo. «Mi ha chiamato l'Eternauta al fine di definire in una sola parola la mia caratteristica di navigante del tempo, di viaggiatore dell'eternità, di triste e desolato pellegrino nei secoli...»;-E, dopo-avere esaurito la serie dei convené¬ pvoli, cominciava a raccontare come fosse diventato eternauta. «La notte nella quale la mia vita cambiò totalmente, si era d'inverno, e faceva molto, molto freddo. Per il clima rigido, la mia casa era ermeticamente chiusa. Stavo giocando a poker e ricordo come ora le carte favorevoli che mi erano toccate...». Un racconto nel racconto. Un'altra notte. Quattro amici che giocano a carte, Juan Salvo; il padrone di casa, piccolo industriale 'fortunato; il prò fcPgldb fessore di fisica Favalli, il bancario Herbert, il pensionato Polsky. E d'improvviso si spedel- gne la luce. Di là dai vetri le finestre appare una scena d'orrore, grovigli di automobili fracassate una sull'altra, contro muri e lampioni; uomini folgorati riversi, sconciati sui marciapiedi, e in mezzo alle strade, e la neve che cade, cade, una neve fosforescente, una neve mortale che uccide chiunque riesca a toccare. Il padrone di casa, i suoi amici e i suoi familiari scopriranno o presto di essere tra i pochi superstiti di una terribile moria. Li ha risparmiati al momento la chiusura ermetica contro il freddo, bloccando fuori il contagio della neve mortale. Ma come fare? Non occorrerà affrontare prima o poi l'amata Buenos Aires diventata una trappola? E, se ci saranno altri superstiti, sarà possibile avere con loro rapporti di solidarietà? «Il personaggio di Robinson Crusoe mi affascina da sempre. Dopo aver letto il libro almeno venti volte: "L'Eternauta" nacque come il mio equivalente del protagonista di Daniel De Foe. Con la solitudine dell'uomo minacciato, avversato, anziché dal mare, dalla Morte stessa. E non tanto in quanto individuo solitario nel vero senso della parola, ma isolato con la famiglia e gli amici...» dichiarò Oesterheld, nell'occasione della rappresentazione in volume delVEternauta per le Ediciones Record nel novembre e dicembre del 1976, una coincidenza che risulta non casuale, a ripensarci. Quei due ultimi mesi del 1976 a Baircs e in tutta l'Argentina furono, infatti, i mesi più duri della repressione, ricorda Juan Pablo Feinmann sull'ultimo numero di Superbum, la bella rivista di fumetti e d'altro che fa Carlos Trillo. La gente scompariva, era torturata, era uccisa senza che si conoscessero esattamente i responsabili di tanta violenza, perché la violenza non aveva altro scopo che la violenza, e, quindi, pareva sprovvista di facce e nomi da mettete avanti. Feinmann scrive romanzi gialli, polizieschi, thriller forse più che mystery, e anche sce- neggiature per film di Adolfo Aristarain come Ultima dias de la vidima, ma, al tempo della prima uscita di L'Eternauta, nel 1957, ammette di averlo preso abbastanza alla leggera, come un'avventurosa storia di fantascienza su un'invasione della Terra da parte di terribili e invisibili nemici. Allora Feinmann era più attratto dalle sceneggiature di Oesterheld che disegnava Pratt. Avrebbe voluto imparare a disegnare come Pratt. Pratt era il suo idolo. Ma nel 1976 imparò a leggere meglio nei disegni di Solano Lopez per le sceneggiature di Oesterheld di L'Eternauta: imparò che quel fumetto poteva avere un significato più intenso per un argentino, per un porteno in particolare, di quello che avevano romanzi di fantascienza, pur riuscitissimi, sul tipo di 11 giorno dei tri/idi di John Wyndham o La nuvola nera di Fred Hoyle. Guevara a fumetti. Ma forse la colpa maggiore era di avere intuito; che una delle città più belle del mondo, uno dei Paesi più dotati dalla natura, una delle popolazioni più gentili c. nobili potevano subire lo sconvolgimento del demonio, insomma, per continuare a parlare di fumetti, il sogno, l'incubo, l'annunciazione di L'Eternauta. A un ceno punto, dopo un lungo silenzio, Oesterheld telefonò alle Ediciones Record. «Mi hanno rilasciato. E' tutto finito. Ricomincio a lavorare. G rivediamo presto...» disse e basta, non più una voce, un segno di presenza in Argentina e in questa terra. A Lucca 1980 il premio alla sua memoria fu ritirato da Amnesty. A quest'altra edizione del Salone si è continuato a parlare, in giorni e notti, di lui, e di questo fumetto che si presenta come di fantascienza ed è, invece, atrocemente realistico. No, non era una semplice vanteria, una semplice esibitone di snobismo culturale, non era una semplice citazione a vanvera quella dichiarazione di Oesterheld circa l'influenza che avevano avuto sulla sua opera a fumetti certi film neorealistici italiani, soprattutto Rema, città aperta e Paisà di Roberto Rossellini. Il suo, insomma, è stato un neorealismo applicato, invece che al passato prossimo, al prossimo futuro. E' finito finalmente l'orribile futuro? Si è trasformato in passato remoto sia pure orribile, ma passato, passato, passato per sempre? E' possibile la sconfitta del meccanismo demoniaco per cui la conclusione del primo episodio di L'Eternauta ci mostra il dimentico Juan Salvo, trasformato e riportato indietro da un salto temporale, in attesa a casa sua degli amici Favalli, Herbert e Polsky, sopraggiunti per la consueta partita a poker, e il soggettista e sceneggiatore di fumetti German che si domanda: «Servirà a evitare che rutto ricominci pubblicare quanto l'Eternauta mi ha raccontato prima di sprofondare nell'oblio»? I Oreste del Buono Il generale Videla. Risalgono al suo avvento, nel 76, i mesi più terribili della repressione

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