La morte solitaria di Monsieur Hulot di Stefano Reggiani

La morte solitaria di Monsieur Hulot Jacques Tati, maestro del cinema francese, stroncato a 75 anni da un'embolia polmonare La morte solitaria di Monsieur Hulot PARIGI — Jacques Tati e morto nella notte fra giovedì e venerdì per un'embolia polmonare. Il celebre cineasta francese aveva 75 anni. I suol familiari hanno conservato attorno alla notizia della sua morte uno stretto riserbo, non comunicando nemmeno la località del decesso o la data dei funerali. Jacques Tati (Il suo vero nome era Tatlscheff, derivato dal nonno, generale russo) è stato realmente, per quasi 40 anni, una figura del tutto particolare di cineasta. Al mondo dello schermo. Tati si era avvicinato nell'anteguerra, passando però attraverso il duro apprendistato del music-hall. Mimo al «Cabaret Oerny» nel '31. poi al teatro Saint-Michel, approdò fina! mente al cinema attraverso qualche cortometraggio e piccoli ruoli, fino allo scoppio della guerra. Oggi la Francia ufficiale lo celebra con un omaggio solenne: «Il cinema francese Iran 1 pdritongpHpanfngqcs perde con Jacques Tati uno del suol più grandi creatori — ricorda II ministro della Cultura Lang—attraverso la sua opera ci tendeva lo specchio nel quale si rifletteva l'immagine della nostra società In preda a tutte le follie*. Caro, gentile e feroce signor Hulot, addio. Jacques Tati porta con té il ricordo di una maschera cinematografica abbastanza indispensabile, e non troppo amato. Haiti preferivano prenderlo per un mimo, per un sarcastico ragioniere dei gesti comuni o delle gesta sportive. Ricordate quando faceva (anche in tv, come ospite d'onore) il tennista? Oppure il portiere di col- ciò? Teso, raggomitolato, isterico per la palla che non sarebbe arrivata, magari distratto e fatuo davanti al gol che gli incombeva sopra. Bravissimo, sapeva fare anche gli effetti del rallentatore, antesignano ironico di quel congegno torturatore che è la moviola. Metteva a frutto le osservazioni raccolte quando faceva, da ragazzo, il giocatore di rugby, che non è proprio uno sport delicato, ma, come si dice, uno specchio convincente della vita. E però fece fatica a imporsi come attore-regista, come uomo-cinema completo, nello stile Chaplln. Negli Anni Trenta si esibiva nel cabaret e intanto realizzava piccoli cortometraggi comici dove tentava, in miniatura, le prove delle sue doti maggiori, il rigore espressivo con cui sapeva cogliere e misurare i tic della gente, l'affetto e lo sberleffo verso l'uomo medio, il primo film, atomo di festa nel 194S lo realizzò spendendo del suo e impazzi per trovare un distributorv. Il successo dienti ca e di pubblico lo aspettava; ma voleva fargliela pagar cara, la sua indipendenza, la sua assoluta e maniacale autono¬ mia. A ripensarci Giorno di festa, immerso nella vita di villaggio e in una quoiidianttà sbeffeggiata, sembra il suo film migliore, perché Tati non s'era ancora preso tanto sul serio da « ideologizzarsi». Le vacanze del signor Hulot, il suo film più celebre, girato nel 1953, segna un culmine, sta sul confine, l'uomo medio è diventato una maschera, è mìo Hulot, ti lungagnone ài poche parole con ombrello, cappelluccio, Impermeabile e la pipa sempre tra l denti (se deve dire una rara parola non molla il bocchino, bofonchia e rumoreggia, volutamente non chiaro). Nel film di Hulot c'erano anche innumerevoli altri Hulot, come quei poveri viaggiatori sulla pensilina della stazione che si vedevano correre da un binario all'altro sotto il gracchiare incomprensibile dell'altoparlante. Anche Stefano Reggiani (Continua a pagina 2 In prima colonna) 3 T Jacques Tati

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