Nella Napoli di Peppino De Filippo anche la farsa nasconde la tragedia

Nella Napoli di Peppino De Filippo anche la farsa nasconde la tragedia All'Alfieri due atti unici del grande comico riproposti dal figlio Luigi Nella Napoli di Peppino De Filippo anche la farsa nasconde la tragedia TORINO — In Quando a Napoli è commedia, dittico di' farse di Poppino De Filippo, dall'altra sera all'Alfieri, protagonista e regista il figlio Luigi, c'è un piccolo capolavoed è Don Raffele 'o trumbone, scritto da Poppino nel 1931, in quell'anno messo in scena insieme a Eduardo e Tilina. Don Rafcle Cliiane.se, professore di trombone, autore di ben sette opere liriche che gli impolverano i cassetti, si ingagliorfa nell'ignavia del disoccupato a vita, moglie e figlia a carico. La miseria nera gli si è insediata da tempo in casa: ma come può un genio incompreso adattarsi, a lavorare vilmente, applicato ad arti meccaniche»? Un giorno la dea bendata pare lambire col suo velo Rafelc. Un musicista di fama internazionale visita il suo povero «basso-, Invita Rafcle ad una tournée all'estero, gli ammanniscc cinque fazzolcltoni, cinque biglietti da mille lire. Rafcle non fa tempo a raccapezzarsi per quella fortuna inusitata che l'atroce verità gli viene scodellata in faccia: il misterioso visitatore e un pazzo, un mitomanc che sfoga le sue velleità sul primo che incontra. La farsa è tutta qui, nel contrasto violento tra la vita vera, raggelata nella sua passiviti, e la vita illusoria, appena intravista e subito dissolta: mentre, sul fondo (don Rai eie è, tra l'altro, un patentato menagramo) lo spettro della morte compie alcune, rapide ma rapinose incursioni. La restituzione di questa farsa, tragica e macabra, nella più pura tradizione napole¬ ts tana da almeno tre secoli, da parte di Luigi De Filippo e dei suol compagni è di grande accortezza e misura di parola e gesto. Quell'accamparsl di un senso di vacuità, e sfinimento nella stanza vuota d'ogni oggetto e d'ogni calore umano e, a contrasto, il gonfiarsi di una insensata speranza sono resi dagli attori con bella varietà di mezzi espressivi, dall'intimismo pudico al grottesco più sfrenato. Luigi è un Rafele stizzoso e patetico, di esemplare controllo anche nell'esplosione di quella sua disarmante ingenuità. Gli fa da controcanto Geppy Gleijses, l'amtco-nemico Nicola, suonatore di tromba in banchetti e funerali, che è una Santa Barbara di guizzi stralunali, scattanti contraggesti, smorflacce a soggetto. Questo lavoro in coppia, il mite e l'aggressivo, il pacato e 11 virulento, insaporisce anche la prima farsa del dittico. Cupido scherza e spazza, esile storiella d'amore e corna tra spazzini (anzi, si licei, tra scopatori), che trova il suo elemento di forza ' nell'essere, sotto sotto, una farsa linguistica, per quella gran rincorsa di tutti alla lingua «nobbilc»' che è l'italiano, da tutti, senza saperlo, vltui>erosamenle oltraggiata, tra sfrontate storpiature ed esilaranti ..esse» zipole. Nel due alti unici rifulge, come in ogni compagnia napoletana che sì rispetti, l'intesa di protagonisti e comprimari, quel lavorar tutti insieme di buona lena e con un pizzico di divertimento reciproco. Risate continue, applausi scroscianti. Guido Davico Bonino Lii Luigi De Filippo e Gleijeses in una scena del dittico, che riunisce «Don Rafacle 'o Truntbone» e «Cupido scherza e... spazza»

Luoghi citati: Napoli, Torino