I piccoli gladiatori di New York di Furio Colombo

I piccoli gladiatori di New York MUHAMMAD ALI': PERCHE' COMBATTONO I BAMBINI DAI PUGNI D'ACCIAIO I piccoli gladiatori di New York Hanno fra i sei e i dieci anni • A centinaia ogni settimana fanno la boxe in incontri organizzati sotto i ponti, vicino alla ferrovia, negli scantinati di Harlem, a Brooklyn, nel Bronx - Cento dollari per il vincitore • Un padre-allenatore: «E' un modo di togliere i ragazzi dalla strada» - Il grande pugile: «Tutto uguale alla storia della mia vita, combatti per dirti: intanto esisto» W NEW YORK—n bambino ha una/accia d'angelo, avrà nove anni e un sorriso timido. Mi dicono: ha pugni d'acciaio. Combatte da un anno e ha vinto sempre. Sul ring è un duro. Ma a scuola è bravo. A casa è un modello. Lo allena il.padre è un omone che dice: «Prima cosa 1 ragazzi bisogna toglierli dalla strada». La strada è nel cuore distrutto del Bronx. Il bambino si muove, parla, cammina, come quel bambini prodigio che dirigono un'orchestra o suonano il violino. Cioè giustamente bambino, ma con la testa in qualche altra cosa, da cui gli viene dignità e identità. Quell'altra cosa è la boxe. Guadagna benino perché nella sottocultura del Bronx ci sono due spettacoli proibiti: il combattimento del galli e la boxe dei bambini. Mi dicono che la zona è piena di piccoli gladiatori che combattono il sabato. A guardarli non si capisce come reggano i guantoni imbottiti. Ma ti vincitore può guadagnare anche cento dollari in una sera. Un sogno per questa sona. Il bambino aveva due amici quando a sei anni ha inieiato il training. Uno è morto per un pugno sbagliato. Il piccolo gladiatore sorride e ricorda con un filo di voce che puoi farti male allo stesso modo cadendo dalla bicicletta. L'altro si è rotto un polso e ha. rinunciato. Ma non si deve, dice il bambino, sèrissimo, non si deve mal rinunciare. Magia Al tavolo del ristorante Muhammad All fa questo gioco: Apre la mano (più grande del piatto) la distende sulla tavola, la palma In alto chiede un controllo con gli occhi. Chiude la mano a pugno (immenso). Fa cosi varie volte finché tutti alla tavola abbiamo capito. E' un gioco di prestigio. Apre di nuovo là mano è c'èun fazzoletto rósso, Ct guarda uno à uno/richiude la mano. Possiamo toccarlo, verificare. Quando riapre la mano il fazzoletto rosso è scomparso. Gli piace parlare con la voce bassa, quasi un sussurro una intonazione che ricorda Marion Brando negli anni dell'A,-' ctors' Studio. «Cosi è la vita di quel bambini, capito?». — Illusione? Questo vuol dire? «No, affatto», sospira, si tocca la fronte. .Inventare. Devi inventare. Se puoi, inventi davvero. Se non puoi fingi di inventare. Pai Un teatro, metti su una scena». E'difficile per molili riuniti per caso allo stesso tavolo, capire quale spiegazione vuole dare ti campione. Ha ascoltato, a una a una, le storie dei bambini che fanno la boxe, in Harlem, a Brooklyn, nel Bronx, sotto i ponti, vicino alla ferrovia, negli scantinati della metropoli povera dove New York è una Napoli sema sorriso. Quanti sono questi bambini? Centinaia, che lottano a pugni nei cortili, dietro le macerie delle case distrutte, con il pensiero ossessivo di diventare campioni. Uno di noi chiede a Muhammad All: «Ma non è rischioso? Un bambino ' di sei anni con guantoni da boxe, un bambino che combatte neppure per gioco,' ma per il bisogno disperato di vincere?». Willie (The Rock) Nieves, per esempio. Un bambino soprannominato «La Roccia* perché nella sua piccola vita havlntoventicinquè'còmbatttmentt su ventotto. Non è anche uri rischiò' meniàle? •Voi dite, ma certo la si combatte perché quella è una giungla e le bestie combattono eccetera. Ma è tutta un'altra storia. Primo nasci senza occhi, 'capito'(mostra i due occhi sgranati, bianchi bianchi nel 'néro della sua faccia, come in una cantilena per bambini filmata negli Anni Trenta). Secondo nasci senza naso...- Il naso... Guardare la mia faccia. Il naso, vuol dire molto nella faccia, capito? Nasci senza naso. Terzo nasci senza bocca. Ecco qua la bocca, niente bocca. Sei in fondo a un buco e non sei nessuno. Come vieni fuori dal buco? Con un bel componimento per la tua scuola?». Ecco quello che aveva detto un bambino del Bronx, Ricky Lopez, altezza un ' metro e venti, peso quaranta chili, prima media'in una scuola del quartiere, che fa il trai¬ ning quattro volte la settimana e combatte ogni sabato: «Mi mettono sul ring e lo non ho paura. Questo qui comincia subito a darmi pugni sulla faccia e fa male, ma io non mi tiro indietro, io lo colpisco. Sapevo che anch'Io gli facevo male eccome. Prima non riuscivo a centrargli la faccia, ma poi sono andato bene e allora si che quello sentiva i miei pugni». Willie The Rock invece è l'astro nascente della Noche de boxeo, grande evento notturno della Brooklyn ispanica, che organizza i suoi combattimenti nella palestra Unlversal. «La Roccia*, che adèsso ha tredici anni, attira una folla di centinaia di persone che si portano persino la sedia dà casa. Nessuno sa se questi combattimenti siano legali o illegali. Ci dovrebbe essere un dottore, in sala, ci dovrebbero essere arbitri omologati. Ma tutto quello che vuole la folla è un'altra vittoria di Willie «The Rock, e nessuno ha tempo per altre domande. Nella notte di New York, nelle zone sperdute dove non arrivano controlli e non si fanno discussioni legali, si arriva a sessanta, settanta combattimenti di bambini per notte. Capolavoro Qualche volta ci sono genitori appassionati, alle spalle, come la famiglia dell'undicenne Frederick Walston di Harlem, o del piccolo Carlos Villafane, che ha otto anni e anche lui impara tutto dal padre. Altre volte in queste palestre nella Nevi York sot- terranea ci sono storie che ricordano t film di Frank Capra, l'America altruista e pulita di James Stewart. Il bambino negro David Brown, dieci anni, è il «capolavoro* del signor Neil Ferrara, un italo-americano che ha investito tutta la sua bravura nel futuro del piccolo pugile. «Guardate questo bambino, gridano gli entusiasti nella palestra. Questo è uno che ce la fa, che diventa un campione, non è un gangster da strada come i suol coetanei. Non è mica uno che si arrende, questo bambino». «Ce la fai? Ce la fai ancora?», chiede Ferrara ..con. affetto, al suo campioncino. .David Brówn fasi con la testa e ritorna a cornbaffere, . .... / bambini della boxe sotterranea hanno anche il loro idolo, Mark Breland, un ragazzo negro che adesso ha diciotto anni, considerato dagli esperti ti prossimo campione d'America. Breland combatteva già a nove anni, quando i suoi compagni organizzavano per lui combattimenti nei cortili intorno alla casa. Ma a tredici ha incontrato un trainer serio, e a diciassette aveva già vinto tutti i premi possibili per un dilettan te. Muhammad All ascolta con la testa un poco inclinata e quel suo mezzo sorriso che fa infuriare chi gli parla perché sembra distratto o incredulo. Dice: tutto uguale alla storia della sua vita e di quasi tutti t pugili che conosce. No, non sa dire se le regole siano rispettate o violate. Ma a un certo punto sembra svegliarsi e domanda, staccandosi di colpo dalla mano della moglie: «Quali regole? Se non ci sono regole per vivere perché dovrebbero esserci regole per combattere?». Vede che i suoi ascoltatori si allarmano, ma nessuno osa Interrompere la lunga pausa. Fa parte del suo modo dt parlare in pubblico ripetere due o tre volte le sue storie esemplari, al modo in cui ripeteva il gioco di prestigio del fazzoletto. Dunque dice: «Niente occhi, niente naso, niente bocca, niente faccia». E di nuovo con le dita indica ciò cìie nomina, come si fa a scuola. «Tu nasci dalle nostre parti, va bene. Mettiamo che questa storia della re-incarnazione sia vera (sorride notando il disapio). No. no, facciamo finta che sta vera. Allora tu nasci in quella strada del Bronx. Una mattina stai in piedi sulle tue gambe, apri la porta con le tue mani (Muhammad All continua a mimare i gesti), sei bravo abbastanza da andare giti per le scale (fa vedere il passo un po' incerto, muove le gambe e i piedi sotto la tovaglia) e... ta-ta... ti trovi in mezzo alla strada. Magari hai quattro anni. Magari ne hai cinque. Ma sei già sicurissimo, sai subito tutto». Muhammad All nella sua litania controlla attento uno a uno chi lo guarda e lo ascolta. Ha la fronte lievemente sudata e questa volta è deciso a spiegarsi, sema lasciare niente in sospeso, persino con gente che forse non può proprio capirlo. Vnronique gli sorride e sorride alla tavola come per incoraggiare tutti a non restare fuori dal gioco. «Questi bambini? Uno o due fanno a pugni perché nella palestra gli gridano il nome. Ed è già un grande premio anche se ti prendi un sacco di botte. Altri, due o tre per quartiere, vogliono proprio diventare campioni. Nessuno diventerebbe campione se prima non ci fossero quelle palestre, quel trainer, qualcuno senza coscienza e altri buoni, che invece vogliono proprio aiutarti... Tutti però vogliono vivere. Sono bambini e vogliono vivere. Cè qualcosa di strano?». Guarda e riguarda il suo gruppetto di ascoltatori un poco con tenerezza e un poco con sfida. «Vi dico lo perché non è strana II bambino che pren- ■ de 1 pugni vuole nascere un'altra volta...». Con le due mani congiunte in alto fa il gesto di uno che cerca di liberarsi da un sacco. «E' come se la prima volta lo avessero fatto male, incompleto. La sua faccia non resta in mente a nessuno. Lui porta in giro la sua vita sulle gambette dentro il quartiere, e tutto quello che rischia è di essere fatto fuori in un incidente... Tutto si chiama "incidente" da quelle parti, scrivono cosi nel rapporti di polizia». «Allora lui dice: io combatto. Io" vado in palestra, o in, cortile, o nella cantina, mi fabbrico un ring con gli altri ragazzi e poi combattiamo. Cinquanta saranno per me e cinquanta per l'altro e vediamo chi vince. Ma intanto esisto. Capito? Vuol dire che adesso ha due occhi, un naso, una bocca... E gli altri, nel mio quartiere mi riconoscono...». Per essere sicuro che si è fatto capire Muhammad A II mostra di nuovo la mano col fazzoletto rosso. Lo fa scomparire solo una volta. Poi mostra il trucco, un dito di gomma con dentro lo straccetto che ha fatto sgranare gli occhi alle signore del tavolo. Si guarda intorno con quel suo modo didattico e dice: «Capito? E' un trucco. Ma non è un'illusione». Furio Colombo New York. René Resto (undici anni) contro Jim Ocasio (dieci anni) sul ring, in pieno combattimento (Wide World Photos)

Luoghi citati: America, New York