Disneyland romana

Disneyland romana SACCHEGGI E RESTAURI SBAGLIATI Disneyland romana Come sempre accade in una situazione di crisi estremai tra gli innumerevoli aspetti in cui cjucsta si palesa ce n'è uno che viene ad assumere, per diverse ., ragioni, un'evidenza privilc. giata rispetto agli altri, la cui impellente graviti non è, tuttavia, né minore né meno tan1 gibile. Cosi avviene oggi nella 'capitale d'Italia per quelvche concerne il suo patrimonio ar- * tistico e monumentale: le polemiche sul progettato sman- j tcliamcnto della Via dei Fori t, Imperiali e sull'insensato dise•■ gno di trasferire al Quirinale i 'marmi della Collezione Ludovisi (disegno contro il quale ° sta insorgendo, con insolito ' accordo, la più qualificata cuitura nostrana nel campo storicorartistico e archeologico), tali polemiche hanno gettato ;. un velo su altri problemi che, .accavallandosi l'uno sull'altro, stanno spingendo verso il punto di rottura un insieme 'di beni culturali stratificatisi ' durante due millènni di storia. ' Come se non bastasse la . scandalosa situazione della Galleria Nazionale (che da un , trentennio attende di essere . esposta al completo nella nuova sede di Palazzo Barberini) ' o lo stato di fatiscenza in cui si è lasciato affondare il Mu' seo Nazionale alle Terme, durante decenni di negligente in' curia, ora accade che anche . quelle pubbliche raccolte la : cui sistemazione pareva defìni'■ ta vengono manomesse, disse' state, al fine di utilizzare i locali per manifestazioni temporanee, la cui sede naturale dovrebbe essere ben diversa. - Non è ancora spenta l'eco delle mostre di archeologia o di arte moderna irrazionalmente allestite nel Palazzo dei Conservatori e nella Pinacoteca Capitolina, che una sorte analoga è toccata al Museo di Palazzo Venezia: qui la preziosissima Collezione Odescalchi di armi è stata messa in de-. " posito per ospitare, nei saloni del monumentale edificio, una . mostra dedicata a Garibaldi, . secondo una prassi; che si e vista anche nel Musco di Roma a Palazzo Braschi, spesso uri ; lizzato per iniziative effimere * che meglio starebbero altrove. ' E persino una piccola raccolta, come la Galleria Spada (il cui , aspetto documentario di colteli zione seicentesca pareva esente dal rischio di sowertimenr to) è sottoposta ad un'imprevista ristrutturazione, cosi che : allo studioso ed al turista non \ restano che due raccolte priva . te ancora visibili secondo l'a' spetto che le ha rese famose e al completo di tutti i loro te c sori, la Galleria Colonna e la Galleria Doria-Pamphili. Se poi' si dovesse citare lo stato di molti monumenti e chiese (e anche dei più illu.. stri) l'elenco dei guasti sareb. be interminabile: cito soltanto - le - condizioni degli affreschi del Domenichino e di Guido Reni a San Gregorio al Celio, _o l'intera chiesa di Santa Maria <idla Pace, corrosa dall'umidità, e dove il salnitro sta spingendo alla morte le Sibille di Raffaello e gli affreschi del Peruzzi e del Rosso Fiorentino. Non è questo il luogo per discutere sulle cause di un siffatto, dilagante degrado; ma molto spesso l'attuale situazione è il frutto di: restauri condotti senza approfondire l'indagine sulle prime e vere cause della rovina: è del tutto inutile procedere al restauro di Santa Maria della Pace senza avere individuata la fonte dell'umidità, sempre in aumento, che divora buona parte del quartiere rinascimentale di Roma (io credo vada individuata nei mur agi ioni che serrano il Tevere, e che .impediscono lo sbocco nel fiume dei corsi d'acqua sotterranei, derivati dalle canalizzazioni dell'antica Roma). E tuttavia per quel che riguarda l'aspetto amministrativo, o, in genere, il modo di considerare e di governare il patrimonio artistico, nasce il sospetto che molti dei mali lamentati siano il frutto di un vero e proprio crollo cultura' le, a sua volta disceso dalle due guerre e dall'aumento del la popolazione: due cause sia del basso livello tecnico degli amministratori, sia del vanificarsi di Certi principi gii considerati inamovibili in tempi di razionalismo e di positivismo. Del resto, che il male non sia soltanto nostrano, lo prova la situazione vaticana; quel che è accaduto nel minuscolo Stato dal 1939 in poi è assai sintomatico (non che con ciò io voglia giustificare quanto è accaduto e sta accadendo nella nostra Repubblica fondata sul lavoro). La Chiesa Cattolica ha sempre agito Con grande disinvoltura e con estrema noncuranza nei confronti dei propri edifici di culto e dei monumenti tramandati dal passato: dopo l'incendio del 1823, gran parte della Basilica di San Paolo fuori le Mura (con il suo inestimabile tesoro di affreschi e di memorie) poteva essere salvata, così come non c'era alcun' bisogno di spostare, devastandola, l'abside di San Giovanni in La ter ano, l'unica parte del venerando edificio salvatasi dal rifacimento seicentesco: ma non valsero proteste e appelli, così come Giulio II era rimasto sordo alle invocazioni di tenere in pie-: di la Basilica di San Pietro in Vaticano, giunta ai primi del Gnquecento gremita di tesori d'arte e di storia. 1 due esempi di San Paolo e di San Giovanni sono ottocenteschi : recentissimi, sono invece altri fatti che lasciano non meno sconcertati. Durante il pontificato di Giovanni XXIII si decise di rifare il pavimento dell'atrio di San Pietro, composto di scelti marmi antichi. Tale rifacimento (definito 'infelicissima impresa» da Raniclo Gnoli nel suo ammirevole e fondamentale libro Marmora romana) ha portato alla scomparsa di quei marmi, tra cui la rara «breccia rossa gialla», la cui cava resta ignota e i cui esempi in altre chiese di Roma sono anch'essi spariti. Ma a questo secondario epi sodio sono seguiti, nel corso del pontificato di Paolo VI, fatti di ben altro peso e ben più allarmanti. Non rammento se per dono di alcuni industriali lombardi il Palazzo Apostolico, abitazione del Papa, venne alterato in modi inauditi; alla sua sommiti (dopo avere spianati i tetti) Venne "cbirruitò'-un minuscolo villaggio, con la sua chiésina munita di campaniletto, e con altri edifici atti a suscitare un'atmosfera di ritiro e di raccoglimento. E' un progetto che nasceva da un'errata persuasione, e che cioè gli stati d'animo siano il risultato di condizioni oggettive e non soggettive: in realtà, si può cadere nell'estasi mistica anche in mezzo al «affidi Place de la Concorde, mentre, al contrario, distrazioni e tentazioni lubriche possono verificarsi anche ne) cuore del deserto (Sant'Antonio Abate insegni). L'innesto di questa bamboleggi ante Di'sneyland pontificia sul severo Palazzo costruito da Domenico Fontana per Sisto V è un fatto oltraggioso, e c'è soltanto da augurarsi che prima, o poi venga il Papa che ne ordini la demolizione. . Ma un altro episodio (rimasto, a quel che mi risulta, inosservato), accadde sotto il pontificato di Paolo VI, e cioè il saccheggio di opere d'arte della Pinacoteca Vaticana e delle Grotte sotto San Pietro, al fine di decorare l'appartamento pontificio. Dalle seconde venne estratto persino un rilievo marmòreo, avanzo della tomba di Paolo li, mentre dalla prima furono presi non pochi dipinti assai famosi, tra cui il San Pietro e il San Paolo di Fra Bartolomeo e la Resurrezione di Pietro Perugino. Nei confini del suo Stato il Pontefice è un sovrano assoluto, quindi può disporre a suo talento delle opere d'arte vaticane (ben diversa è la situazione dell'Italia che, almeno nominalmente, è una Repubblica democratica); ma non è possibile approvare un siffatto impoverimento, a fini arredativi, di una delle più illustri Pinacoteche del mondo. A Paolo VI spetta anche un'altra iniziativa infelice, cioè la destinazione dell'Appartamento Borgia (che Leone XIII aveva fatto sistemare in modo egregio) a sede di Una Collezione vaticana :-d'arte religiosa maderna-{in lealtà, salvo pochi pezzi, un ammasso di sottoprodotti e di orripilante kitsch pseudoartistico); i bellissimi ambienti, tra i più straordinari del Rinascimento (anche per la loro enigmatica decorazione ad affresco) hanno così perduto il loro incomparabile fascino e la loro ■ atmosfera misteriosa. Ma recentissima, e anch'essa lamentabile, è la rimozione dalla Basili ca di San Pietro di uno dei capolavori di Antonio Canova, il Pio VI, gii sistemato nella Confessione e ora esiliato nel le Grotte, privandolo dello spazio e della luce in cui il -sommo scultore l'aveva ideato. Cè da chiedersi se sia l'atmosfera italiana ad aver contaminato il Vaticano, o se l'una e l'altro! non riflettano che uno speciale momento di involuzione! culturale. Federico Zeri