Storie di donne fatte all'uncinetto di Furio Colombo

Storie di donne fatte all'uncinetto New York: un'ondata di romanzi {(femminili» Storie di donne fatte all'uncinetto NEW YORK — Il primo a comparire sugli scaffali dei librai è stato «Lace. (Merletti) di Shirley Conran. E' un romanzo commerciale, scritto da una signora (maritata all'impero dei mobili Conran di Londra e New York) molto portata alle vendite. Non sarà profondo (una ragazzina elegante deve decidere quale, tra quattro signore eleganti, è la sua vera madre), non sarà sorprendente (risposta: la madre è la più elegante di tutte) ma è scritto con il talento dell'alto artigianato, percorre la grande autostrada già esplorata con successo da Judith Kranz e da Adriana Stassinopolus (sì tenga conto fin d'ora che sto citando una serie di autoridonne) e dunque ha sfidato U cattivo umore che precedeva il Salone di Francoforte. Un bel .pacchetto, di accordi (film, telefilm, paperpack a pubblicazione a puntate) del valore di molti milioni di dollari. Forse per il clamore che la valanga di soldi ha provocato, -Lace. ha dato l'impressione di aprire la stagione. E poiché Laurie Colwin, con .Family happiness., Ann Beattle, con .Burning House., Joan Mellen. con «Privilege., Susan Cheever, con • The cage., sono usciti quasi insieme e hanno ornato le vetrine accanto a .Lace. della Conran. si è subito detto: questa è una stagione di libri di donne. Nel dibattito letterario intorno alla pattuglia delle autrici che si è aperto adesso in America, a Laurie Colwin viene riconosciuta una scrittura nitida e bella. E' un apprezzamento che si raccoglie sul New York Times, sulla New York Review of Books e nei dibattiti culturali in televisione. Ann Beattie non è una debuttante. E' la giovane testimone di una generazione che ha fatto in tempo a conoscere gli Anni Sessanta, scrive con singolare delicatezza, in un mondo di piccole cose, piccole emozioni, piccoli ricordi -che deliberatamente contrasta — scrive John Léonard sul New York Ti7nes — con l'enormità dei problemi che assediano oggi la gente giovane-. Susan Cheever, dicono le malelingue nelle case editrici, è stata a scuola dal padre, 11 John Cheever che ha dato dignità letteraria al mood introverso di signore e gentiluomini del New England, con buone risorse economiche e molti tormenti, un'mondo schiacciato tra Ingmar Bergman e Ibsen condannato a lavorare nella grande città, a dormire in campagna, a divertirsi fra cocktail, divorzi e memorie angoscianti. Ma la scuola di John Cheever è pur sempre una rispettabile scuola, e nel registro minore di Susan qualcosa è rimasto. Joan Mellen, con .Privilege». ha prodotto il libro .vero» che l'editoria americana vuole ad ogni stagione. La figlia di una grande famiglia si uccide in circostanze che fanno pensare al delitto (tutto vero, con indirizzo in Park Avenue e descrizione dettagliata di appartamenti) e subito si trova la redattrice disposta a .disegnare dal vivo, il dramma nel prima e nel dopo, con una tecnica un po' forzata eppure efficace che ricorda i documentari televisivi e le inchieste dei rotocalchi. Ma a questo punto le lodi si fermano intorno a un dubbio che soltanto il rispetto per un femminismo di maniera impedisce di esprimere. Questi libri non saranno, oltre che .libri dì donne-, anche .libri da donne»? Cioè scritti in quella maniera femminile, tradizionale e non disturbante che una volta si assegnava alle donne isolotti col tè e 1 pasticcini, discorsi colti però mai su problemi importanti, sentimenti vivi ma sempre • per bene., idee .fresche, piuttosto che .nuove», e attenzione a non scendere mai su un terreno di controversia? Faccio un esemplo. I due libri .seri» di questa stagione (libri .maschili., si sarebbe detto senza pudore una volta) sono «The names» di Don De Lillo, e .Last famous world words» di Timo- thy Findley. Perché ho detto (e dicono in coro i critici) .libri seri»? Perché De Lillo, noto in passato per un suo aspro vagabondare fra i misteri di New York, usa come protagonista in .The names. un giovane .analista del rischio bancario e politico, e con questo pretesto punta al cuore di fatti e problemi che sono, ai nostri giorni, .la storia.. Timothy Findley realizza con espedienti a volte straordinari un breve viaggio nel tempo (non tanto lontano, dentro il fascismo) e con un riuscito montaggio di fatti e persone e dialoghi veri con il filo di una sua invenzione (però tutta intrisa di frammenti di storia. Ezra Pound è il suo modello e in gran parte la fonte) porta il suo treno di fantasia a sbattere contro un muro di sto¬ ria e di ideologia nel periodo fra la guerra di Spagna e la morte di Hitler. Questo vuol dire che invece i libri di queste nuove scrittrici delicate, colte, culturalmente brave (come 1 professori dicevano loro a scuola, come i critici le definiscono adesso) non sono libri .seri.? Bisognerebbe fare molte eccezioni. Per esempio Ann Beattie ha certo trovato un modo di testimoniare sul tempo, dal punto di vista degli ex giovani che come zombies disorientati vengono dagli Anni Sessanta, registrando i cambiamenti che ci saranno stati nella storia con la tecnica di ignorarli. Un po' più difficile offrire una giustificazione a Laurie Colwin che piazza una sua Anna Karenina in una strada elegante di New York ma si guarda bene da dirci in quali guerre combatte il suo amante, in quale reggimento serve 11 marito (basterebbe che ci dicesse che cosa fanno, il lavoro, la professione, 11 modo in cui si arricchiscono, l'immagine che la moglie attribuisce al marito, lo sfondo su cui compare l'amante, e che cosa diavolo vedranno in quel tipo di padre e di madre. 1-bambini). Ci dà un inventario di intimi sentimenti che sono tutt'altro che banali. Ma poiché sembrano annotati in un diario con la copertina ricamata a mano, è difficile evitare il pensiero .libro di donna», cioè scrittura femminile. In un mondo deliberamente mantenuto nei limiti del femminile «antemarcia» (prima di Betty Friedan e Gloria Steinman, per intenderci). E Margaret Atwood? Aveva pubblicato lo scorso anno un terrificante romanzo che non poteva non dirsi bellissimo nonostante la fatica di leggerlo: storia di una donna che lotta col male fisico. Femminile, si, nel tipo di risorse e di terrori che il male richiama, ma talmente scavato nella radice della disperazione e della speranza da essere semplicemente un bel libro. Adesso la Atwood casca in pieno nel panierino delicato dei libri di donne. Infatti le sue .Dancing girls. — se dobbiamo credere al critico del New Yorker — - hanno una testa così piccina, un mondo di sentimenti cosi naturalmente ambientato in una buona pasticceria d'altri tempi, una serie di problemi cosi "da donne" che sembra la parodia di un maschilista impenitente alla Norman Mailer.. Su questa osservazione possiamo cominciare a tirare le somme. Queste autrici, una più brava (Anne Beattie). una meno (Susan Cheever). una più originale (Laurie Colwin), l'altra andante nei gusti (la Conran) o infelice nella scelta dei suoi racconti (la Atwood) sembrano avere in comune la scelta di restare accortamente dentro il loro orticello di donne, e anzi di essersi rifatto quell'orticello secondo modelli che da quindici anni si credevano liquidati. Quest'operazione nostalgica non è frutto dei caso e forse è una necessità solo per Ann Beattie e la sua visione del mondo (quella deliberata miniaturizzazione dei sentimenti che è il suo marchio di fabbrica). Tutte però, nei mettersi buone buone a scrivere -da donne, compiono un'operazione di esplicito conformismo. Sono forse popolari o diffusi in questo periodo, al cinema o In televisione, sui banchi del librai o nei dibattiti pubblici, i temi grandi e piccoli della storia? No, è la risposta ovvia. Queste autrici fanno una cauta marcia indietro dalla realtà con mossettine da donna che sembrano calcolate (tanto quanto la .spensieratezza, di certi registi) per una moda abbastanza diffusa in questo periodo. E' la moda (qualche volta scambiata per .sentimento perenne» o .animo universale.) di tenersi fuori dal tempo, come se stare fuori dal tempo fosse qualche cosa di più elevato e pulito, o comunque un genere di buone maniere. Una prova? Se dal risvolto di copertina di ciascuno di questi «libri di donne» si toglie l'indicazione dell'anno in cui il volume è stato stampato, nel contenuto del libro non cambia nulla. E dal testo non si può risalire alla data. Storie come .Family happiness» di Laurie Colwin possono essere spostate di cento anni, senza patirne. Anzi non vi è alcun segno del secolo In tutto il libro, salvo qualche vaga e indiretta implicazione alla civiltà Industriale, che può dare un sospetto (soltanto un sospetto) del «nostri giorni». Furio Colombo 3njjL. SPI