A pranzo con Wojtyla che racconta la sua vita e le sue idee

A pranzo con Wojtyla che racconta la sua vita e le sue idee Parigi: il libro-intervista di Frossard A pranzo con Wojtyla che racconta la sua vita e le sue idee PARIGI — E' molto raro che un Papa conceda delle interviste, se si eccettua il precedente degli incontri di Jean Guitton con Paolo VI. Ma il libro di dialoghi con Giovanni Paolo II che André Frossard ha pubblicato la settimana scorsa da Lattoni sotto 11 titolo Aron abbiate paura (un richiamo all'esortazione che 11 nuovo Papa rivolse ai fedeli il giorno della sua elezione: «Non abbiate p°aura di aprire le vostre frontiere, di aprire al Cristo le porte della vostra vita») costituisce una eccezione assoluta: perché fu compilato per iniziativa dello stesso Pontefice. André Frossard, scrittore cattolico e collaboratore del Figaro, è un convertito: a vent'annl ebbe 11 «coup de foudre» della rivelazione divina, esperienza che narrerà trentacinque anni dopo in Dio esiste, io l'ho incontrato, poi approfondirà in C'è un altro mondo, editi entrambi da Fayard. E forse proprio questa esperienza gli attirò l'attenzione benevola di Papa Wojtyla. Ma l'incontro fra 1 due fu il frutto di una serie di fortunate circostanze. Frossard, che era stato già inviato da Giscard d'Estaing in Vaticano, come membro della delegazione francese per la nomina di Giovanni Paolo II, potè avvicinare il nuovo Papa più tardi, nel corso di un congresso a Roma. A quel tempo Papa Wojtyla preparava la sua visita pastorale in Francia e sollecitò molte informazioni dal suo interlocutore. Si rividero a Parigi, dove Frossard progettava di intervistarlo al-, la televisione, ma il progetto andò in fumo. «Non abbiamo fatto la trasmissione alla tv, perette non fare un libro?», suggerì allora inaspettatamente 11 Papa. Frossard tornò varie volte a Roma, prima e dopo l'attentato di piazza San Pietro, ed ebbe numerosi colloqui col Pontefice. Il succo di quegli incontri è riportato in questo volume, insieme con le Informazioni che Frossard raccoglieva sull'«entourage» del Papa, e le impressioni personali dell'autore. Giovanni Paolo II si dimostrò sempre disponibile, nonostante le sue giornate molto cariche (si alza ogni giorno alle 5 e tre quarti e non si corica mai prima delle 23), rigorosamente divise fra il ministero, lo studio, e la preghiera. In Vaticano egli convocava generalmente il giornalista la mattina presto e prendevano il caffè Insieme dopo la Messa delle 7. A Castel Gandolfo I loro colloqui erano più lunghi e più distesi, intorno al tavolo da pranzo. Il giornalista aveva preparato settanta domande scritte: il Papa ha risposto a tutte — tranne una riguardante Israele, che rischiava di essere superata dagli avvenimenti — in parte oralmente, in parte, soprattutto quando si trattava di problemi dottrinali, per iscritto. I dialoghi sono stati poi ordinati in sei capitoli — la persona del Pa¬ pa, la fede, I costumi, la Chiesa, il mondo, l'attentato — classificazione che si rivela piuttosto formale, in quanto la personalità di Wojtyla è tale da imporsi sempre. Questo libro esprime con chiarezza 11 pensiero teologico e politico del Papa, i compiti che egli assegna alla «Chiesa dei poveri», quel che pensa dell'impegno dei sacerdoti per la giustizia sociale, delle battaglie che una fede «esigente» impone al cristiano sul plano del costumi. Ma la parte più inedita e più fresca è costituita dai numerosi passaggi che riflettono la vita intima e l'i¬ tinerario personale di quest'uomo forte e semplice, che detesta di passare per «un eroe da romanzo». Vi troviamo evocata la sua vita di bambino e di adolescente, in una famiglia molto religiosa, troppo presto dispersa. La madre muore prima che egli abbia fatto la prima Comunione; il fratello maggiore, medico, per un'epidemia di scarlattina: a vent'annl egl! perde il padre straordinario, «cosi esigente verso se stesso, che non aveva bisogno di mostrarsi esigente con il figlio: il suo esempio bastava a insegnare la disciplina e il senso del dovere». Segue la breve esperienza di studente di filosofia e di filologia all'Università Jagelonne di Cracovia, e quella, ben più importante, di operaio durante la guerra, che fu per lui «un dono della provvidenza». Poi la scoperta della sua vocazione sacerdotale. «Vedevo chiaramente — nota il Papa — ciò a cui doiievo rinunciare e lo scopo che dovevo raggiungere sema voltarmi indietro». Cioè senza lasciarsi arrestare dall'amore umano, di cui ha però «sempre profondamente sentito la bellezza». Ha sol ferto di questo sacrificio? Il Papa risponde con pudore: «Sono state più le grazie ricevute che la lotta da sostenere». Poi le difficoltà incontrate in seminario sul terreno intellettuale, quando deve affrontare la filosofia scolastica, «aprirsi un varco attraverso una selva di concetti, di analisi e di assiomi, senza neppure poter riconoscere il terreno». Umilmente Il Papa dichiara che solo al Concilio Vaticano II, quando era già vescovo, troverà «la sintesi della sua fede personale». Questo umanista legge moltissimo, ina Imponendosi una rigida disciplina: lettura «d'informazione» quotidiana, necessaria per l'esercizio della sua carica; lettura «sistematica» di lavori di teologia, di filosofia, di scienze umane, per l'edificazione della sua vita spirituale; poi «il lusso delle sue l'aeanze», col piacere ritrovato della letteratura, per esempio le poesie di Miloszodi Rilke. Le parole più ricorrenti di questo libro sono quelle che meglio caratterizzano la figura di Wojtyla: «digniià», «umiltà», «gioia», «mistero», e soprattutto «libertà». Libertà «che non si possiede ma si guadagna», conquistata dall'uomo attraverso la fede, inseparabile dal suo amore per la Polonia, di cui parla poco, ma con trepido fervore. Elcna Guicciardi

Luoghi citati: Castel Gandolfo, Cracovia, Francia, Israele, Parigi, Polonia, Roma