Paganini, il violino che frugava nel mistero

Paganini, il violino che frugava nel mistero Una nuova biografia del grande virtuoso Paganini, il violino che frugava nel mistero /. /"\UASI non potevo yS\Jpiù riconoscerlo, nella tonaca fratesca color mattone clic lo nascondeva, più che non lo vestisse. Con il viso selvaggiamente contratto, e messo coperto dal cappuccio, con alla vita un cordiglio, scalso, chiusa e .sdegnosa figura, Paganini stava ritto su una sporgensa rocciosa sul mare e suonava il violino... e fuor dalle rosse onde sanguigne vidi emergere le teste dei demoni scatenati: mostri di mitica laidessa, coccodrilli con ali di pipistrello, serpenti con corna di cervo, scimmie imberrettate con buccine ad imbuto, foche dalle lunghe barbe patriarcali, visi di donne con i seni al posto delle gote, teste verdi di cammelli, ermafroditi incredibilmente costrutti, sbircianti con freddi occhi sapienti e tutti annaspanti con lunghe branche palmate verso il frate violinista...». Cosi la stregonesca mitologia romantica, congenita sin dai primi anni con la rivelazione europea del genio di Paganini, accendeva la fantasia di Heine nella prima delle Notti Fiorentine. Pochi altri musicisti incarnarono con tanta allarmante puntualità quella corrispondenza biunivoca di arte e vita che sottintenda la concezione romantica dell'artista; ma pochissimi offrirono alla turbolenta vocazione im¬ maginifica dell'Ottocento 11 destro ad una demonizzazione più radicale di quella subita dalla figura e dall'opera di Paganini. Assai bene lo spiega Claudio Casini nella biografia dedicata al musicista genovese, che uscirà fra pochi giorni nelle edizioni Electa (144 pagine, 40 mila lire) con un ricco apparato iconografico. Nato nel 1782, a tredici anni, dopo l'apprendistaw — si fa per dire — nella clt-tà natale, va a Parma, alla scuola di Alessandro Rolla, violista insigne, che si limita a riconoscerne 11 virtuosismo innato e lo manda a scuola di composizione: non più di un anno, sotto le cure di Gasparo Righetti, e poi di nuovo a Genova, in famiglia, sino al 1801 quando si trasferì a Lucca, e vi rimase come primo violino nella locale orchestra repubblicana, sino al 1810. Tre anni di girovaghe tournée lo portarono, come artista libero — una condizione rarissima, allora, per gli esecutori strumentali — nei teatri grandi e piccoli di mezza Italia ma la consacrazione avvenne nel 1813 (che anno!, anche Rossini vi esplose con i due primi capolavori) con 11 concerto alla Scala e l'appellativo di ..massimo violinista del mondo, riportato nella recensione della Gazzetta Musicale di Lipsia. Da questo momento il mito si gonfia e si propaga. dapprima in Italia, poi. dopo 1 concerti viennesi del 1828, in Austria, in Germania e in tutta l'Europa, un mito sempre più denso di connotazioni extramusicali, un sistema fluido e talvolta contraddittorio di entusiastici ardori per il. sommo virtuoso e di compiaciute allusioni alle sue ipotetiche connivenze diaboliche, puntualmente alimentate dalla parabola d'una vita eccentrica, costellata di fenomeni che sono la quintessenza della iconografia demonica: colpivano i contemporanei la figura lunga e spettrale, le lenti azzurrine che lenivano il bruciore della vista irritata dalla sifilide, i concerti notturni nel cimiteri, la prigione scontata per ratto di minore, i tremiti, i sudori freddi in preda ai quali Paganini si accasciava tra un pezzo e l'altro mentre tentavano di corroborarlo con l'abbraccio di calde pellicce (successe a Berlino, nel febbraio del '29); e, ancora, il peregrinare per tutta l'Europa In compagnia dell'amatissimo figlioletto abbandonato dalla madre a soli tre anni; gli amori laceranti come quello della giovane baronessa von Dobeneck. totalmente magnetizzata dalla leggenda, le operazioni al volto, la salma, infine lasciata quasi un anno nella cantina della casa di Nizza dove l'artista era morto, nel 1840, prima che potesse essere sepolta con regolare permesso. Tutti questi elementi, naturalmente, coagularono attorno alla figura musicale di Paganini, alla natura del suo virtuosismo clie aveva spalancato alla tecnica, non solo violinistica, regioni e possibilità sconosciute: lo stile acrobatico del pianoforte di Schumann.1 Lìszt o Brahms — ad esempio — sarebbe impensabile senza quel precedente. Fu questa esplorazione dell'ignoto frugato, attraverso le cor-! de del violino, da una mano sinistra mostruosamente anomala nella sua conformazione anatomica, a fare di Paganini un mito mefistofelico. Olà nel 1830 il pittore Lyser (pseudonimo di L.P.A. Burmeister) aveva messo in circolazione una serie di disegni in cui Paganini, colto negli atteggiamenti più eccentrici e grotteschi, vi appariva anche sotto forma di vampiro, avvolto in un mantello nero, con le braccia incrociate e gli occhi abbuiati. Heine, ricorda Casini, li approvò incondizionatamente, sancendo l'entrata nella letteratura di un artista vivente della cui immagine si appropriò non già, come avverrebbe oggi, con 11 meccanismo implacabilmente onnivoro dell'industria culturale, ma con lo spirito di tutta un'epoca nel suo irresistibile bisogno di astrazione simbolica. Se questi aspetti del personaggio appartengono oggi più alla letteratura che alla storia della musica, l'attualità della sua produzione, e in particolare dei ventiquattro Capricci, appare più che mai .viva: la strepitosa originalità di questa musica «inventata dalle dita», come ha osservato Mila, cioè scaturita dall'eccitante rapporto del musicista con la peculiarità fisica e tecnica dello strumento, ha lasciato poco spazio — per quanto riguarda il violino .— a quella ricerca della musica contemporanea volta ad allargare oltre ogni limite immaginabile le possibilità sonore degli strumenti tradizionali. Il libro di Casini, che è essenzialmente una biografia, tocca questi problemi abbastanza marginalmente (una analisi puntuale dei Capricci e dei Concerti la si può trovare però nella recente monografia di Alberto Cantù edita dalla Eda); ma anche la riscoperta del mito paganintano, insieme all'opera divulgativa di violinisti • come Accardo e Ughi e alla pubblicazione dell'opera omnia del musicista in edizione critica, finalmente intrapresa, contribuiscono alla conoscenza d'una produzione tanto vicina alla sensibilità moderna quanto la vita e l'immagine del personaggio ne è abissalmente lontana. Paolo Gallarati Paganini in una caricatura anonima inglese (da ('Paganini», ed. Elcctu)