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4/5 4/5 Tutto libri «Addio giovinezza», la commedia di Oxilia e Camasio settant'anni dopo Son tornati i giorni lieti dli di gdegli studi e degli amor... i marito nel frac - pareva più corpulento - e discorreva con viso contento - delle vergogne del Parlamento - e degli articoli di Rastignac». La voglia struggente di modernità, di temi e parole non ancora usurate («O Cesare Borgia col casco inglese da motociclista!»), la rapida disillusione da una guerra cercata con disperata, ascetica dedizione. La leggera duplicità di Addio giovinezza!, le sue contrastanti richieste di licenza e di giustificazione, deflagrano in queste straordinarie testimonianze di una crisi estetica ed esistenziale che, pur usufruendone a piene mani, non si appaga più di D'Annunzio, di Gozzano, dei Futuristi. Addio Giovinezza! trova il suo esito nell'Addio ai poeti crepuscolari: «Ma voi non vedeste la vampa sul mondo, né potrete - la vita futura cantare. - Cadeste sul limitare - del Tempo; moriste di sete - lasciando alla stampa - un breve sorriso di morte...». Ad una stampa d'epoca era destino che restasse affidato il «breve sorriso» di Oxilia, petit maitre mancato, poeta di irrinunciabili addii. P.S. - Tutte le Poesie di N. Oxilia si possono leggere in un volume edito da Guida, a cura di Roberto Tessali. Qualche giorno prima il critico aveva riempito buona parte della terza pagina per L'amante ignota, tragedia in versi di Amalia Guglielminetti, e quasi un'Intera terza pagina per la «prima» al Regio del Mantellaccio di Sem Benelli. Due lavori che hanno avuto breve storia. Invece la «effimera» Addio Giovinezza! da settant'anni è in repertorio, tradotta in varie lingue, ha avuto quattro versioni cinematografiche, non poche riduzioni radiofoniche e televisive, ne è stata ricavata un'operetta. Adesso è ripubblicata da «Il Sigillo», una nuova casa editrice di Roma. Nella presentazione Edoardo Sangulneti nota che questa commedia 'fu, e rimane, l'emblema di un'in¬ Lorenzo Mondo piace? E Scandalo a Filadelfia? Ha recitato da grande attrice in Giorfa del mattino e questo era nel 1933, maledizione! Senta, non parli a me di recitazione. Mi parli di opere teatrali o di... come la chiamate? Drammaturgia? SI... bene, mi parli di drammaturgia o di geografia o di storia. Ma non di recitazione. Conosco questa materia è ho lavorato con Katharine Hepburn in non so quanti film. Ebbene se lei non è una vera attrice, allora nessuna lo è mai stata. Grazie per il pranzo. E' stato delizioso. Ora torno In albergo a vomitarlo». Con passione, con romanticismo scontroso e burbero, con stima e intelligente ironia Kate e Spencer hanno vissuto insieme un quarto di secolo fabbricando, senza volerlo, uno dei miti permanenti di Hollywood. Hanno battuto il tempo e le mode grazie ad un insuperabile professionismo e al rifiuto caparbio della stupidità e dei compromessi. Seguendo con Garson Kanin la «storia d'arte e d'amore» di questi due teneri misantropi attraversiamo un colorito affresco sul mondo del cinema e del teatro americano dagli Anni 30 ai 70 ricco di nomi, ritratti, aneddoti, avvenimenti, e retroscena di avvenimenti. Il salotto di Kate e Spencer fa da eco e da filtro disincantato, ironico di questa umanità e di questa storia. Il racconto di Kanin si ferma al successo di Katharine nel musical 'Coco Chanel», tre anni dopo la morte di Tracy. Ma la carriera della Hepburn non sembra prevedere interruzioni: di quest'anno è il suo quarto Oscar nel film 'Il lago dorato» con Fonda. E'come se continuasse ostinatamente l'impegno professionale preso con Spencer e dividesse idealmente ogni successo con lui. Come quando le arrivò l'Oscar per 'Indovina chi viene a cena?». Disse, ricevendo la notizia: «Sono sicura che il mio è per tutti e due ». Sandro Casazza tiera congiuntura storica nazionale, esiguo ma indispensabile e, nella sua disarmata e disarmante esiguità, perfettamente proporzionato, in ogni caso, alla condizione rappresentata: Questi tre atti hanno un intreccio assai sottile. Lo studente Mario ha la sua brava innamorata, Dorina figlia della sua affittacamere, che è «l'amore candido e delizioso». Con la complicità dell'amico Leone tenta l'avventura con la, misteriosa Elena, che è «la novità, il lusso». Per la gelosia di Dorina lascia la sua camera ammobigliata e va ad abitare altrove. Mario e Dorina si ritrovano il giorno dopo la laurea, quando lui fa le valigie per lasciare Torino. Un saluto estremo: dolce e triste al tempo stesso. Una commedia datata, con personaggi (quegli studenti, quelle sartine, quelle signore «in veletta») ormai improbabili come i fanali a gas, con una Torino irrimediabilmente persa, o che si ritrova soltanto nelle vecchie cartoline. Alla fine del primo atto Mario va alla finestra e dice: «Afa guardate che incanto, guardate com'è bello il Valentino di notte! con quella nebbiolina e quei lumi! come si fa a non avere un'innamorata a Torino, in autunno! E'la città degli innamorati questa, dove la giovinezza ha il suo parco...'. Andate a vederlo adesso il Valentino di notte. La commedia si chiude . con una canzone: 'Mi fugge la bellezza i e giovinezza non torna più E' più che un rimpianto, si direbbe una premonizione, ma naturalmente allora nessuno immaginava che si andava verso il «grande massacro mondiale». Era il 1911. Sandro Camasio era giornalista alla Gazzetta di Torino, un quotidiano dove scriveva an^he Carolina Invernizio, e aveva 27 anni. Nino Oxilia ne aveva 22 ed era studente di Legge. Due anni prima aveva messo giù le parole del 'Commiato', una canzone per la cena di addio dei laureati che un altro studente, Giuseppe Blanc di Bardonecchia, aveva musicato. Incominciava: «Sono finiti i giorni lieti I degli studi e degli amor...». E il ritornello: «Giotrineaera, giovinezza i primavera di bellezza...». Millenovecentoundici. cade il ministero Luzzatti e ritorna al governo Gìolitti. Tra non molto Mussolini assumerà la direzione dell'/lvanti! Torino ha poco più di 450 mila abitanti, sindaco è il conte Teofilo Rossi. Capitale del cinema, vi sta nascendo la grande industria. E' in prova la Fiat «Zero», che sarà la prima utilitaria, da Ivrea arrivano le prime macchine per scrivere Olivetti. Si festeggia il cinquantenario dell'unità d'Italia e al Valentino si alzano i pinnacoli e le cupole della grande esposizione, che in sette mesi ha 250 mila visitatori. Discorsi ufficiali'sul progresso, sulla tecnica, su un futuro ricco e pacifico per tutti. Piero Gobetti ha dieci anni, ne hanno nove Carlo Levi e Franco Antonicelll, cinque Mario Soldati. Trenta ne ha Amalia Guglielmlnetti e ventotto Guido Gozzano, che in primavera pubblica i Colloqui (lire 4). Quasi in mi-1 seria, il 23 aprile Emilio Salgari va in Val San Martino e si taglia la gola con un rasoio. n giornale costa 5 centesimi, la paga di un muratore è lire 0,45 l'ora. Si pranza al Oxilia e Camasio in una caricatura dell'epoca I templi di Angkor in Cambogia, uno fra i più grandi complessi architettonici del mondo, sono minacciati di rovina. Il progetto di restauro è bloccato dalla situazione politica, perché l'Unesco, come l'Onu, non riconosce il nuovo governo cambogiano. Il direttore generale dell'Unesco, il senegalese Amado Mahtar M'Bow, ha lanciato un appello per creare intorno ai templi una zona smilitarizzata di 200 chilometri quadrati, in modo da consentire la ripresa dei lavori. Ma le parti non hanno ancora risposto. Folco Quilici ricorda Angkor, come l'ha vista negli scorsi anni, e come è oggi. CI passai sopra con un vecchio DC3, venticinque anni fa, volando da Saigon a Bangkok; e vidi il grande rettangolo di Angkor Vat racchiuso in una ancora più grande prateria verde, che lo stagliava nel paesaggio come un disegno prospettico da architetto. L'aereo volava sufficientemente basso da lasciarci intravedere l'ammasso di pietre scolpite dei sacri edifici tra il verde del bosco e del sottobosco. Nel'l961 mi trovai per una seconda volta in volo sulla stessa verticale; e l'identico paesaggio mi apparve non più contornato da prati, ma da acqua. Come un'isola. La stagione delle piogge aveva riempito le risaie di tutta l'Indocina; e aveva colmato anche lo 'Spazio vuoto» tra l'area sacra e le campagne. Dal cielo si poteva misurare la grandezza di quella sorta di 'labirinto» artificiale di specchi liquidi, creato dai Khmer forse anche per proteggere la loro favolosa capitale. Là ove arrivai, poi, fortunosamente, strade e sentieri erano allagati, fangosi, impraticabili. E non era quella la sola difficoltà; nel ricino Vietnam ormai era guerra, e in Cambogia la situazione non era granché tranquilla. Fi7iiì col trovarmi un fucile puntato al petto: saldamente lo impugnava un giovane militare che chissà cosa mai credeva fosse il lungo teleobbiettivo nero dell'Hasselblad che avevo in mano; nel dubbio, interruppe il mio' solitario passeggiare tra quelle impassibili divinità che dominavano, in Angkor Vat, la natura e l'opera dell'uomo. Qualcuna di loro ha, oggi, il volto sfregiato da colpi d'arma da fuoco; la pietra è scheggiata, mostra ferite profonde. Ma si tratta di danni inferiori a quanto gli specialisti e i cultori dell'arte Khmer s'attendevano, dopo vent'anni e più di black out sulla regione (gli antefatti guerriglieri degli Anni 60 furono infatti il prologo d'una sanguinosa vicenda militare e politica di cui ben sappiamo la drammaticità e la violenza). Si diceva che Angkor Vat fosse diventata una vera e propria 'fortezza segreta» degli 'Khmer Rossi», che fosse stata più volte bombardata dagli americani, prima, dai vietnamiti poi; ma per fortuna la realtà è meno catastrofica. Ce lo conferma lo scrittore americano Wilbur E. Grant, tornato in Cambogia, (nel Paese die vuol oggi farsi chiamare Kampuchea)