Il futuro? E' nel museo di Enrico Castelnuovo

Il futuro? E' nel museo Parliamone Il futuro? E' nel museo GLI Uffizi festeggiano i loro quattrocento anni con mostre, restauri (la Primavera!), congressi. Se ne è tenuto uno proprio ,in questi giorni, c'erano Argan e Haskell, i direttori del Prado, della National Gallery of Arts di Washington, del Rijksmuseum, il sociologo Pierre Bourdieu. Non per celebrare, piuttosto per riflettere insieme sul passato e il futuro della galleria, per fare il punto sulla situazione dei grandi musei d'arte sul declinare di un secolo che si era aperto con le incitazioni incendiarie dei futuristi. Organismo assai complesso il museo, leggibile in diversi modi dal sociologo e dallo storico dell'arte, dai suoi visitatori e dai suoi addetti, e quanto mai mutevole. Quando nasce, nel Seicento, è un teatro del mondo, un po' segreto e particolare, dove meraviglie della natura, macchine, opere d'arte sono esposte e confuse tutt'insieme. Poi si specializzerà, perdendo il suo carattere universale, divenendo pubblica collezione di opere d'arte cui illuministi e rivoluzionari conferiranno il compito di edu-, care moralmente e culturalmente i visitatori. «Non ingannatevi cittadini — griderà Jean-Louis David — // museo non è una vana raccolta di oggetti di lusso e di frivolezze che non detono servire che a soddisfare la curiosità. Bisogna che divenga una grande scuola». Durante la rivoluzione industriale sarà inteso come un repertorio universale di modelli per l'artigiano, l'artista, il designer, diventerà poi un tempio, un cenotafio che santifica quello che ospita. Oggi sembra partecipare di quel carisma di cui godeva un tempo l'osservatorio di Greenwich contro cui nell'Agente Segreto di Conrad si tramava un attentato, per provocare un'opinione pubblica unanime nel culto della scienza quanto oggi lo sembra in quello dell'arte. Dietro questa unanimità apparente si nascondono però contrasti in gran numero che oppongono fra loro scopi funzioni e immagini di questa capitale istituzione del nostro tempo che è il grande musco d'arte. Sono contrasti gravi, apparentemente irresolubili tra il compito di con¬ servare per l'eternità che al museo è attribuito e la funzione educativa che gli è parimenti domandata, tra la fruizione individuale e il numero crescente di visitatori che si affollano nelle sale, tra il rispetto della fisionomia storica delle collezioni e la volontà di ridisporne i pezzi secondo schemi e percorsi espositivi. Si parla con preoccupazione delle folle che riempiono le sale dei musei, ma, se ci si pensa, si tratta di cifre ridotte se confrontate con le nostre scale attuali. Gli Uffizi ricevono ogni anno un milione e settecentomila vi-itatori, quattro volte tanto la National Gallery of Arts di Washington, ma in una sola notte quaranta milioni di americani possono seguire la stessa emissione televisiva. Se ci liberiamo dai clichés scopriamo che la funzione Hi comunicazione di massa del museo è assai limitata. Occorre ripensare il problema dei musei, e, per preparare l'avvenire, riflettere sulla loro funzione nelle nostre società, sui ruoli che hanno avuto in passato, sulle immagini che se ne sono date. Il museo non è una somma occasionale di opere singole riunite nell'intento di esemplificare il percorso della storia dell'arte, ma un insieme che funziona in quanto tale, che ha proprie leggi, una propria storia, una propria logica. Non deve essere inteso come asettico deposito di opere selezionatissime, ma come un monumento lentamente costruito da generazioni di uomini, non come c^nsacratore tempio della fama, ma come luogo di incorerò di molte vicende ognuna delle quali ha lasciato segni che nuii dobbiamo cancellare, come luogo d'incontro di molte attese, nessuna delle quali dobbiamo lasciare inascoltata. Enrico Castelnuovo

Persone citate: Argan, Haskell, Louis David, Pierre Bourdieu

Luoghi citati: Washington