Se il mafioso diventa un Brambilla di Clemente Granata

Se il mafioso diventa un Brambilla CAPITALI ILLECITI E ATTIVITÀ' «PULITE» IL SEGRETO DELL'ONORATA SOCIETÀ' NEL MILANESE Se il mafioso diventa un Brambilla La malavita d'immigrazione, ben radicata nell'hinterland lombardo, gestisce ormai una fitta rete d'aziende commerciali o piccole industrie - Morti o arrestati i grandi boss, come Liggio, l'industria del crimine prospera grazie ai luogotenenti e, qualche volta, agli stessi familiari - La popolazione spesso si mostra assuefatta al fenomeno DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TREZZANO SUL NAVIGLIO — Qui, lungo la direttrice Milano-Vigevano, la malia elaborò e in parte realizzò il primo grande progetto di violenta accumulazione di beni da investire poi in attività lecite o apparentemente lecite. Sono nomi noti, sono cupe vicende di un terrorismo mafioso che accompagnò l'evolversi del terrorismo eversivo. Luciano Liggio e il suo clan: gli Ugone come i Clulla, i Guzzardl come i Badai amenti.,.; i sequestri di Torielli e di Rossi di Montelera, di Cannavate, di Restani e di altri ancora...; gli scontri e le faide. Si era attorno alla metà degli Anni Settanta. Trezzano sul Naviglio, come Corsico, come Cesano Boscone, come decine di altri paesi della cintura milanese e della Brianza, era cresciuta in modo tumultuoso e disordinato: sconvolte o cancellate antiche tradizioni; centri divenuti propaggini di una gigantesca, anonima periferia urbana; quartieri sorti dal nulla in tempi molto brevi. E proprio la febbre edilizia aveva favorito l'apparire e il consolidarsi di pratiche quasi sconosciute come il racket delle braccia ai danni di centinaia di immigrati, che scendevano a Milano Centrale ed erano reclutati e irreggimentali nei cantieri dai compaesani saliti al Nord qualche tempo prima. Ma ambizioni ben diverse dal semplice sfruttamento della manodopera nutrivano gli esponenti dell'associazione criminale, giunti in Lombardia in parte per propria iniziativa sulla scia della grande immigrazione, in parte per provvedimento dell'autorità, la quale s'illudeva di neutralizzarne i disegni spedendoli in luoghi che, invece, quei disegni potevano esaltare. Ad un certo punto, lungo la direttrice Milano-Vigevano e in Brianza, si contarono ben 104 persone sottoposte a vigilanza. Certo non tutti questi individui avevano elevatissime capacità a delinquere, non tutti avevano chiaro sin dall'inizio il progetto di creare una efficiente industria del crimine, ma tutti assieme, capi e gregari, cervelli e manovali, potenzialmente costituivano una solida struttura, una rete fittissima di alleanze e di interessi, che, al momento opportuno, si sarebbe fatta valere. E infatti, a partire dal 1974 l'«operazione-sequestri», ideata da Liggio, utilizzò quella catena di appoggi e di complicità. E lo stesso fece la 'ndrangheta, impiantatasi soprattutto a Corsico e a Cesano Boscone, quando subentrò ai mafiosi siciliani nella conduzione dei rapimenti. Ora i personaggi di maggior spicco hanno abbandonato la scena. Alcuni sono in galera come Liggio. altri in galera sono morti come Sal¬ vatore Ugone, stroncato da infarto a San Vittore nel 1980; alcuni sono latitanti, altri sono stati freddati in strada come Francesco Ouzzardi, «don Ciccio», crivellato di colpi all'ora dell'aperitivo il 26 settembre di tre anni fa nel dehors di un bar in Cesano Boscone; altri ancora si sono sistemati a Vigevano come Michele Guzzardi. Rimangono a volte i loro amici, complici, gregari, ufficialmente riconosciuti come tali da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, o soltanto sospettati. Tutti hanno un'at¬ tività più che lecita da esibire davanti agli occhi di chi cerca di muovere qualche obiezione sul conto della loro reale condotta: un ristorante o un grande magazzino, un bar, un mobilificio o un'azienda di trasporti. E non è neppure da esclu- dere che ora non si curino d'altro, che il nuovo e legittimo mestiere assorba ogni loro interesse: mafiosi divenuti piccoli e medi imprenditori, perfettamente inseriti nel tessuto economico di Trezzano, Corsico o Cesano Boscone. Primo esempio di un fenomeno che. con ogni probabilità, ha dimensioni più vaste: il criminale che, accumulati i beni, si trasforma o tenta di trasformarsi in rispettabilissimo manager. ; ■ i | i , . i ■ Le indagini bancarie della \ Guardia di Finanza, rese pos- • sibili ora dalla nuova legge i antimafia, forse getteranno j luce su questi processi e mac- | canisml, che da alcuni anni i riguardano la Lombardia. E , forse potranno anche accer- | tare se molte attività lecite costituiscano, come molti inquirenti sospettano, un'abile copertura di ben più consistenti interessi delittuosi, j Andiamo In via Donlzetti, a Trezzano. Una fila di villette, moderne, ben tenute, immerse nel verde. Suoniamo a un campanello. Sulla targhetta sta scritto: «Famiglia Ugone». Compare una donna, attorno ai 45 anni, vestita di nero. E' la vedova di Salvatore Ugone. implicato in sequestri e, come abbiamo detto, morto in carcere due anni fa. Buongiorno, signora. Come sta? «Bene, bene. Che volete?-. Parlare di suo marito. «Mio marito? Da Palermo venne, tanti anni fa. Aveva un camion per i trasporti. Vita giusta». Ma i sequestri, il carcere? «Cose dette da persone non abituate a farsi i fatti suoi. Da 'voi giornalisti, prima di tutto. ! Cost a mio marito venne il crepacuore». i Che cosa fanno i suoi figli, signora?». «Ho tre figli. Lavorano tutti • in officina». [ Ha un gesto d'insofferenza 'e con stizza allontana l'intruso. Non ci si attendeva comportamenti o dichiarazioni i molto diverse. Ma da chi non ; è implicato in traffici mafiosi, ■ da chi ne è potenzialmente vittima, dalla popolazione in i genere, si, ci si aspettava una | reazione diversa, il segno di una ripulsa, una parola di condanna. Li si è cercati inui tilmente. Soltanto manifesta, zioni di insofferenza verso chi . pone le domande o d'Indifferenza. i «E' vero — ammettono in Comune —: o si dimostra fastidio nell'affrontare la que■ stione del fenomeno mafioso \ perché è un qualcosa che può • mettere a repentaglio il buon i nome di questo centro, o si di j mostra indifferenza, reme | gnazione, quasi assuefazione i di fronte al fenomeno. Il fatto , è che, anche per la scarsa pre | sema dei sindacati, sono sem- pre tnancati una discussione, un approfondimento del problema. Occorre incominciare, è chiaro. Anche per questa l'ia si può combattere una mafia che ha tentato e forse tenta ancora di soffocare il tessuto civile di comunità come la nostra». Clemente Granata

Persone citate: Brambilla, Francesco Ouzzardi, Liggio, Luciano Liggio, Michele Guzzardi, Restani, Salvatore Ugone, Torielli