Il futuro su una punta di spillo di Sandro Doglio

Il futuro su una punta di spillo INCHIESTA SULL'ENDUSTRiA DELL'INNOVAZIONE CHE MUTERÀ9 IBL NOSTRO MODO DE VIVERE Il futuro su una punta di spillo Superminiaturizzate le tecnologie d'avanguardia • Una fibra ottica sottile come un capello può incanalare 8000 conversazioni telefoniche - In pochi millimetri quadri, microprocessori dalla memoria sconfinata • Le videoconferenze e la caduta del «mito urbano» - Nuove soluzioni anche per i rifiuti: possono diventare energia TORINO — Su un filo di vetro infrangibile, sottile come un capello e ricoperto da un velo di plastica — la «fibra-ottica» — possono essere incanalate ottomila conversazioni telefoniche contemporanee. «Per afferrare meglio l'importanza capitale di questo nuovo strumento della tee-' nica, dia un'occhiata al filo del suo telefono: grosso com'è», dice l'ing. Basilio Catania, direttore generale della Cselt. centro studi del gruppo Sip che realizza appunto le fibre ottiche, «porta una sola' comunicazione alla volta, e ogni chilometro o poco più il segnale deve essere ripetuto e ampliato, mentre con le fibre ottiche le ottomila conversazioni possono viaggiare anche per cento chilometri sema aver necessità di essere potenziate*. Le fibre-ottiche fanno ormai parte dell'armamentario di innovazioni che l'Industria ha a disposizione per trasformare i processi produttivi e per incidere profondamente sul cambiamento che la nostra società si appresta a vivere. Questo è un periodo, os serva ring. Francesco Caras sa, presidente della stessa Cselt. «in cui lo sviluppo dei servisi, della tecnologia e delle tecniche avviene con ritmi e prospettive che non hanno precedenti nella storia». Con le fibre-ottiche, con i satelliti artificiali (che rende ranno più economiche le con versazioni e le trasmissioni a lunga distanza), con il trattamento dei segnali audio-video (che abbasseranno i costi di trasmissione e renderanno possibile la conservazione delle informazioni), con il si stema di interrogazione e ri sposta a voce applicato agli strumenti (praticamente già una realtà, comunque effettivo tra quattro-cinque anni), la tecnica dell'informazione e della trasmissione dati sta per cambiare completamente. Informazioni maggiori e più accessibili significa maggiori possibilità di lavoro. «E' un'evoluzione paragonabile a quella portata dall'alfabeto greco, che con soli 24 segni permise agli uomini di mettere per iscritto le conoscerne che prima si dovevano tramandare a voce, o come il passo avanti che fece fare alla nostra civiltà l'invenzione di Gutenberg*. L'ing. Catania non sembra aver dubbi: «Siamo sul punto di avere una libertà di acquisizione di conoscenze enormemente superiore rispetto al passato. In una prospettiva a termine relativamente breve, ognuno di noi potrà attingere informazioni dove vuole, da chi vuole e quando vuole*. Nei laboratori di ricerca e realizzazione di alcune industrie italiane, come del resto all'estero — soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone — queste innovazioni sono già tangibili. Pochi anni fa abbiamo tutti constatato la rivoluzione apportata dall'invenzione del transistor. Oggi il numero dei transistor che può essere inserito su una semplice piastrina di silicio di pochi millimetri — una scheggia, la miracolosa «chip» — tende a raddoppiare ogni anno, mentre ovviamente ne diminuisce 11 costo: si sta per realizzare un minuscolo aggeggio che dovrebbe essere in grado di trattenere la «memoria» di tutte le informazioni contenute in un libro di cento pagine. Dieci anni fa soltanto è stato messo in commercio il primo microprocessore: oggi è realtà un microprocessore di capacità quadruplicata; è allo studio quello che avrà capacità moltiplicata per otto, e già si sa che è possibile realizzarne uno con capacità sedici volte: ci si domanda quali potranno essere le applicazioni. Proprio questa è la sfida che le industrie dell'innovazione tentano di raccogliere: la scoperta scientifica procede a un tale ritmo e apre orizzonti talmente nuovi che gli imprenditori sono impegnati in una specie di corsa a inseguimento per scoprire e rea¬ lizzare le nuove possibili applicazioni delle invenzioni e delle tecnologie. Chi è più bravo, chi ha inventiva fa passi da gigante lasciando indietro tutti i suoi concorrenti. Una delle applicazioni che può sconvolgere, per esempio, il normale lavoro di ufficio a un certo livello è la cosiddetta «vldeoconferenza»: due o più gruppi di persone possono essere messi in comunicazione a distanza; possono parlare, vedersi, trasmettersi disegni e dati. Sale per videoconferenze sono già in attività pro¬ prio alla Cselt. Chi vuole far giocare la fantasia, senza troppi sforzi, può immaginare che domani non saranno più necessari spostamenti o riunioni in un dato luogo per prendere decisioni, o anche per la normale gestione degli affari. Si può anche immaginare da un lato la possibilità di rafforzare i legami di operatività fra centri distanti (il progetto per «Mi-To», la metropoli Torino-Milano, se sarà realizzato lo dovrà in gran parte proprio a queste nuove tecniche di comunicazione delle fibre ottiche alle videoconferenze); ! d'altra parte si può immagi- (nare a più lunga scadenza .una minor necessità di con-1 centrazlone urbana, al limite addirittura un parziale spopolamento delle attuali città. Le nuove tecnologie di lavorazione non sempre «trattano» materie nobili come le informazioni, non moltiplicano soltanto le possibilità di conoscenza o di gestione del lavoro. In certi casi permettono anche una più razionale utilizzazione delle cose che ab- 1 blamo già sottomano, consen- ! tendo di eliminare sprechi o (scarti, finora praticamente .inevitabili. E'il caso dell'indu1 stria che sta nascendo per trattare e riciclare i «rifiuti industriali». La totalità delle aziende italiane — grandi e piccole — «produce» oggi 35 j 1 milioni di tonnellate di resi- i agtBszmdedui all'anno, di cui soltanto 15 ' Bsono reimpiegate. Venti mi- glloni di tonnellate di materia- Ple. ogni anno, vengono di fat- cto gettate via. con problemi dnon indifferenti — e spesso i dalti costi — per la loro elimi- lnazione, o per metterle da ! uqualche parte. 'l«Per produrre un chilo r!i ; sbene di consumo occorrono '. circa tre chili di risorse naturali*, sostiene l'ing. Giuseppe j Natta, figlio del premio Nobel 1963 per la chimica e dirigente I di una catena di società di «riiciclaggio»: «Poter utilizzare i 'due chili di scarto significa triplicare le risorse a disposizione dell'umanità*. Ed ecco che sta fiorendo — ma siamo 1 ai primi passi soltanto, l'attività si sviluppa man mano che vengono adattate le nuo- i ve tecnologie — una vasta re- 1 te di compravendita di rifiuti \(le statistiche rivelano un giro d'affari di circa mille miliardi Idi lire l'anno), un'organizza- ■ zlone gestita dalle Camere di | . l a i Commercio per mettere in I contatto le aziende tra loro (è la «Borsa Rifiuti., che per esempio esiste a Torino dal 1978), e soprattutto una crescente catena di nuove industrie che si specializzano nel trarre da questo o quel tipo di scarto di lavorazione nuovi I prodotti. A Giussago. presso Pavia, j c'è la «Ecolombardia 18» che | dai fanghi di depurazione industriale ottiene del «sassi sintetici» utilizzati dai cementifici. Sempre nel Pavese, c'è la «Fertilvita», che lavora scarti industriali ricchi di sali di potassio, ammonio e fosforo per produrre fertilizzanti liquidi. Terre di fonderia, sottoprodotti galvanici, sfridi di gomma, ritagli di lamiere d'acciaio inossidabile, bagni di decappaggio esausti, diluenti usati in verniciatura... montagne di materiale — spesso inquinante — stanno trovando a poco a poco una razionale utilizzazione. L'uomo sta imparando a essere un po' meno sprecone? Tra le risorse che le nuove tecnologie permettono, ai primi posti c'è poi l'energia. Sono ormai moneta corrente, o quasi, gli impianti per trarre energia appunto dalle deie- j i ziòni animali: nella Pianura Padana sono già dozzine le grandi stalle e gli allevamenti che riescono a utilizzare i rifiuti biologici e a progredire verso il traguardo dell'autosufficienza energetica. Oli t impianti solari — e quelli che 1 sfruttano il vento, in certe regioni — hanno ormai dato vita a una serie di industrie impensabili soltanto qualche anno fa. Ma la ricerca si spinge verso l'utilizzazione di materiali meno prevedibili: nel Bergamasco, a Fllago. lo stesso Natta ha promosso la creazione di un impianto di «termodistruzione di prodotti industriali* per la produzione di energia. Ad Argelato, in provincia di ' Bologna, l'Agip-Giza ha inau-1 gurato da poco un impianto | P«r la produzione di biogas — cloè di metano — che parte dalla depurazione delle acque i dl scarico di uno zuccherificio locale. E' un impianto pilota, ! unlc0 ln Italla e probabilmen 'le anche al mondo, che può ri- ; solvere sia il problema dell'in '. qulnamento (le acque degli zuccherifici devono restare a ! «riposo» almeno sei mesi prima di poter essere immesse negli scarichi, essendo fortemente inquinanti), sia la richiesta sempre crescente di energia. La Agip-Olza — che ha già I venduto anche all'estero impianti per la produzione di metano dagli scarichi delle porcilaie — spera di vedersi i i aprire nuovi mercati con l'im 1 P'anto di Argelato. E la ricer \ca continua: gli scarichi indu- striali sembra siano in teoria Ituttl utilizzabili, tutti in grado ■ dl produrre metano, elettrici | ta> acqua calda, cioè energia I II problema è nel costo del I trattamento necessario, ma le ! nuove tecnologie stanno arrivando «al galoppo» —sostengono 1 tecnici — proprio per I tagliare i costi, per consentire di utilizzare i prodotti più disparati, per soddisfare le vec- ! chie. eterne necessità della] nostra vita. Sandro Doglio 1

Persone citate: Basilio Catania, Gutenberg, Natta, Pavese