Vaticano e Pechino verso il dialogo

Vaticano e Pechino verso il dialogo Giovanni Paolo II parla di una sola Cina aprendo nuove prospettive Vaticano e Pechino verso il dialogo CITTA' DEL VATICANO — La lunga partita a scacchi fra il Vaticano e Pechino ha visto nei giorni scorsi un'altra mossa: l'ha compiuta Gioi-unni Paolo II commemorando padre Matteo Ricci, un gesuita che quattrocento anni orsono si recò in Cina, e vi rimase trent'anni, fino alla morte. Il Papa ha parlato di «un ponte clie appare ancora solido e sicuro fra la Chiesa e la cultura cinese, nonostante le incomprensioni e le difficoltà verificatesi nel passato e tuttora rinnovatesi». Non solo: «Possiamo avere fiducia che gli ostacoli potranno appianarsi e che si troverà una maniera appropriata e le strutture adeguate per riallacciare il dialogo e tenerlo costantemente aperto». Allo stato delle cose, i rapporti fra Santa Sede e Pechino, se ci sono, grazie alla piattaforma di Hong Kong, sono tenuti gelosamente segreti. Ma il discorso di Wojtyla appare più che altro una mossa di apertura, o un segno di disponibilità e di attenzione, che fa seguito alla «messa per la Cina, del 21 marzo scorso. E anche se per il momento non si manifestano in superficie segnali di rilievo in senso inverso, l'attenzione con cui queste mosse vengono osservate, vagliate e soppesate a Pechino è grandissima. In più di un punto le parole di Giovanni Paolo II sembrano aver voluto dissipare dubbi e timori, reali e pretestuosi, dei goiiernanti cinesi. Dell'o- perato di Matteo Ricci il Papa ha voluto mettere in rilievo, fra l'altro, «l'atteggiamento umile, onesto e disinteressato, non ispirato da secondi fini e libero da legami con qualsiasi potenza economica o militare straniera». Una delle accuse rivolte al Vaticano è quella di avere mire «imperialiste» o di ingerenza negli affari cinesi. L'accenno appena fatto sembra alludervi, cosi come pare pieno di rispetto verso la sensibilità cinese l'accenno al decreto conciliare Ad gentes: «I cristiani... devono conoscere bene le tradizioni culturali e religiose degli altri, lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del verbo che in loro si nascondono» // punto forse più dolente nel rapporti fra Cina e Vaticino è rappresentato da Formosa: Pechino rimprovera, alla Santa Sede di intrattenere rapporti diplomatici, anche se ad un livello cerio non alto (c'è un incaricato di affari ad interim). Wojtyla ha fatto un riferimento preciso, e certo non sgradito a Pechino: «La Chiesa non può non guardare al popolo cinese — 11 più numeroso della Terra — come ad una grande realtà unitaria, e nello stesso tempo, come ad una grande e promettente speranza». Il Papa, sottoìi neata ancora una volta «l'unità fondamentale dei valori umani e culturali della nazione cinese, nel quale tutti i cinesi del mondo si riconoscono», afferma la necessità della ripresa del dialogo fra Roma e Pechino. E' la tomba di Matteo Ricci a costituire, in questo senso, «un appello eloquente»; cosi che «tutti i crederi' i cinesi potranno sentirsi a loro agio sia nella comunità nazionale che nella Chiesa» Dell opera di evangelizzazione dorrebbe tornare ad occuparst — è questo l'augurio di Giovanni Paolo II — la compw- a di Gesù. E già da tempo jwuifi americani, filippini e francesi si stanno preparando, in silenzio, a questo compito, per un momento imprecisato del futuro, studiando lingua, storia e letteratura cinese. m. tos.

Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Matteo Ricci, Wojtyla