Cuba, i 13 giorni della paura di Ennio Caretto

Cuba, i 13 giorni della paura Vent'anni fa la crisi dei missili portò il mondo a un passo dall'olocausto Cuba, i 13 giorni della paura Oggi in America lo scontro Kennedy-Kruscev, pur gravissimo, viene ridimensionato - Lo sbocco in ogni caso risultò positivo: venne installato il «telefono rosso» e furono messi al bando i test atomici nell'atmosfera DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Con vistosi articoli sui principali quotidiani, dibattiti alla radio e alla televisione e conferenze nelle università, gli Stati Uniti hanno ricordato ieri il ventesimo anniversario della più grave crisi del dopoguerra, quella missilistica di Cuba, di cui furono protagonisti Kennedy e Kruscev nell'ottobre del '62. Secondo l'opinione allora prevalente, il mondo avrebbe sfiorato l'olocausto atomico: ci sarebbe stata une. probabilità su tre. qualcuno disse una su due. che le superpotenze s'impegnassero in un conflitto nucleare. Com'è noto, all'installazione dei missili atomici sovietici a Cuba ordì nata da Kruscev, Kennedy ri spose con un ultimatum: o il loro ritiro dall'isola, o la guerra, non esclusa quella nucleare. Forse il ricordo ha offuscato il dramma di quei giorni (tredici, tanto durò la suspense) o forse i retroscena segreti venuti successivamente alla luce hanno modificato le idee: il fatto è che dopo vent'anni la crisi missilistica di Cuba, pur rimanendo gravissima nel giudizio generale, viene ridimensionata. Essa non sembra più aver portato il mondo sull'abisso, ma piuttosto aver costretto Mosca e Washington ad adattarsi alla nuova realtà strategica. Nell'ottobre del '62. l'annuncio della crisi fatto da Kennedy sconvolse comun-, que il mondo. La sera del 22. in un discorso alla nazione, di una portata senza precedenti, Kennedy asserì tra l'altro •■Per stroncare l'offensiva sovietica, abbiamo dato avvio a un embargo su tutti ì trasporti militari verso Cuba «Qualsiasi nave — aggiunse diretta verso l'isola, qualunque sia la sua proveniema e qualsiasi oggetto trasporti, di carattere militare, sarà fermata e rimandata indietro... Il presidente prosegui: «Ho ordinato alle forze armate di prepararsi a qualsiasi eventualità e spero che, nell'interesse del popolo cubano e dei tecnici sovietici, il Cremlino riconosca i pericoli insiti nel' mio monito. E la politica deV nostro Paese sarà di conside-ì rare qualsiasi missile lanciato da Cuba contro qualsiasi nazione dell'emisfero occidentale come un attacco sovietico contro gli Stati Uniti, e pertanto di rispondervi con tutta la nostra potenza». Il discorso di Kennedy si concluse con un appello a Kruscev -a ritirarsi dall'orlo dell'abisso di distruzione, a ri¬ spettare la propria parola, secondo cui l'Urss non ha biso07io di installare armi atomiche al difuori del proprio territorio, e ad evitare qualsiasi altra iniziativa che aggravasse l'attuale crisi;. Dalle innumerevoli pagine scritte e dagli innumerevoli discorsi pronunciati in questi giorni emerge il seguente, diverso scenario. Kruscev si trovò, secondo la maggior parte delle ricostruzioni, di fronte a tre precisazioni di Kennedy (le prime due furono a lungo o nascoste o ignorate): 1) da tempo gli Stati Uniti intendevano rimuovere i loro missili nucleari dalia Turchia ai confini con l'Urss e non c'era, perciò, nessun bisogno per i sovietici di metterne dei propri a Cuba: 2) gli Stati Uniti avrebbero usato tutte le loro forze convenzionali per occupare l'isola e rovesciare Castro, e ci sarebbero riusciti prima che l'Urss potesse in viare le proprie forze in soc corso al regime castrista: 3) qualora il Cremlino avesse pensato di usare i missili nucleari, doveva rendersi conto che Washington avrebbe risposto con gli stessi strumenti e sarebbe, quindi, scoppiata la prima guerra atomica della storia dell'umanità. [ Secondo lo storico Robert i Pollarci, questi tre punti lai sciarono praticamente Krujscev senza alternative. Il leader sovietico avrebbe trasci1 nato le trattative nascoste più I a lungo del previsto per salvare la faccia. Ma egli avrebbe capito subito di essere troppo svamaggiato. da un punto di vista tecnico, cioè sotto il pro¬ filo delle forze convenzionali, a causa della distanza esistente tra l'Urss e Cuba: avrebbe capito anche che la straordinaria superiorità missilistica americana precludeva ogni ritorsione in una diversa area geografica, ad esempio a Berlino; e. infine, si sarebbe consolato all'idea di strappare comunque una mezza vittoria con l'eliminazione delle armi americane in Turchia. Retrospettivamente, la crisi di Cuba, nonostante il terrore che suscitò, sembra aver portato al miglioramento dei rapporti tra Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, nonostante il periodo d'incertezza come l'attuale sotto il presidente Reagan. Tra le misure che vennero prese per evitare il ripetersi del gravissimo inci¬ dente vi furono, infatti, l'installazione del cosiddetto telefono rosso tra il Cremlino e la Casa Bianca, proprio per avere comunicazioni tempestive in un periodo di crisi: la firma del trattato contro gli esperimenti nucleari nell'atmosfera; l'inizio dei negoziati per la limitazione delle armi strategiche. L'aspetto negativo della crisi, a parere degli americani, si è rivelato comunque su due fronti: il primo è quello del riarmo atomico accelerato attuato da allora dall'Unione Sovietica, che a loro parere cerca adesso la superiorità nucleare; il secondo è quello dell'irrigidimento del castrismo a Cuba e dei successivi suoi tentativi di esportare la rivoluzione nell'America Latina. Ennio Caretto ,